Don Carlo non legge i giornali, è lui il giornale. La mattina, intorno
alle dieci, arriva lemme lemme alla Ferrovia, saluta il Principe che
nell’atrio adocchia arrivi per l’albergo Malta, passa a riverire il
Cavaliere alla cassa del caffè. Uno sguardo in giro, a testa alta,
all’andirivieni di viaggiatori posteggiatori e borseggiatori ce ne sono,
ce ne sono , e via alla mezz’ora con Alfredo, tutore della sala d’attesa.

Coetaneo e compagno di scuola mezzo secolo fa, Alfredo ha la faccia
scavata e il corpo asciutto, asciuttissimo. Nel quartiere, ai suoi tempi, lo chiamavo ‘o Sicche. Per lui Carlo è Carlone grosso, panciuto, pelato.
Si vogliono bene, per questo tirano all’ironia e un po’ si sfottono.

L’incontro, in piedi all’entrata, risente degli umori di giornata.

– Buon giorno, Alfr.

– Salute, Carlò.

– Dormito bene?

– Benone. E tu?

– Io come mi vedi.

– Ti vedo a tre quarti.

– Difatti, il mio sonno è andato a tre quarti. Mi sono purgato.

– Embè, la stitichezza è fastidiosa. Non si può nascondere. Per esempio, il cafone che arriva con la borsa sottobraccio, l  l  guardalo e dimmi se non è stitico. Ha paura dello scippo, eh, proprio a lui!

– Quello è un avvocato beneventano, lo conosco. L’altra mattina il Cavaliere me lo ha indicato con un’alzata di mento come tirchione che non d  mai la mancia. Magari, mentre sorseggia, pensa quanto gli costa la tazzina.

– Tu invece ti sei purgato.

– Su richiesta della signora moglie. La spesa a prima mattina. Venticinque.

– Avete ospiti?

– Li aspetiamo.

– Parenti?

– Se loro vorranno.

– I futuri consuoceri, ho capito. Sono in due.

– Non hai capito. Sono settecentocinquantamila.

– Ma di che parli?

– Parlo di euro. Sento che verranno ad abitare a casa mia.

– Auguri e salute. Ti senti bene stamattina?

– Perch, tu ti senti male?

– Io sono un leone.

– E allora rifatti la criniera. Io mi gioco la cinquina. Un colpo di fantasia.

– Giusto.La vita uno se la inventa come la desidera. Il Padreterno in questo è stato grande che ha dato all’uomo l’immaginazione. Il regno dell’immaginazione. Lo ha creato re di se stesso.

– Attento, Alfr, attento.

– Chi è?

– Domandalo a lei. Con quella faccia, impostata come cammina, io propendo per lo scongiuro. Questa è una vedova nera. Avr  sistemato due tre mariti. E magari cerca il quarto.

– Andrebbe bene per il Cavaliere.

– No no. Lui conosce e naviga. E’ un purosangue.

– Da chiarire, io credo, è un punto che sfugge all’attenzione. La gente non pensa, non considera.

– E tu consideri?

– Eccomi a te. Mettiamo che il Signore si affaccia alla porta e ti chiede a sorpresa se tu, Carlone Chianese, sei contento di essere quello che sei, un napoletano nato a Napoli. Cosa rispondi alla domanda?

– Fosse questo il problema! La risposta c’è.

– Come no. Ognuno ha la sua.

– La mia sarebbe questa “Signore Iddio, a Napoli si mangia e beve, quando ce n’. Quando non ce n’è ci arrangiamo. Da queste parti nessuno rinuncia, nessuno butta via la vita, nessuno se lo toglie di dosso. A Napoli si campa. Chi ci sa fare campa meglio”.

– Ben detto. In citt  nessuno s’impicca, nessuno si spara, nessuno viene a gettarsi sotto un treno.

– Bravo il sociologo.

– Io e te andiamo a velocit  diversa. Però ci ritroviamo.

– Puntualmente. Siamo qua.

– A casa mia.

– E allora confessati in casa tua, ossia in tutta verit  ma tu hai mai capito perch a fine settimana, ogni sabato, dobbiamo leggere e ascoltare il bollettino dei morti accidentali? Quelli degli incidenti notturni. Sbandati, allucinati, impazziti. Ma questi, mi chiedo e ti chiedo, che vogliono, che cazzo hanno in testa?

– In testa non hanno niente. Perciò vogliono tutto. Pronto e servito. Sono scontenti che schifano la vita.

– E dunque non la meritano. Finch si tratta della loro, vabbè, se la possono anche giocare alle corse. Ma la vita degli altri, quella no. La mia, la tua, Alfr, andiamoci piano.

– Pianissimo, Carlò, pianissimo.

– L’altra settimana si è sfracellato Raus Kraus, il politico spicciativo vincitore di elezioni. Lo dovevano fare presidente non so di quale assemblea nel suo paese. Avrebbe amministrato per un popolo intero. Avrebbe deciso la vita come deve andare, come deve scorrere per milioni di persone. Uno che la sua l’ha schifata. Povera umanit . Cosa è diventato il mondo?

– Un manicomio, Carlò. Nu manicomie.

– E poi dicono di Napoli… Buona giornata, Alfr.

– Buona giornata, Carlò. Mandami un caffè.

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