Riceviamo da Renato Aiello, giornalista pubblicista nonché  fotografo freelance, e volentieri pubblichiamo
Sarà nelle sale cinematografiche  dal 7 settembre  il film “Veleni” di Nadia Baldi
  che si è già distinto al Social World Film Festival 2017 di Vico Equense per il soggetto originale, le atmosfere grottesche e una piccola galleria di caratteristi, i migliori attori della scena teatrale napoletana: Tosca D’Aquino, Gea Martire (foto), Franca Abategiovanni e un ritrovato Lello Arena, assente da un po’ di tempo sul grande schermo.
La storia, ambientata in un Sud Italia impoverito e spopolato a causa della guerra e dell’emigrazione, segue il ritorno a casa di Antonio (interpretato da Giulio Forges Davanzati, già visto nel docufilm di Scola su Fellini, “Che strano chiamarsi Federico”) per il funerale del padre.
Il film, girato in Cilento, si apre subito con citazioni felliniane, nella messa in scena della processione e nella musica scelta, quella Gazza Ladra di Rossini che in 8 e 1/2 accompagnava le visioni di Mastroianni alle terme (nell’anno di Claudia Cardinale ospite alla kermesse è un omaggio molto bello al film che la lega indissolubilmente all’immaginario felliniano).
Nel paese natio, popolato solo da bambini e da donne fin troppo in fregola amorosa, la madre e la zia di Antonio, perfide come due Erinni vendicatrici e un po’ streghe di Macbeth, giocano con doppi sensi semi-incestuosi e i famigerati veleni del titolo, arrivando a uccidere persino il padre del ragazzo, come si evincerà nel corso del racconto. Il grande teatro napoletano, che in Gea Martire vede una garanzia assoluta, la bravura internazionale di Vincenzo Amato (il padre di Antonio) e l’immenso Lello Arena in un ruolo che sembra quasi essere uscito da Amarcord, sono senz’altro gli aspetti più interessanti nella pellicola della esordiente Baldi.
La regista salernitana si esprime così in merito alla sua prima regia: «Dietro la patina ormai consunta di un perbenismo aristocratico queste due eccentriche sorelle decidono di prendersi “cura” di quello che è un mondo femminile ormai rimasto isolato in un piccolo paese del sud Italia. Nasce così in me l’esigenza di indagare attraverso le immagini, il possibile e impossibile mondo creativo che le donne sanno attuare quando i freni inibitori e culturali non hanno più il loro potere censurante».
Nel corso della storia effettivamente le avance al bell’Antonio si fanno sempre più insistenti e pressanti, in un crescendo parossistico che trova conforto solo in una ritrovata parentesi coniugale per il ragazzo. Ma durerà poco, purtroppo. (Renato Aiello)

 

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