Festival del cinema dei diritti umani di Napoli/ “Adas Falasteen” di Hamdi Khalil Elhusseini e Samar Taher vince il premio Paciolla: se una cucina comunitaria palestinese duventa luogo di resistenza

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Cala il sipario sulla diciottesima edizione ma non sulla sua missione. Il Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli si conclude con un quadro ricco e articolato di opere premiate, provenienti da aree del mondo attraversate da conflitti, oppressioni, resistenze civili e battaglie per l’affermazione dei diritti fondamentali.
Anche quest’anno il programma si è distinto per la capacità di restituire, attraverso il cinema, testimonianze dirette e sguardi profondi sulle violazioni sistemiche che segnano epoche e territori diversi. Le giurie hanno riconosciuto il valore artistico, politico e umano dei film che hanno saputo raccontare, con linguaggio originale e consapevole, la complessità del presente.
La menzione platea Diffusa va a “’48 – Resisting the Big Settlement” del collettivo greco 218Film Team, un documento che si impone per la forza testimoniale e per un impianto narrativo costruito come un coro di voci palestinesi. La giuria ha sottolineato la lucidità con cui il film descrive le condizioni di occupazione, apartheid e violazione dei diritti umani in Cisgiordania, mettendo in evidenza la continuità storica dell’oppressione dal 1948 a oggi.
Il Premio Paciolla è assegnato a “Adas Falasteen”, di Hamdi Khalil Elhusseini e Samar Taher Lulu, che racconta come, allo scoppio della guerra, una cucina comunitaria palestinese trasformi la necessità quotidiana in un atto di resistenza. Da mille a oltre trentamila pasti al giorno, il luogo chiamato Takkaya si fa spazio di solidarietà, protezione e cura, riaffermando l’umanità collettiva nonostante la devastazione
La ,enzione Arrigoni Mer Khamis è attribuita a “Shot the Voice of Freedom” di Zainab Entezar, girato spesso di nascosto con un iPhone. Il film mette in scena le vicende di due sorelle che sfidano le restrizioni imposte dai Taliban, esponendo la regista a rischi personali altissimi pur di denunciare l’oppressione che soffoca l’Afghanistan.
Il Premio FICC Human Rights Short va al turco “Eksi Bir” di Ömer Ferhat Özmen, che condensa in pochi minuti la frattura interiore di un uomo convinto della propria posizione dominante, improvvisamente attraversato dal dubbio. Tra profumi di spezie e identità che si sfiorano, il film apre uno spiraglio di ottimismo sulla possibilità di nuove convivenze.
Il Premio FICC Human Rights Doc è assegnato a “Oltre la Pelle” di Alessandra Usai, che affronta l’orrore della violenza sul corpo delle donne restituendone l’impatto emotivo senza cedere alla retorica.
Per la sezione Human Rights Youth, il Premio va a “Rise Up” di Caterina Salvadori, che affronta il tema del pregiudizio razziale dal punto di vista di chi lo subisce, evidenziando la paura interiorizzata di non essere pienamente riconosciuti nella società.
Nella sezione Human Rights Shorts, la menzione speciale della Giuria è attribuita a “Hatch” di Alireza Kazemipour e Panta Mosleh, che racconta i tentativi drammatici di superare il confine serbo e le tracce fisiche e psicologiche lasciate sulle persone costrette a migrare. Il film ricorda che oltre le procedure amministrative esistono individui privati dei diritti essenziali.
Il vincitore della sezione è “Choice” di Marko Crnogorski, che affronta il tema del diritto all’aborto con intensità visiva e rigore narrativo, superando il contesto macedone per toccare una dimensione universale. La protagonista attraversa ostacoli istituzionali che mostrano come un diritto che dovrebbe essere acquisito sia ancora oggetto di contestazione.
Per la sezione Human Rights Doc, la Menzione Speciale della Giuria va a “L’angelo di Buenos Aires” di Enrico Blatti, che restituisce alla memoria collettiva la figura di Filippo Di Benedetto e le sue battaglie tra Italia e Argentina, riannodando mezzo secolo di storia attraverso testimonianze che illuminano un percorso di resistenza e solidarietà internazionale.
Il vincitore della sezione è “My Sextortion Diary” di Patricia Franquesa, che racconta in prima persona la vicenda di una grave estorsione sessuale. Con uno stile contemporaneo e un linguaggio diretto, il film smonta le fragilità burocratiche che circondano un reato in crescita, trasformando un’esperienza individuale in un dispositivo di denuncia lucida e necessaria.
Da diciassette anni il Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli è un punto di riferimento per il cinema civile e per la promozione dei diritti umani in Italia. Promosso dall’Associazione Cinema e Diritti, con il contributo di Regione Campania, Film Commission Regione Campania, Comune di Napoli, Università L’Orientale, e il patrocinio della Confederazione Elvetica e dell’Ambasciata di Svizzera in Italia, il Festival aderisce allo Human Rights Film Network patrocinato da Amnesty International ed è sostenuto da Banca Etica, Un Ponte Per, FICC, Expoitaly. 
Per saperne di più
https://www.cinenapolidiritti.it/web/

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