L’oscurit  si difende, tra schegge di spazio illuminati.. Palpita, l’eros, con capelli biondi e ciglia rosse, sorseggiando da un bicchiere il liquido dell’essere che forma il noi di una coppia. Ha la figura di Mouse, erotic performer londinese da Oscar, mentre la musica sperimenta l’eco della natura e dell’orgasmo (con Maurizio Chiantone e Paolo licastro), dopo aver dato spazio all’amore annunciato da un brano dell’artista viennese Hermann Nitsch e vissuto da Alessandra Borgia con l’energia di un’interpretazione equilibrata.
Cos la scena si prepara ad accogliere l’autore Vincenzo Bergamene che, in pochi minuti, racconta la sua installazione “Guarda c’è la luna” offrendo arabeschi di variazioni su un tema,
la sua vita.
La luna nuova, la luna a mezzogiorno,… la luna in accademia, la luna dei miei allievi… la luna in dialisi… la luna dei miei medici… Ci sono due lune nel tuo reggiseno, la luna in erezione, la luna che ti bacia, lasciati baciare dalla luna…
Le parole svaniscono, la luce inonda improvvisa lo showroom di Salvatore Ferrari in via Cervantes, gli spettatori s’impegnano a far posto all’irruzione d’ o lione che, con le sue tammorre, offre un inno alla montagna, al cratere addormentato ma incombente mentre Mouse si avvolge in sequenze sensuali. L’azione si chiude in una sintesi di esplosione di suoni e seduzione, raccolta dal pubblico con applausi pronti per un bis. E Napoli si allinea al palcoscenico artistico internazionale con una nota in più, il colpo di genio che spesso solo Partenope sa offrire ai propri figli e a quelli adottati.
Serata densa di emozioni per inaugurare un insolito allestimento. “Guarda c’è la luna” è il messaggio che si fa strada rapido attraverso elementi diversi, in un progetto d’arte, partendo da due piccoli libri (che hanno questo titolo), custoditi in unabacheca moto colorata (richiamo e omaggio al design di Mendini) dovesono riuniti circa quattrocento sms, traccia ancora viva di un amore durato oltre due anni. Una scala spinge a prendere possesso di quel privato che resta, tuttavia, inaccessibile perch la teca è sigillata da un tetto trasparente come il resto della struttura, dove- in cima- sculture di Maria Pia Cassese riprendono la frase inviata sul display del telefonino che d  il via a tutto.. Intorno, la presenza femminile che l’ ha ispirata rivive in quattro ritratti di maiolica bianca, adornati da gioielli d’argento, lapislazzuli e pietra lavica. Alla parete la sua immagine a colori, riprodotta sul cartoncino d’invito e sulla copertina del catalogo distribuito all’inaugurazione. Dove due righe di sommario completano la sollecitazione a contemplare il cielo “ornamenti ispirati dall’arrivo di un dono erroneamente recapitato al mio indirizzo”.
L’annuncio si ammanta di mistero, ma a diluirlo- o forse a caricarlo- è proprio Bergamene. “. Negli anni settanta capitava di ricevere qualcosa di molto bello a casa e quando ti accorgevi che non dovevi pagare nulla, eri contentissimo che ti fosse arrivato. Poi ti veniva l’angoscia che probabilmente non fosse destinato a te e che qualcuno potesse richiederlo…e, quindi, avresti potuto perderlo. Probabilmente l’indirizzo era sbagliato…”.
Quell’idea di regalo degli anni settanta ritorna insistente, dopo il rientro dal tunnel della malattia e l’induce a ricollegarsi al passato, sul solco felice della rinascita insperata. Dopo quarant’anni di grafica e design, rindossa i panni del performer e inventa nuovi percorsi di poesia epistolare, come un Rimbaud del terzo millennio, con nostalgia per l’Ottocento. Con la voglia della rappresentazione, la stessa che, all’et  di 19 anni, lo spinge a creare il Monumento al mitile ignoto, nel 1973. Da piazza Carlo III , in corteo con amici, al seguito di un carrozzino da cui spunta la cozza sconosciuta- fatta di sacchetti per la spazzatura, con le valve aperte e un pupazzo che regge un dipinto oleografico della citt – arriva a piazza Dante, rendendosi solo allora di essere circondato da centinaia di persone e da una nuvola di reporter, autori di testimonianze fotografiche riprese da Giovanni Minoli, qualche anno fa, nel programma Rai “La Storia siamo noi” , sui tempi del colera a Napoli. Oggi come ieri. Però, tra i sussurri di un mondo a due.

Vincenzo Bergamene
“Guarda c’è la luna”
Ornamenti ispirati dall’arivo di un dono
erroneamente recapitato al mio indirizzo
a cura di Loredana Troise

Sala Ferrari- via Cervantes- Napoli

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