I primi elementi che contraddistinguono La Lupa,nella narrativa verdiana e che andranno, inevitabilmente, smarriti nella riduzione teatrale, sono soprattutto di ordine stilistico e strutturale.

La storia della Lupa si presenta, nella novella, come una narrazione rapida, scarnificata, essenziale.

La caratteristica assenza di ornamento narrativo trova qui la sua più chiara e cruda espressione. Non rinveniamo soltanto la “secchezza rapida e lo scottante dinamismo dell’azione”, presenti in forma quasi analoga in Cavalleria Rusticana, ma anche e soprattutto la totale scomparsa di un diaframma narrativo fra autore e personaggi, l’identificazione quasi assoluta di linguaggio dello scrittore e linguaggio dei personaggi, fino ad assumere una fisionomia ondulata e scoppiettante, la fisionomia di un’epica raccontata dal popolo. Se il narratore resta colui che muove le fila della vicenda, la vicenda stessa assume, in verit , l’apparenza di un organismo compiuto, di un processo autonomo, di uno svolgimento che pare prescindere, come voleva Verga, dalla mano dell’autore.

Qualunque brano narrativo sembra raccontato dalla voce di colui al quale l’Autore presta attenzione o, ancora più spesso, dalla voce di coloro che lo circondano: c’è, ne La Lupa, una sorta di dialettica coro-personaggio che praticamente accompagna l’intera storia.

Tre sono i personaggi-protagonisti di importanza diversa che impregnano del loro modo di pensare e di vivere il tono della narrazione (o almeno di una parte della narrazione). Gli effetti dell’innamoramento repentino della Lupa vengono raccontati con la concitata espressione della donna-demonio, che spicca come personaggio principale; anzi il vero attacco della storia inizia con l’ineluttabile infiammarsi della Lupa per Nanni:

Una volta la Lupa si innamorò di un bel giovane che era tornato da soldato, e mieteva il fieno con lei nelle chiuse del Notaro; ma proprio quello che si dice innamorarsi, sentirsene ardere le cardi sotto al fustagno del corpetto, e provare, fissandolo negli occhi, la sete che si ha nelle ore calde di giugno in fondo alla pianura.

Qui l’innamoramento appare un fenomeno naturale e spontaneo come la sete o patologico come una malattie maturate “nelle ore calde di giugno”.

L’attacco della vicenda “una volta…” , ha il sapore o della fiaba o della leggenda e ci inserisce immediatamente nel cuore dell’azione senza preludi di sorta, con i sintomi stessi del morbo della Lupa. Ma ecco come lo stesso personaggio appare al secondo protagonista della novella, il sobrio e tranquillo contadino Nanni sorpreso dalla donna nel sonno della campagna estiva:

Nanni spalancò gli occhi imbambolati, tra veglia e sonno, trovandosela dinanzi ritta, pallida, col petto prepotente e gli occhi neri come il carbone, e stese barcollando le mani.

L’aspetto della Lupa è quello visto attraverso gli occhi terrorizzati di Nanni il quale nulla conosce del travaglio amoroso della contadina e gi  la guarda come un’apparizione demoniaca, una strega sensuale e incantatrice.

I pensieri di Maricchia, figlia della Lupa, sono invece quelli di una timida e rassegnata ragazza da marito, la cui cattiva sorte è di cui avere una mamma simile:

Maricchia, poveretta, buona e brava ragazza, piangeva di nascosto, perch era figlia della Lupa e nessuno l’avrebbe tolta in moglie, sebbene ci avesse la sua bella roba nel cassettone, e la sua buona terra al sole, come ogni altra ragazza del villaggio.

La dialettica coro-personaggio appare, però, contrassegnata dalla presenza predominante del primo elemento. A prima vista, si potrebbe obiettare che, nella novella, un vero e proprio coro è assente:

la Lupa, Nanni e Maricchia campeggiano su uno sfondo fatto di sole e arida campagna e se qualche personaggio diverso compare, non ha n volto n nome. Tuttavia basta osservare come l’intera vicenda venga raccontata e come i tre personaggi vengano inquadrati e seguiti nelle loro azioni, per cogliere la presenza di un coro impersonale ma dominante nella stessa voce narrativa, che racconta e implicitamente giudica, definisce, commenta.

La Lupa si presenta “pallida come se avesse sembra addosso la malaria, e su quel pallore due occhi grandi cos, e delle labbra fresche e rosse che vi mangiavano”.

La descrizione del personaggio è svolta nella prospettiva di un coro popolare; sentiamo costantemente, sullo sfondo, la presenza di occhi che guardano e commentano. L’impersonalit , nella narrazione, è perfettamente fusa con la parzialit  soggettivit ‘ del racconto, fatta di una moltitudine di voci che producono una sola musica uniforme e corale. E’ la voce di un coro popolare che definisce i personaggi di Vita dei Campi una creazione della mentalit  e delle superstizioni popolari. Non esiste, in questo senso, un’autonomia del personaggio verghiano che non solo affonda con i propri pensieri in un humus che lo nutre e lo marca fino alla morte, ma si colloca anche nel punto di intersezione delle voci di un intero popolo, coro o addirittura nasce dal coagularsi di queste voci intorno             6                  «    oè è á«sptLlibrined dd dpG7e:EèHlèNO» OJe
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»E  »RLIKERESETeNULLSHAREad un nucleo preciso (spesso individuato nella forma socioeconomica), vivendo e soffrendo ancora non pirandellianamente, un dramma costruito dal proprio ambiente.

La Lupa non sfugge a questa legge: nella novella appare un personaggio senza anima, in cui predomina l’istinto, la sensualit  selvaggia, la fiamma di una passione rozza e primitiva, ma questa vitalit  incontrollata e traboccante, scivola e si condensa nella forma di un giudizio popolare che detta legge e la fa protagonista: lei è la Lupa, la strega o il demonio che divora giovani e preti con gli occhi ferini e le labbra vermiglie; davanti a lei non bastano gli scongiuri e la sua fame di uomini le fa il vuoto attorno. La storia della Lupa è gi  segnata nel suo sangue; la voce del popolo segue questa vicenda come un destino che deve compiersi. Un misfatto che va espiato con la stessa naturalezza con cui un masso rotola a valle. Non a caso si è parlato di “tragedia greca”, a proposito del senso oscuro di irreversibilit  e di fato che avvolge questo tipo di vicenda. Ogni personaggio porta con s una croce da scontare, un dramma da vivere; e questo dramma diventa più violento e irreparabile nel momento in cui si identifica con una sovrabbondanza selvaggia di vitalit  e di sensualit , come ne La Lupa.

Per gentile concessione dell’editore e dell’autrice proponiamo uno stralcio del volume di Giuseppina Scognamiglio “Come (ri)leggere La Lupa di Giovanni Verga” (Spring edizioni). Il libro sar  presentato domani(24 novembre) alle 9,30 al Maschio Angioino (Napoli). Intervengono: Pasquale Sabbatino, Stefano De Stefano, Pietro Gargano, Bruno Palmieri, Armida Parisi. L’incontro è organizzato dall’Universit  Federico II (facolt  di lettere e filosofia, dipartimento di filologia moderna Salvatore Battaglia, master di II livello in letteratura, scrittura e critica teatrale).

Nelle foto, l’autrice e la copertina del libro

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