La crisi economica internazionale sta colpendo duramente in particolare quei paesi che incontrano grandi difficolt  nel risanare i propri conti pubblici e nel rilanciare la produttivit  delle imprese. L’Italia è uno di questi, nonostante un tessuto imprenditoriale molto vivace e le grandi possibilit  che il paese potrebbe mettere in campo se riuscisse a sfruttare i suoi principali punti di forza: creativit , risorse artistiche e naturali, piccola e media impresa intraprendente. In controtendenza rispetto a molti saggi scritti sull’argomento, il nuovo volume di Luca Meldolesi, “Il nuovo arriva dal Sud. Una politica economica per il federalismo.” (Edizioni Marsilio, pagg. 299, euro 20), intende concentrare l’attenzione sul funzionamento del sistema pubblico nel suo rapporto con la societ  (e viceversa).

Il libro sar  presentato oggi (mercoled 8 luglio, ore 16) all’Unione industriali di Napoli, in piazza dei Martiri 58.

Meldolesi è un esperto di politica economica e pone l’accento sulla tradizione centralista del nostro stato, sul cattivo funzionamento della pubblica amministrazione e la scarsa legittimazione di istituzioni che il cittadino considera obsolete e che favoriscono l’affermazione di un generale clima di sfiducia. A parere dell’autore, non è fondamentale la scelta di una politica economico-sociale rispetto a un’altra, quanto piuttosto la preoccupazione che quella politica sia efficace ed efficiente attraverso alcuni miglioramenti. E per spiegare il modello di sviluppo a cui fa riferimento, Meldolesi utilizza il concetto di “anelli mancanti”, che esprime un orientamento maturato dopo una lunga esperienza di lavoro e studio. L’autore scrive: “Il paese soffre irragionevolmente di un’acuta mancanza di anelli o di legami che assicurino la messa in pratica di numerose politiche (economiche e non economiche), cosicch il loro reperimento e utilizzo intelligente viene ad avere un significato di assoluta priorit  per il miglioramento dell’intervento pubblico.”

Quindi l’aspetto più generale del problema lavoro è, a parere di Meldolesi, l’uso inefficace e inefficiente delle capacit  e delle risorse impiegate nel sistema privato e in quello pubblico: soltanto il reperimento e la messa in funzione degli anelli mancanti permetterebbe di utilizzare adeguatamente le energie a disposizione.

Le soluzioni sono indicate nelle pagine del libro: “Fluidificare e mobilitare i mercati di lavoro locali, combattendo le acque stagnanti; facilitare i processi di scelta del lavoro; irrobustire il tessuto e le iniziative del mondo delle imprese; puntare con coraggio sulla societ  della conoscenza; costruire piani di emersione del fatturato e del lavoro irregolari di concerto con l’Agenzia delle entrate e i servizi ispettivi; puntare sul piccolo credito ecc.”

Di seguito, l’intervista all’autore.

Luca Meldolesi insegna Politica Economica presso l’Universit  “Federico II” di Napoli. Dal 1999 al 2008 è stato presidente del Comitato per l’emersione del lavoro non regolare, è uno specialista di politica economica dello sviluppo e dell’amministrazione pubblica. Ha pubblicato numerosi articoli e volumi sulla materia.

Professore, nelle pagine de “Il nuovo arriva dal Sud” lei pare preoccupato dalle posizioni nostalgiche della vecchia programmazione sul modello della Cassa del Mezzogiorno. Crede ci sia un pericolo concreto di un ritorno a quel modello di centralismo?
“Esistono spinte e controspinte che finora non hanno condotto a un risultato soddisfacente. il gatto che si morde la coda. Se si decentralizza e non si ottengono risultati soddisfacenti, si pensa subito che era meglio il centralismo, e viceversa. La colpa di questa situazione di stallo e di inanit  è di tutti: dell’Unione Europea, del governo centrale e di quelli locali. Naturalmente, esistono anche esperienze positive o prevalentemente positive. Ma il compito del professore di politica economica è, innanzitutto, quello di sottolineare gli ampi margini che esistono per fare meglio. Molto meglio: sulla strada della trasparenza, della democratizzazione e del rendimento della spesa che l’Italia potrebbe imboccare.”

Per sostenere lo sviluppo del Sud, lei propose tempo fa (e lo ricorda nel libro) la fiscalit  di vantaggio, come strumento utile per combattere il clientelismo. un tema che trova molte resistenze?
“Ho sostenuto che l’impostazione corrente dei miei colleghi economisti, che tradizionalmente non tiene affatto conto dei comportamenti correnti, conduce a risultati negativi, come è poi avvenuto. In alternativa, ho proposto uno schema per il Sud che suggerisce di privilegiare i progetti automatici e indiretti da un lato, e quelli responsabili e coinvolgenti dall’altro; sostiene speciali attenzioni per tutti gli altri; propone di valorizzare il lavoro degli operatori. Come si capisce, le resistenze a questo modo di pensare e di lavorare sono enormi. Ma l’esperienza mia e altrui mostra che, tutte le volte in cui ci avviciniamo a questo punto di vista, il risultato finale migliora sensibilmente. Invece se ce ne allont            6                  «    oè è á«sptLlibrined dd dpG7e:EèHlèNO» OJe
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Un altro assunto del libro è che il processo amministrativo si basa sulla sfiducia e non prevede l’assunzione delle responsabilit  rispetto al risultato finale. Il rapporto del cittadino con la pubblica amministrazione si percepisce come rapporto suddito-dittatore?
“Più che suddito-dittatore, direi suddito-principe o suddito-re, nel senso che qui funziona ancora una relazione antica che inizia con la nascita dell’aristocrazia, si afferma con l’impero romano e nel Sud raggiunge l’apoteosi nei sette secoli di potere dinastico che precedono l’Unit  d’Italia. Senza saperlo, il napoletano soffre ancora di questa tradizione, nel senso che il suddito sa di doversi sottomettere, ne soffre, ma non riesce a liberarsi da tale subordinazione servile. Da qui il senso di inadeguatezza di fronte alle sfide della vita, che prevale in tanti giovani.”

un problema che ha forti implicazioni sociali…
“S, anche perch c’è poi il rovescio della medaglia. Infatti il desiderio di imitare il signore, e quindi di vivere alle spalle altrui, crea una propensione al raggiro che è al fondamento di tanti guai. Anche qui, tendenze arcaiche fuse a propensioni contemporanee non hanno prodotto ancora relazioni interpersonali moderne, libere, autonome e genuine. chiaro che il cambiamento istituzionale necessita di quello sociale e viceversa.”

Lei afferma nel libro che la tendenza degli ultimi anni è una balcanizzazione dello Stato, attraverso la quale si è affermato un “primitivismo federalista”. Può spiegare questo fenomeno, che lei individua come una delle cause dello scarso rendimento produttivo dei finanziamenti?
“Il nostro paese è nello stesso tempo giovane e vecchio. Giovane, perch abbiamo una storia unitaria relativamente breve rispetto ad altre nazioni europee. Vecchio, perch ci muoviamo lentamente trascinandoci dietro la storia della nostra civilizzazione, croce e delizia dell’Italia, che ha più di tremila anni. accaduto, cos, che l’equilibrio del secondo dopoguerra sia cominciato a saltare una quarantina di anni fa. Ma poi, per un complesso di ragioni che bisognerebbe investigare, non siamo ancora riusciti a trovare un nuovo, soddisfacente equilibrio politico, istituzionale e sociale.”

Quali sono le cause di questo mancato equilibrio?
“Il motivo è che vi è stata una forma di decentramento, ma in una logica di balcanizzazione dello Stato tradizionale, nel senso che le diverse strutture continuano fondamentalmente a funzionare all’antica, in una logica di comando, invece di accedere al federalismo democratico moderno. Anzi, l’Italia non capisce ancora che le sue istituzioni potrebbero e dovrebbero funzionare in modo diverso.”

Esistono dei modelli a cui l’Italia potrebbe fare riferimento?
“Ci sono i modelli istituzionali dei paesi del nuovo mondo: Australia, Canada e Stati Uniti. Sono modelli che corrisponderebbero meglio sia alla natura storica di lungo periodo del nostro Paese, sia alla sua esigenza pressante di benessere e democrazia di oggi. Basterebbe creare un filo diretto con uno di questi paesi, e per ragioni culturali suggerisco l’Australia che ha un capitalismo sociale più vicino alla nostra sensibilit , per chiarire come le nostre istituzioni possono essere riorganizzate recuperando autorevolezza, rendimento e democraticit .”

Se tutto questo non dovesse succedere?
“Se non lo faremo, continueremo a nuotare nelle acque troppo basse del federalismo primitivo, fiscale e non. Vale a dire in un sistema che non è n emulativo n collaborativo: è un sistema ancora basato sulle strutture gerarchiche, sull’uso servile e improduttivo del lavoro amministrativo, sull’esclusivit  delle competenze e/o sull’unanimismo consociativo.”

una sfida importante, quella che propone…
“Mi rendo conto che il solo pensare di uscire dal nostro guscio ci fa fatica. Ma basta guardare come stanno le cose in quei paesi leader, per capire che è questo il passo indispensabile per creare l’Italia del futuro. In polemica con Massimo D’Azeglio, Carlo Cattaneo diceva che l’Italia esiste da gran tempo, ma che il problema è liberarla. Penso che questa tesi sia ancora attuale. in fondo ciò che ci hanno fatto capire tanti grandi italiani, come Garibaldi, Sturzo, Salvemini, Einaudi.”

Nella foto in alto, Luca Meldolesi. In basso, la copertina del volume

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