Il turismo rappresenta sempre più un’attivit  a forte incisione di impatto sullo sviluppo sostenibile. In parte, questo è riconducibile alle dimensioni del fenomeno in continua estensione, basti pensare ai paese europei che fanno registrare circa 500 milioni di presenza all’anno costituendo un importante fonte di reddito per molte terre in via di sviluppo. In parte è invece riconducibile alla relazione qualitativa che il turismo è in grado di sostenere con l’ambiente e societ , ovvero la capacit  di interazione tra sicurezza e benessere.
Gli effetti di un turismo “sbagliato” possono infatti determinare conseguenze gravissime per l’umanit  e per la stessa natura terrestre, quali le modifiche del territorio e della fauna, il depauperamento delle risorse locali, lo stravolgimento del paesaggio.
Alcune operazioni degli ultimi decenni sono una chiara dimostrazione di tutto questo e di quanto occorra fare una seria analisi di arresto di tali politiche di investimento.
Lo stesso tratto di costa del Mar Rosso che oggi si chiama Sharm El Sheik è la trasformazione di una stupenda spiaggia desertica di dune in un villaggio balneare, alla stregua dei tanti, seppur multi-organizzati, fatti in serie.
Cos come, se volgiamo lo sguardo in casa nostra, sulle nostre coste a picco sul mare, antichi paesi con la loro storia secolare sono stati travolti dalla selvaggia speculazione edilizia che ha distrutto paesaggi unici e spettacolari e ha trasformato le nostre montagne in piste per fuori strada di produzione giapponese.
In tale quadro, non certo edificante e a dir poco preoccupante, una nota decisamente positiva va registrata nella grande diffusione che sta avendo una nuova coscienza di approccio nel mondo del turismo, ovvero il cosiddetto “turismo responsabile”.
Un diverso sguardo del viaggiatore che porta a definire la vacanza non più o non solo una mera attivit  consumista ma un’opportunit  per conoscere l’altra faccia del turismo, il suo lato umano e socializzante, curioso ma rispettoso di un contesto”altro” differente per territorio e cultura ma identico per eguaglianza e dignit .
Un turismo che parla di reciprocit  unendone le dinamiche di insediamento e di crescita e che tende a ridurre il carattere devastante che a livello socio-ambientale troppo spesso l’industria turistica provoca nei paesi ospitanti.
La citt  di Napoli da questo punto di vista è una qualificata capitale europea del turismo internazionale che gode di un livello infrastrutturale con una capacit  naturale di posizione di snodo del Mediterraneo e che non ha bisogno alcuno di inventarsi “trame” territoriali che potrebbero mettere in discussione l’equilibrio geografico, n tantomeno stravolgere i legami sociali fondati su un ambiente urbano gi  oltremodo ricettivo ed accogliente.
Il discorso si presenta un pò diverso per le isole che costeggiano le mura cittadine, dove qualche segnale di “eccesso” edilizio è gi  stato realizzato a danno di un panorama impoverito sia in termini di bellezza che di sicurezza.
Napoli offre, invece, un’identit  culturale e civile totalizzante e che fortunatamente non concede spazio a un turismo predatore di luoghi e bellezze, dove anche l’opzione di un’offerta “mordi e fuggi” consente di conoscere lembi di terra di antico e suggestivo fascino.
Bagnoli, laddove sta per nascere il primo e concreto pezzo di urbanesimo post-industriale, restituir  il mare e una nuova infrastrutturazione sociale sicuramente rispettosa dell’entroterra metropolitano.
Dall’estremo lato orientale di San Giovanni a Teduccio passando per il golfo di Napoli fino ad incontrare il Parco regionale dei Campi Flegrei a nord ovest è un continuum di “terra bruciante” e rinnovata citt  di mare.

Nella foto, una veduta del golfo di Napoli

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