La napoletanit  vista da occhi stranieri è l’oggetto della mostra “Il ventre di Napoli” in programma per il 9 ottobre (alle 19) alla fondazione Morra in vico lungo Pontecorvo 29/d. La curatrice, l’olandese Patricia Pulles, tira un sospiro di sollievo: l’esposizione ha trovato casa dopo la cancellazione dal programma del museo Madre per mancanza, si disse, di soldi. “Il ventre di Napoli” trae il titolo da una serie di articoli scritti nel 1884 dall’allora ventottenne Matilde Serao, nei quali la scrittrice e giornalista criticava duramente la proposta di Agostino Depretis: bonificare, radendolo al suolo, il centro storico di Napoli, contaminato da un’epidemia di colera. In una serie di nove articoli pubblicati in prima pagina sul quotidiano romano Capitan Fracassa, la Serao descrisse le implicazioni socio-economiche, le tradizioni e i costumi del cuore di Napoli, concludendo che distruggendo il suo «ventre» si sarebbe distrutta l’intera cultura napoletana.

Il progetto coordinato dalla Pulles coinvolge nove artisti di Rotterdam che hanno soggiornato a Napoli per alcuni mesi. I partecipanti, provenienti da diverse discipline artistiche, hanno plasmato le loro opere secondo le impressioni sociali, culturali e storiche provate a contatto con la citt  partenopea. Per ognuno di loro la «napoletanit » assume un significato diverso. I lavori recano le impronte delle varie dominazioni straniere che si sono succedute a Napoli: quella normanna, francese e spagnola, di cui è possibile ancora oggi rintracciarne le influenze nel dialetto, nel cibo, nella musica e nell’architettura.

Gli artisti in mostra: Maziar Afrassiabi (Iran, 1973), Mohammed Benzakour (Marocco, 1972), Rossella Biscotti (Italia, 1978), Libia Castro & lafur lafsson (Spagna & Islanda, collaborano dal 1997), Ronald Cornelissen (Olanda, 1960), Ben Laloua / Didier Pascal (NL, studio fondato nel 2001), Parisa Yousef Doust (Iran, 1973) e Katarina Zdjelar (Serbia, 1979). L’intento è di presentare le due citt , Napoli e Rotterdam, come due esempi di realt  multiculturali o, meglio ancora, due modelli di comunit  urbane che per la loro posizione topografica favoriscono l’apertura e l’accoglienza a culture e popoli diversi.

Sempre per sabato 9 ottobre è prevista alle 18, in occasione della sesta giornata del Contemporaneo, una performance curata da Achille Bonito Oliva. L’artista napoletano Baldo Diodato e il percussionista M Antonio Caggiano realizzeranno un “Tappeto in musica”, posizionando 50 lastre di rame sulla terrazza del Museo Nitsch. L’opera si realizzer  con la partecipazione del pubblico e l’intervento delle percussioni dell’Ars Ludi Lab (Fabrizio Bartolini, Alessandro Di Giulio, Matteo Martizi, Aurelio Scudetti).

L’artista, classe 1938, dopo esperienze significative nell’ambito dei gruppi che animavano l’arte partenopea dei primi anni 60′ (risale al ’66 una sua importante mostra al Modem Art Agency di Lucio Amelio) decide di trasferirsi a New York. Rimarr  nella “Grande Mela” per circa ventisei anni fino a quando, stanco del ritmo incalzante della metropoli decide nel 1992 di tornare in Italia, in particolare a Roma, dove continua la sua ricerca artistica. Bonito Oliva, con cui formò il gruppo operativo 64, lo definisce “artista eccentrico, estraneo ad ogni definita scuola o corrente. Diodato si muove senza rigidit  tra pittura, scultura e performance”. Dopo la tecnica surrealista del frottage, sperimenta varie soluzioni tra cui quella di stendere sottili lastre di alluminio a terra che formano una pellicola metallica. Alla sede Morra l’installazione sar  arricchita dal suono delle percussioni e dai passi del pubblico, che lasceranno indelebili le loro impronte, divenendo essi stessi parte dell’opera d’arte.

Nella foto, Matilde Serao. La mostra è ispirata al suo testo più noto, “Il ventre di Napoli”

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