Il 18 maggio riapriranno le chiese, il Viminale ha diffuso il protocollo da seguire per consentire ai fedeli la partecipazione alle messe. Il protocollo prevede il distanziamento tra i fedeli, l’esclusione di riti di contatto come la stretta di mano. Il passaggio logico che molti hanno già fatto, tranne il governo, è quello che vede una sovrapposizione chiara tra celebrazione della messa, rituale che si svolge alla presenza di un pubblico di fedeli, ed esibizione degli artisti dal vivo per il pubblico.

Dopo averne parlato con il direttore del Teatro Tram di Napoli, Mirko De Martino, con Leda Conti del  Théâtre de Poche e con Mario Gelardi del Nuovo teatro Sanità, la parola va a Laura Angiulli drammaturga, regista e presidente del teatro Galleria Toledo.

in foto Laura Angiulli, più in alto
Qui sopra, Laura Angiulli, In alto, il foyer del teatro Galleria Toledo.

Il ministro Franceschini ha incontrato alcuni esponenti del mondo dello spettacolo. Si parla di 20 milioni di euro da destinare a quelle realtà che non fanno parte del Fus (Fondo Unico per lo Spettacolo) ma possono dimostrare di aver svolto almeno 15 spettacoli nell’anno precedente e versato contributi per almeno 45 giornate lavorative. Cosa ne pensa?
Dovrebbero essere fondi per i freelance, quelli possono essere una buona cosa, perché il nostro settore è sventurato, le persone che lavorano freelance spesso non hanno neanche le giornate contributive per accedere alla disoccupazione, questo è gravissimo. Poi c’è chi lavora con le imprese, chi è più o meno assorbito. Galleria Toledo ha una compagnia pressoché stabile, grosso modo sempre le stesse persone che lavorano molti mesi l’anno, quindi c’è quasi una stabilità, vorremmo fare di più ma non ci è possibile. Se quello italiano fosse un sistema alla tedesca (dove il teatro viene finanziato da Lander e comuni, qui il documento dell’analisi comparata prodotto dal MIBACT, ndr), potremmo stipendiare tutti, poiché un teatro come Galleria Toledo avrebbe un’altra tipologia di collocazione nel sistema.

Nell’informativa del 6 maggio il ministro rassicura che nessun operatore della cultura resterà solo. Lei cosa chiede?
Riaccendere i motori. Se il Governo ci dà la possibilità noi ripartiamo immediatamente, riassumendo tutti quelli che hanno fermato il lavoro il giorno 8 marzo. Il quindici marzo doveva andare in scena Giulio Cesare di Shakespeare, tutto esaurito, ma purtroppo ci siamo dovuti fermare. Se ci consentono di riaprire, ripartiamo immediatamente. Questo fermo significa la distruzione di un settore. Far partire da subito l’occupazione è fondamentale, l’intervento va fatto a partire dalle imprese, in quanto questo significherebbe dare il senso di una continuità del sistema, questo è determinante.
Il ministro propone una piattaforma culturale digitale, una Netflix italiana che ospiti spettacoli. Una buona idea?
Sono del parere che su una piattaforma streaming non possano andare le riprese degli spettacoli andati già in scena. Si tratta di due linguaggi completamente diversi, per mettere uno spettacolo su una piattaforma deve essere montato per la ripresa, a partire dal fatto che i tempi del teatro dal vivo sono diversi di quelli della fruizione video.
In quale modo si potrebbero sfruttare gli strumenti tecnologici?
Sarebbe interessante e giusto mettere su piattaforma le prove aperte, le lezioni, li lavoro di tavolino. Costruire materiali, studiare. Lo studio è molto spesso lontano dalla pratica teatrale oggi, perché c’è la corsa alla rappresentazione, determinata anche dagli obblighi che si hanno, questa può essere un’occasione per ricominciare a studiare.
È cambiato il modo di fare teatro?
Non c’è più vera ricerca, un tempo esistevano i teatri stabili di innovazione che erano gli organismi della ricerca, adesso c’è il centro di produzione, oggi chi fa davvero innovazione? In questo senso, approfittando del momento di pausa, potremmo avere un canale Vimeo dedicato in cui carichiamo i lavori di studio, quindi attraverso dei codici si potrebbe accedere ai materiali che cambierebbero ogni due o tre giorni.
Dalla piattaforma change.org appare  Attrici Attori Uniti denunciano la rottura dei contratti di lavoro senza il rispetto delle leggi sul licenziamento e chiedono l’istituzione di un reddito specifico.  Cosa ne pensa?
La domanda è sempre a chi dare il reddito di quarantena, in quale modo individuare i soggetti e con quali tutele? L’alternativa al reddito di quarantena è rimettere in piedi le imprese, perché in questo modo si hanno anche gli oneri. Il reddito di quarantena non ti dà gli oneri contributivi, il che è molto grave, sia per la carriera dell’attore che prima o poi dovrà pure arrivare a una pensione, sia perché all’interno degli oneri c’è il contributo malattia per esempio, ci sono le garanzie del lavoratore. Essenzialmente se prendi il reddito di quarantena e non hai gli oneri contributivi versati, nel momento in cui sei disoccupato, non puoi chiedere la disoccupazione, esci fuori dalle garanzie. Dunque sono più favorevole alla riassunzione, bisogna rimettere in piedi il sistema occupazionale sostenendo le imprese. Noi stiamo continuando a pagare gli stipendi, perché le persone devono vivere, ma fino a quando potremo farlo?
Ci si potrebbe unire per muovere richieste chiare allo Stato e alla Regione?
La circostanza specifica mette in evidenza un problema, quello della rete di teatri, che è indipendente dal momento. Il nostro purtroppo è un settore sofferente, i fondi disponibili sono sempre esigui e al momento il problema maggiore è la mancanza di liquidità. Noi  avevamo tutto venduto, la stagione era al completo.
A quale modello potremmo ispirarci?
In Germania la prima azione di Angela Merkel è stata quella di stanziare fondi e agevolazioni per la cultura, in un paese in cui la risorsa rispetto al bilancio complessivo dello Stato è molto più alta. Un teatro come Galleria Toledo riceverebbe comunque tutt’altri fondi, in Germania hanno l’occupazione, perché i teatri hanno tutti la compagnia stabile, si lavora tutto l’anno con un numero anche elevato di attori che fanno produzione, con più registi. Noi non possiamo consentirci più registi perché questo ha dei costi che superano le nostre possibilità, questo ha ripercussioni anche sulle possibilità di produzione e sperimentazione. Certo avendo la proprietà della struttura possiamo consentirci di non scadere in progetti che non sono a livello, che non rappresentano la nostra linea artistica.
Galleria Toledo ha una doppia stagione…
Le nostre attività sono rivolte moltissimo alle rappresentazioni per le scuole, che ci dà tante soddisfazioni, in questo momento ovviamente è tutto fermo. Abbiamo poi un pubblico serale di affezionati, un pubblico fidelizzato, nonostante Galleria Toledo sia in una posizione scomoda e gravemente danneggiata dal cantiere presente da tre anni che chiude parzialmente l’accesso.
Un punto di ripartenza potrebbe essere la programmazione estiva?
Da molti anni realizziamo la rassegna Doppio Sogno a Villa Pignatelli, adesso stiamo proprio lavorando per adeguare l’organizzazione alle misure di distanziamento tra sedile e sedile, allargando l’area occupata, non faremo solo del cinema, ma porteremo anche altri linguaggi dello spettacolo sempre all’interno dei binari consentiti in questo momento, quindi con pochi attori e, invece di 300 posti, ce ne saranno 100. Per Roberta Tamburelli che lavora al botteghino abbiamo già previsto una piccola struttura che le consenta di lavorare in sicurezza. Insomma dobbiamo riaccendere i motori adeguandoci al momento, ma bisogna ripartire subito utilizzando tutti i mezzi.

Grazie a Laura Angiulli per aver risposto alle nostre domane.
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