Peter Brook porta al Napoli Teatro Festival (fino al 9 giugno), in prima mondiale al Teatro Sannazzaro, Lo Spopolatore (Le Dpeupleur), un racconto breve che Samuel Beckett scrisse tra il 1965 e il 1970, in lingua francese.
La prosa dello scrittore è trasposta da Brook su una scena scarna, come la vuole il teatro dell’assurdo uno sgabello girevole, tre scale a pioli, e, in una “luce gialla”, l’unica protagonista, “la spopolatrice”, l’attrice Miriam Goldschmidt. Il luogo immaginato è un cilindro gommoso di 50 metri di circonferenza e di 16 metri di altezza, i cui “protagonisti” sono circa duecento esseri che, attraverso scale e nicchie, tentano in ogni modo di uscire e liberarsi dal luogo stesso.
Peter Brook è in platea, in prima fila, tra la folla degli spettatori che aspettano di essere “spopolati” dalla Goldschmidt. Ma, forse, lo spopolamento non avviene.
Se è vero che il testo beckettiano fa riferimento all’Inferno dantesco e che Brook, che conosce bene e che ha gi  rappresentato Beckett (si ricordino Oh les beaux jours, 1995 e Fragments, 2008), vuole raccontare quest’Inferno, forse, non ci riesce.
Si percepisce appena, infatti, la presenza “immaginata” delle anime che si muovono nei tunnel e nelle nicchie, con gli occhi chiusi, inginocchiate, lamentose, alcune senza aspettative, altre con la speranza che esista una via di fuga (metafora, questa, del teatro?).
La Goldschmidt ha difficolt  a coinvolgere il pubblico, non lo emoziona, non basta alla scena. La scena è povera, l’attrice vi si muove in modo disperato, come gli esseri intrappolati nel cilindro forse, ma lo spettatore fatica a immedesimarsi nelle emozioni raccontate, lette. La Goldschmidt, infatti, legge il testo il suo francese è un po’ difficile, i sottotitoli, a un certo punto, mancano, il pubblico è distratto oltre che poco rispettoso del silenzio che il teatro e lo spettacolo richiedono.
Se, ancora, Brook ha scritto, nel saggio Points de suspension (2004), che “Beckett infastidisce sempre per la sua onest  e il pubblico arriva ancora a teatro con la pietosa speranza che prima della fine dello spettacolo, il drammaturgo gli avr  dato una risposta”, sappiamo, adesso con certezza, che la risposta non c’è e che neanche il regista la può dare.
“Il teatro è suggestione. Se mostri troppo, non vedi niente!”, dice Brook. Lo spettatore è chiamato, quindi, a un compito difficilissimo deve immaginare, percepire tutto ciò che la scena n l’attrice offrono. Forse Brook ha dato un po’ troppa fiducia alla Goldschmidt, troppa fiducia allo spettatore.

Andrej Konchalovskij incontra La bisbetica domata

L’8, 9 e 10 giugno al Teatro San Ferdinando va in scena La bisbetica domata di William Shakespeare, prima regia italiana di Andrej Konchalovskij. Sceneggiatore di due capolavori di Andrej Tarkovskij come L’infanzia di Ivan e Andrej Rublv; a Hollywood ha girato film interpretati da Kurt Russel, Isabella Rossellini, Svester Stallone, Nastassja Kinski; a teatro ha diretto Juliette Binoche ne Il Gabbiano.
Speiga «Potrei fare tutto Shakespeare perch è la vita stessa, una combinazione fantastica di terra e cielo, volgarit  e poesia. I suoi personaggi sono più grandi della vita e hanno quel tocco di follia e assurdit  che li rende più interessanti. Questa commedia rappresenta il vostro paese molto più di Romeo e Giulietta. ambientata a Padova, i personaggi sono tutti italiani, e c’è anche la commedia dell’arte, pur se scritta da Shakespeare».

Nelle foto di Salvatore Pastore Ag Cubo, tre momenti dello spettacolo di Beckett portato in scena da Peter Brook

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