Domani, alle 17, all’Istituto italiano per gli studi filosofici (Palazzo Serra di Cassano, via Monte di Dio 14, Napoli) sarà presentato il volume, “Neapolis 2500, Napoli e il Grand Tour”, a cura di Antonio Filippetti che ne parlerà con Fiorella Franchini, Carmine Aymone, Ilia Tufano, Adriana Carli. Edvige Cacciano. Di seguito, proponiamo uno stralcio della sua prefazione (Istituto culturale del Mezzogiorno).
Mia Cara Napoli e il Grand Tour
Sulle origini di Partenope s’intrecciano da sempre miti e leggende: miti e leggende che talvolta risultano perfino più credibili delle stesse testimonianze storiche. La storica ci dice la nostra metropoli fu fondata da navigatori provenienti dall’isola di Rodi che crearono una colonia commerciale sull’isolotto di Megaride (dove sorge attualmente il Castel dell’Ovo) e sulle propaggini di quella che è oggi la collinetta di Pizzofalcone. All’antica presenza rodia in Campania risale anche il culto della sirena Partenope, propria dei naviganti rodii.
Ma qui la leggenda prende per così dire il sopravvento nel senso che altre versioni più pregnanti resistono nella memoria collettiva e sono ritenute, almeno dal punto di vista sentimentale, più solvibili. Una di queste ci racconta che la bellissima sirena dagli occhi azzurri come il mare, si era innamorata, senza esserne contraccambiata, dal dio Vesuvio mentre un’altra versione fa il nome di Ulisse. Fatto sta che questa delusione fu ragione sufficiente perché Partenope si desse la morte.
Ed è un epilogo davvero drammatico: la sirena non potendo vivere fuori dall’acqua, si diresse trascinandosi fuori dal mare, verso il monte Echia e qui andò a porre fine alla propria sventurata esistenza, proprio sotto la collina di Pizzofalcone. Sempre la leggenda narra che gli dei dell’Olimpo, inteneriti e impietositi dal gesto della sirena, decisero che quel luogo sarebbe stato d’allora in poi un posto perennemente sereno, baciato dal clima e dal sole e mai più teatro di storie tragiche e dolorose e dove gli abitanti avrebbero vissuto una vita ricca e felice. Anche per questo probabilmente lo stesso Virgilio definisce Partenope come il luogo della felicità.
Al di là di storie e leggende resta inconfutabile il fascino che la città di Partenope ha esercitato nel corso del tempo. Ed è senz’altro rimarchevole quel nucleo letterario che ha dato origine ad una vera e propria letteratura che va sotto il nome di Grand Tour che potremmo definire come l’omaggio che i più grandi scrittori del Sette e Ottocento hanno dedicato a Napoli.
Il viaggio culturale, il “grand tour” in Italia, è infatti una consuetudine ricorrente nel costume intellettuale dei secoli scorsi, tanto è vero che alla tentazione dell’avventura “oltralpe” non hanno saputo sottrarsi personaggi eminenti delle lettere, dell’arte, della musica. L’elenco, a stilarlo tutto, sarebbe lunghissimo. Una malìa irrefrenabile ha dunque accomunato nel tempo grandi spiriti, da Goethe a Dickens, da Gogol a Stendhal, da Mozart a Flaubert, da Maupassant a Melville e via via fino ai vari Byron, Andersen, Dumas, James, ecc.
Su Napoli e la Campania, poi, si è scritto davvero tanto, forse perfino troppo. I giudizi, gli studi, le opere intere che nel corso del tempo si sono accumulati sulla città e la regione possono costituire certamente, per vastità d’impegno e autorevolezza di firma, un’intera affascinante biblioteca da cui attingere ed a cui ispirarsi per il tempo a venire.
In copertina, una veduta di Napoli, fonte Pexel







