Ci sono interpreti che stupiscono per il loro virtuosismo, per la potenza del suono, per l’originalit  delle scelte, per la capacit  di dialogare con il pubblico. Ci sono altri che, invece, ti stupiscono per la qualit  del suono, per il nitore cristallino delle sonorit  che producono, per la semplice espressivit  con cui ti ammaliano. A questo (non numeroso) gruppo appartiene Aldo Ciccolini, protagonista al San Carlo di un concerto memorabile; tutto dedicato a Mozart il programma della serata Ouverture dal Don Giovanni e Concerti in La Maggiore K 488 e in re minore K 466.
Glissiamo sul direttore, Patrick Fournillier, che è stato totalmente oscurato dal genio di Ciccolini. Si è limitato a tenere insieme l’orchestra, senza quaisi mai tuttavia “quadrare” con il pianista, evidentemente troppo distante. Ciccolini cammina con tutte le difficolt  di una persona anziana, ma quando inizia a suonare rivela la freschezza senza et  di un artista, che ricerca nella musica la perfezione del suono, e la raggiunge, s da far invidia a legioni di pianisti. Ancora più sconvolgenti la bellezza del suono, la plasticit  del fraseggio, il nitore perlaceo delle notine veloci, la calda e soffice dolcezza delle parti cantabili.
Tre i pezzi concessi fuori programma al pubblico osannante non poteva mancare un omaggio a Napoli, che ha assunto forme di una sonata di Scarlatti; la semplicit  apparente celava universi di sapienza musicale, il tocco si faceva sempre più vellutato, come nella successione III, IV e V grado che prelude alla tonica, di indicibile morbidezza. Non poteva mancare neppure un omaggio alla Francia, seconda patria del pianista dopo il secondo bis, Ciccolini ha toccato l’orologio come a dire che era tardi, ma il pubblico non cedeva. Dopo Debussy, Granados e poi, al termine del concerto, tanta gioia nel cuore per aver ascoltato ancora una volta il Maestro.

In foto, Aldo Ciccolini

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