“Scarrafunera poemetto lurido/iastemma cantata” ovvero della Condizione di uno Scarrafone che potrebbe essere un Uomo o di un Uomo che potrebbe essere uno Scarrafone.
“E sta ggente, nzevata e strellazzera/cresce sempe, e mo’ so’ mille e triciento/ Nun è nu vico; è na scarrafunera.”
Da questa terzina del sonetto ” O funneco”, di Salvatore Di Giacomo, nasce la riflessione e la conseguente suggestione, alla base di “Scarrafunera”, portato in scena al teatro Arcas dalla Compagnia del Futuro (foto).
Riflessione che descrive una condizione di vita estrema, ma verte soprattutto su un uso universale dell’essere umano, su una somiglianza naturale tra l’uomo e lo “scarafone”.
Secondo l’intenzione del regista tale riflessione dovrebbe essere vicina a Joyce in “Dubliners” o Dickens di “Hard Times”. In realt  i riferimenti letterari sbiadiscono all’interno di un testo che si lascia intuire come interessante ma con qualche difficolt . La rappresentazione si può idealmente suddividere in due tempi. Nel primo, il testo sovrasta la recitazione dei tre attori con un ritmo incalzante che rende bene la dimensione claustrofobica di una Scarrafunera. Il testo ci sembra però un po’ slegato dall’azione teatrale.

La scelta scenografica da un lato rende plasticamente una Frammentazione del S, dall’altro però penalizza una visione soddisfacente.

Nella seconda parte, la recitazione e il testo trovano finalmente una sintesi più armoniosa seppure in termini che avrebbero meritato maggiore approfondimento.
Scrive Cristian Izzo, autore oltre che regista«L’essere umano, come lo Scarrafone, non si percepisce come componente di una collettivit , ma si concepisce come principio e fine di un Universo a s stante ed in questo continuo affermarsi e prevaricarsi di “ego” ipertrofici, crea un movimento spastico, violento, convulso e continuo, simile a una danza tribale e pezzente, a met  tra un amplesso da stupro ed una battaglia corpo a corpo, pur restando sempre immobile, nello stesso punto lo stesso movimento di una Scarrafunera (nido di scarafaggi) in subbuglio. Attraverso gli scarafaggi, che si scavalcano, si calpestano, s’inculano sfregando la loro pancia, sul dorso di quello che sovrastano e si sorpassano sempre, all’infinito, ritrovandosi inevitabilmente al punto di partenza, mescolandosi di continuo, senza cambiare mai di posizione, si riflette sulla confusione tra il dimenarsi e l’avanzare, il muoversi ed il viaggiare sull’improduttivit  di un continuo sgomitare, confuso con il superare. Una pesante immobilit , una irrisolutezza nevrotica, che sembra entrata nella quotidianit , di chi s’illude di conquistare il Mondo, rubando la mela del vicino, mentre lui non è in casa, perch occupato a rubare un’altra mela, ad un altro vicino magari, proprio a lui».
Il testo, dunque, lascia intuire un certo interesse, ma potrebbe migliorare affrontando con coraggio scelte di maggior approfondimento. La regia è sembrata in questo senso forse insicura, ma siamo certi che i margini per migliorare ci siano tutti. Buona la prova degli attori, Luigi Credendino, Alessandro Langellotti, Diego Sommaripa, sicuramente anch’essa può avere margini di più ampia manovra. Interessanti le suggestioni musicali di Salvatore Torregrossa ma sembrano non avere ancora una collocazione solida all’interno del tessuto narrativo.

“Scarrafunera poemetto lurido/iastemma cantata”
Scritto e diretto da Cristian Izzo
Con Luigi Credendino, Alessandro Langellotti, Diego Sommaripa
Musiche originali dal vivo di Salvatore Torregrossa
Scene Benito Previtera
Costumi Eliana Manvati/Angelo Sorrentino
Disegno luci Diego Sommaripa
Fonica Giosuè Parlato

Lo spettacolo sar  dal 9 all’11 aprile al Teatro di Contrabbando a Fuorigrotta
Via Diocleziano, 316
Napoli
tel. +39 334 214 25 50

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