Cava Ranieri, cinquecentomila metri quadrati tra insediamenti di epoca romana, con grandi dolia (contenitori di  terracotta)  presenti al loro interno. Rinvenuti per caso dal 1981, in località Boccia al Mauro. A Terzigno, comune in provincia di Napoli, che  vanta con orgoglio questo singolare sito archeologico, purtroppo dal 2000 ridotto a una discarica: una vergogna su cui aveva posto l’accento una petizione della cittadinanza per restituirgli dignità, assegnandogli un ruolo di primo piano nel rilancio turistico della zona.
E proprio nel sito (foto) giovedì primo febbraio, dalle 10, in via Marconi, è stato organizzato l’incontro “La storia ritrovata: da sito di stoccaggio a sito archeologico”, su iniziativa dell’amministrazione comunale, per mostrare i risultati dell’attività di bonifica e le opportunità di sviluppo che potranno ricadere sull’intera area.
Con il primo cittadino Francesco Ranieri e l’assessore ai beni archeologici con delega al turismo, Genny Falciano, ci saranno anche il presidente del Parco del Vesuvio, Agostino Casillo, il presidente e Ad della Sogesid Spa (che ha effettuato gli interventi di bonifica) Enrico Biscaglia, il direttore generale del Parco archeologico di Pompei, Massimo Osanna e Mario Cesarano della Soprintendenza abap per l’Area Metropolitana di Napoli.
Tra gli altri partecipanti:  il consigliere regionale con la delega al Grande Progetto Pompei, Mario Casillo, i consiglieri della Città metropolitana, Michele Maddaloni (delegato Grande Progetto Pompei) ed Elena Coccia (delegato ai Siti Unesco), nonché una rappresentanza  studentesca del territorio.
Gli scavi fecero riemergere parte di tre strutture, denominate “Villa 1”, “Villa 2” e “Villa 6”. La prima tra fra il 1981 e il 1983: visibile una cella vinaria con 42 dolia, ambienti di servizio, un portico con colonne di tufo e mattoni, una stanza per il deposito del foraggio, un’aia con pavimentazione in coccio pesto.
La seconda (scavi del 1984-92), si sviluppa intorno a un cortile centrale con un portico sorretto da pilastri e colonne in laterizio. Qui sono stati rinvenuti gli scheletri di cinque persone e due cani.
“Villa 6” era adibita alla produzione di vino: lo testimonia il torcularium fornito di torchio a leva e olio.
Un risanamento necessario che fa sperare in un bel  futuro culturale per la terra dove l’artista  Salvatore Emblema  già in vita aveva trasformato la propria bianca e luminosa villa in un museo di opere colorate dall’energia vesuviana.

 

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