« Il morto è morto diamo aiuto al vivo […]. Se lei dice questo proverbio a uno del Nord, gli fa immaginare la scena di un incidente in cui c’è un morto e c’è un ferito ed è ragionevole lasciare l il morto e preoccuparsi di salvare il ferito. Un siciliano invece vede il morto ammazzato e l’assassino e il vivo da aiutare è appunto l’assassino. Io non sono siciliano fino a questo punto».
Questo uno dei tanti aforismi di cui si serve Leonardo Sciascia (1921-1989) per stigmatizzare comportamenti sociali devianti e deformazioni culturali in A ciascuno il suo (1966), romanzo breve di alto valore testimoniale, ispirato all’assassinio del commissario di pubblica sicurezza di Agrigento Cataldo Tandoj.
Dietro frasi lucide e lapidarie come questa non è difficile scorgere un pessimismo perenne ma non rassegnato e la riflessione sulle radici storico sociali della arretratezza in Sicilia e la “passione giuridica dei siciliani” sviluppata per necessit  di capire come dalle leggi scaturiscano i privilegi. Un noir più che “giallo”, perch il crimine e la sua risoluzione sono un pretesto per guardare con occhio meno distratto il mondo che ci circonda e a riflettere sul protagonista della storia, di solito un antieroe.
Il regista Fabrizio Catalano, nipote dello scrittore, con la Fondazione Sciascia e Teatro di Racalmuto, cura la regia del testo adattato per il teatro da Gaetano Aronica, peraltro impegnato efficacemente in ruolo attoriale. Continua il percorso avviato nel 2011 con Il giorno della civetta, ma ora la mafia non è più ritratta nel suo passaggio dalla societ  rurale a quella urbana, è integrata nel tessuto sociale e economico, ha invaso i rapporti umani.
Quello di Catalano e Aronica è un teatro vivo e di grande impegno civile, specchio dei tempi e testimonianza del valore predittivo e anticipatore di Sciascia, del suo impegno da sempre nutrito dalla indignazione e dal disprezzo, a lui tanto cari.
La scena un ambiente borghese con ridondanze barocche, decorazioni e simboli cattolici e, in alto, due figure misteriose di mostri alati che fanno pensare ai mostri della settecentesca Villa Palagonia di Bagheria. Ambientazione fantastica per una storia reale e cruda.
Una telefonata attesta lo stretto legame che corre tra Palermo e Roma. Ieri come oggi. Siamo oltre il gattopardesco “cambiare tutto perch niente cambi”. Fatti ed eventi si ripetono. Il comportamento mafioso ha contagiato politica e politici ai vertici più alti.
Paolo Laurana (Sebastiano Somma) un professore di italiano e latino, celibe, introverso, ingenuo se non “scemo” perch non si adegua ai tempi, indaga su un duplice omicidio, quello del mite farmacista Manno, appassionato di donne e dell’amico dottor Roscio, marito tradito dalla bella Luisa (Daniela Poggi) con l’avvocato Rossello, il cugino cui è legata da anni.
Roscio per interrompere la tresca minaccia di svelare le torbide collusioni tra l’avvocato, la mafia e la politica con una lettera anonima sul cui retro c’è la parola unicuique (suum), a ciascuno il suo’ – da cui il titolo e l’inizio della storia e della indagine.
Laurana scopre il vero movente del duplice delitto ma decide di tenere tutto per s. Ma non ci riesce in quanto viene sedotto e ingannato dalla bella Luisa, che, in accordo con il cugino, prima si libera del marito, potenziale testimone scomodo, per convolare a nuove nozze.
Nella sua piena maturit  di attore e dimessi i panni di bel tenebroso, Sebastiano Somma si cala in modo convincente e nel segno della sottrazione nei panni dell’introverso professore. Bella, elegante e algida quanto basta Daniela Poggi nel ruolo di donna cinica e infedele. Bene tutti gli altri interpreti Giacinto Ferro, Alessio Caruso, Roberto Negri Maurizio Nicolosi. A sottolineare sarcasticamente la purezza riconquista dai neo-coniugi, i costumi di un bianco immacolato di Anna Petrocelli che ha curato anche la scena. Efficaci e appropriate le musiche di Fabio Lombardi.

A ciascuno il suo
Teatro Acacia
Via Raffaele Tarantino, 10
Fino al primo dicembre
Tel. 0815563999

Nella foto, Sebastiano Somma

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