Giulia Cannada Bartoli mi fa pensare a quelle attrici hollywoodiane che per entrare nel personaggio accettano trasformazioni fisiche estreme, fondendo anima e corpo, emozioni e sensazioni, senza porsi limiti.Anche lei ha vissuto intensamente il percorso creativo che l’ha portata a pubblicare, con le edizioni dell’Ippogrifo, il suo “Guida alle trattorie di Napoli”, che a dispetto del titolo, non è solo una guida ma anche un racconto sincero e accorato delle storie di Napoli.
“Ho impiegato tre anni dice – e preso venti chili per scrivere questo libro, e non mi vergogno a dirlo”, ha vissuto sul suo corpo di donna gli effetti della sua ricerca ma anche sul suo cuore “è stato un viaggio gastronomico ma anche emotivo spiega che mi ha riconciliato con la Napoli vera, con i suoi aspetti più belli ma spesso offuscati dalle difficolt  con cui ci scontriamo quotidianamente”.
E tra i volti che più le restano in mente c’è quello con Tazzulella “un marittimo in pensione di 87 anni, ancora con la divisa, che ogni mattina alle 5.30 si trova al Porto dei sapori, una trattoria del porto, ed è stato adottato un po’ da tutti. C’è chi gli offre una caffè (da cui, forse, il soprannome), chi il pranzo, e lui in cambio regala racconti della sua vita a bordo, di cui mostra fiero il medaglione di ottone identificativo del ruolo. I suoi occhi azzurri e l’abbraccio con cui mi ha salutato mi resteranno nel cuore”.
Cinquanta capitoli, con le schede storiche sui luoghi della citt , le storie dei locali recensiti, e alla fine un prezioso compendio di cucina tradizionale napoletana con le ricette donate all’autrice dai ristoratori conosciuti negli anni. Un racconto a colori delle vicende dei proprietari, l’ambiente, le persone, le pietanze, lo sviluppo e le variazioni delle ricette storiche, inserite nel proprio contesto storico e socio-culturale.

Sommelier, giornalista, consulente aziendale ed esperta di comunicazione enogastronomica con il suo studio Officine Gourmet, Giulia non ha dubbi su come le piccole e medie aziende agroalimentari potrebbero superare le difficolt  imposte dal caso delle acque avvelenate “Occorre associarsi e appoggiarsi agli enti certificatori dice Napoli, invece, è una citt  individualista in cui ognuno cerca di risolvere i problemi per s, invocando le proprie amicizie, “coltivando il proprio orticello”. Questo accade soprattutto con le piccole aziende che facendo rete potrebbero superare questo e altri momenti di crisi”.

La pubblicazione sar  presentata marted 19 novembre alle 17 alla Biblioteca Nazionale di Napoli con Maria Ida Avallone, delegata regionale delle Donne del vino, Luciano Pignataro, giornalista, Ugo Vuoso, Docente di Antropologia culturale (Suor Orsola Benincasa), Mauro Giancaspro, Direttore della Biblioteca Nazionale di Napoli . Si brinder  con i vini delle Donne del Vino della Campania.

Nelle immagini l’autrice e la copertina del suo libro (particolare)

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