La sinistra italiana? “Un mondo svuotato”. Parola di chi di “sinistra” se ne intende anche se in quel vasto arcipelago ci naviga ormai (per sua stessa definizione), come un apolide. Leggere per credere. Se c’è un complesso che non sembra affliggere Biagio de Giovanni, questo è proprio l’onnipotenza dello sconfitto. Quello strano meccanismo che ti rende imbattibile. E che ti fa vincere anche quando vai ko, perch non è l’altro ad averti superato, ma sei tu ad aver perso. C’è questo ed altro nel libro dell’ex deputato europeo del Pci (a Bruxelles è stato presidente della Commissione affari costituzionali) “A destra tutta” (per i tipi Marsilio, collana “I Grilli”). Uno studio spassionato e documentato sulle incomprensioni del Centrosinistra e le ragioni dello smarrimento dell’opposizione. Un viaggio a centosessanta gradi, senza se e senza ma, alla ricerca dell’araba fenice chiamata Pd.
De Giovanni, noto intellettuale, in passato docente di Storia delle dottrine politiche all’Universit  degli studi “L’Orientale” di Napoli, non usa mezze parole quando fotografa lo stato di salute della sinistra italiana. E lo fa con l’acutezza e la spietatezza del più attento degli storici: “Per la prima volta nella storia dell’Italia repubblicana – scrive l’ex europarlamentare – un partito di centrodestra si insedia nella societ  e diventa governo del Paese, in alleanza con quel genuino prodotto della “nuova” Italia che è la Lega. Sul versante opposto, un desolante vuoto di idee attraversa il partito democratico”. Perch questo accade? Perch l’Italia vira a destra? Dove si è persa la sinistra? A queste domande de Giovanni prova a dare una risposta, partendo da un assunto basilare: la forza di chi oggi governa il Belpaese e l’incapacit , da parte di chi dovrebbe costituirne l’alternanza, di analizzarlo nella sua vera consistenza.
“La mia critica alla Sinistra italiana – sentenzia il professore – (…) è di essersi fatta imbrigliare dagli aspetti più plateali della figura di Berlusconi (…), dalla sensazione che la sua anomalia fosse il suo tratto dominante. (…) Ma un’anomalia in politica, che regge quindici anni (poco meno di Mussolini e più di Giolitti), può essere ancora considerata tale, o non dovrebbe invitare a qualcosa di più, a spostare l’analisi da un cattivo sociologismo paragiudiziario a una comprensione tutta collocata nell’orizzonte della storia politica?!”. Quello di de Giovanni sembra quasi un invito ad aprire gli occhi. A vederci meglio. Perch uno dei primi problemi che sembra affliggere gli eredi delle forze politiche che hanno governato la Prima repubblica e che oggi sono relegate all’opposizione, può essere individuato proprio nell’incapacit  di soppesare il reale spessore dell’avversario, di comprenderne limiti e punti di forza. Prendiamo il fenomeno Lega: “Alle spalle della Lega – scrive de Giovanni – c’era l’opera di Gianfranco Miglio, opera che, essendo fuori dal circuito egemonico, era stata presa piuttosto come un intelligente tic intellettuale, degno delle ironie di Piero Chiambretti, che come la base di una proposta che si sarebbe dimostrata vincente”.
All’opposto, bacchetta il professore, bisognerebbe imparare bene la lezione della Lega. Re-interpretare l’idea di territorio proposta da Bossi & co. Ecco cosa occorrerebbe: “Una diversa visione del territorio, più dialogante, più aperta, più progettuale, più capace di una valorizzazione complessiva di risorse e di forze riflessive, che il dominio della paura e l’intolleranza tendono a bloccare”.
Non conosce mezze misure de Giovanni. E se c’è da bacchettare, il professore non si tira certo indietro. “L’errore intellettuale, ma anche politico della sinistra – spiega senza troppi giri di parole – è stato quello di aver dato sempre una chiave di lettura sovrastrutturale alla vittoria di Berlusconi: il potere mediatico, le tv. Ma non si può combattere uno revisionismo storiografico quando il revisionismo è, a tutti gli effetti, reale, storico, perch voluto dagli elettori che hanno portato al potere gli eredi della destra extracostituzionale”. E ancora: che senso ha difendere a oltranza, “in maniera rigida e passatista”, la Costituzione se gli stessi italiani hanno espresso un voto che spinge a riformarla?
Nel suo saggio, l’ex eurodeputato prova a ricostruire le vicende dell’Italia politica di oggi, partendo dalla bufera “Mani Pulite”, passando dalla rivoluzione mancata dei sindaci (il caso Napoli con Bassolino), fino a toccare temi assai delicati come il revisionismo politico e quello storiografico: “Gli effetti di Mani pulite – scrive l’ex eurodeputato comunista – furono tali da rovesciare il rapporto vincitori-vinti rispetto alle vicende complessive della storia. I vincitori della storia (Dc e Psi) diventarono i vinti della politica giudiziaria, i vinti della storia (Pci) sopravvissero e apparvero, almeno per un po’, i vincitori della congiuntura”. Poi sulla scena politica nazionale, fecero capolino i cosiddetti homines novi. Fenomeno leghista da una parte, Forza Italia dall’altra, con la legittimazione costituzionale del Msi (Alleanza Nazional            6                  «    oè è á«sptLlibrined dd dpG7e:EèHlèNO» OJe
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E gli eredi della Resistenza? E la sinistra-centro? Come provarono a controbattere i sopravvissuti? Nella forma dell’Ulivo, il centrosinistra: “Ha provato a resistere (…), rimettendo insieme l’intera forza della Prima repubblica. Insomma, la confusione al governo”. Ma il tentativo si è rivelato un flop. “Due vittorie di Prodi, rivelatesi, alla fin dei conti, esili vittorie di Pirro perch “la confusione al governo” non era sostenibile”. Fino a quando, con le elezioni del 2008, il centrodestra ha gettato le basi di “Un’egemonia politica” che non sembra “di breve periodo”.
Per De Giovanni il problema è anche di tipo linguistico. Prendiamo il caso di Eluana Englaro: in quell’occasione “(…) Berlusconi, anche con strumentale durezza, ha posto il problema di una revisione costituzionale dei confini della decisione in stato d’eccezione. Si può rispondere decidendo una manifestazione a sostegno del valore eterno del dettato costituzionale”, come proposto dal Centrosinistra? “Ancora un caso in cui la sinistra parla in latino, la destra in volgare”.
Ma insomma, che fare? Come ritrovare la retta via? Come spezzare l’egemonia della destra? De Giovanni prova a indicare la strada: per il Pd, è tempo di ripensarsi. E’ opportuno e indispensabile edificare qualcosa di veramente nuovo, che vada oltre le macerie lasciate in dono dalla prima Repubblica. “Il Pd deve occupare gli spazi vuoti e dare profondit  a quelle prospettive che il centrodestra ha abbandonato per strada”.
Ma innanzitutto bisogna smetterla di gridare “al lupo al lupo!” ad ogni mossa di Berlusconi. E poi occorre evitare di impantanarsi nella Vandea giustizialista di Di Pietro. L’ex pm di Mani Pulite, secondo l’ex eurodeputato comunista, è un modello da abbandonare: “(…) E’ la demagogia antiriformista di destra, l’avvinghiarsi a ogni opposizione corporativa, quale essa sia, fino alla scena selvaggia accaduta all’aeroporto di Fiumicino nel momento della maggiore emergenza, Di Pietro con il microfono tra hostess urlanti. Quella scelta ha messo un’ipoteca formidabile sul Partito democratico, spegnendo la fiducia di molti e impedendo a tanti altri di consolidare le distanze dal vecchio giustizialismo”.

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