“Recupero… che brutta parola. Noi siamo tutti da recuperare”. Scherza padre Loffredo, parroco della basilica di Santa Maria alla Sanit  (nota anche per le sue catacombe di San Gaudioso); mente della cooperativa sociale “La Paranza” e cuore del bed&breakfast “La Casa del Monacone”. Di “recupero” non vuole sentire parlare. Preferisce parole come bellezza, speranza, possibilit . Questi sono i pilastri della sua missione: aiutare il quartiere Sanit  e i ragazzi che vivono l.

Come ha cominciato?
“Guardandomi intorno. In questo quartiere ho visto due risorse: tanti ragazzi disoccupati e tanti beni storico artistici. Le ho messe insieme creando una sinergia che ha come primo obiettivo salvare il quartiere attraverso la bellezza. Bellezze culturali, di tradizioni, di arte. La via maestra della bellezza. la via che abbiamo scelto”.

Come seguite questa via?
“Le azioni sono sempre mirate alla bellezza. Qui ci sono quattro chiese. Che significa quattro monumenti, quattro strutture canoniche che devono essere riempite. In queste strutture trovi doposcuola, teatro, musica, attivit  che aggregano i ragazzi. Se segui le loro inclinazioni. Loro ti seguiranno. Il nostro tasso di assenze è bassissimo, soprattutto se rapportato all’assenteismo scolastico”.

E c’è anche il bed&breakfast…
” la logica conseguenza. Essere ospitali di giorno con le visite alla chiesa, alle catacombe, al quartiere. Di notte col B&B. Ed è anche un’occasione per far percepire il mondo ai ragazzi, attraverso gli ospiti, e viceversa: poter dire al mondo che in questo quartiere esiste un valore grandissimo: l’ospitalit . Infine, ma non meno importante, crea una speranza occupazionale”.

Nella chiesa l’arte antica incontra quella contemporanea…
“Riteniamo che l’arte non è mai ferma al passato, il moderno non va chiuso nei musei ma vissuto nel quotidiano. Il quotidiano possono essere anche una parrocchia, un giardino. E nel quartiere puoi trovare un giardino con cancellate artistiche moderne, un altare di cristallo, un cristo chiamato Palestina, uno in rame di Riccardo Dalisi o il crocefisso di Annamaria Bova composto da lettere, che ricorda ai miei ragazzi di imparare molte parole per poter essere più liberi. Nel mondo se hai più parola… puoi farcela”.

Qual è il male peggiore del quartiere?
La sua chiusura, ormai bicentenaria. Da quando è stato eretto il ponte. Da quel momento, una via animata da nobili e commerci è diventa una via non più percorsa. Un ponte, che solitamente unisce, qui diventa simbolo di divisione. Siamo tagliati fuori da qualunque tipo di flusso economico, sociale e culturale. Si forma cos un “cul de sac” che ha i pregi di mantenere una Napoli inalterata come quella di qualche secolo fa e i difetti del ghetto.

Una via di fuga?
Per muovere l’economia del quartiere si deve far percepire che esiste un vero itinerario turistico che comincia dalle catacombe di San Gennaro e continua per le basiliche della Sanit  fino ad arrivare al Duomo. Un percorso dal dentro al fuori, dalle ossa al sangue di San Gennaro. La proposta che faremo dopo l’estate sar  di approfittare di questo percorso, accompagnati dai ragazzi della cooperativa”.

Una speranza?
Vincere il pregiudizio. Soprattutto quello dei napoletani che hanno paura di questa zona. Qui non ci sono mostri, ma persone che cercano di far rinascere la citt .

Nelle foto (di Maria Volpe Prignano) in alto, la chiesa. In basso, da sinistra, il refettorio e un corridoio del bed&breakfast

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