Il fanciullo divino (ovvero puer aeternus) vive nel mito e lo abita con tutta l’innocenza della sua creativit . Lo mostra al senex-uomo vecchio che è la sua ombra e riesce a farlo innamorare di quello scenario. Insieme costruiscono un’alleanza che danza nell’Arte, Musa fiorente e sfrontata nei confronti del tempo, arcigno e assassino.
LA CHAPELLE DU MINOTAURE
Quel fanciullo si chiama Tony Stefanucci e con il suo alter ego, che ha compiuto ottant’anni il primo maggio, ha stretto un accordo indissolubile, fondato sulla tecnologia intinta nel mouse e nel photoshop, incoronando sovrana l’immagine, in nome di un principio incancellabile la forma è il contenuto. E tutti e due propongono la loro sfacciata complicit  dal 4 maggio (con festa di compleanno dalle 17 alle 19.30, tra torta e bollicine) fino al primo giugno al Museo archeologico nazionale di Napoli nella mostra “O Mythos” dove Vesuvius accompagna i visitatori nella Chapelle du Minotaure nel corridoio della struttura museale 12 fotografie elaborate a computer raccontano l’eruzione vista da Plinio il giovane (che annientò Ercolano, Pompei e Stabia nel 79 d.C.) e dal suo fotoreporter/accompagnatore/falsario, ci proprio l’artista, prima che si entri nella “cappella” dalle pareti adornate con undici elaborazioni mitologiche in digitale. Al centro del tempio real/immaginario, il busto in cartapesta di Tony, forgiato dalla moglie e compagna artistica da oltre mezzo secolo, la scultrice Rosa Panaro per celebrare l’anniversario. Sul viso dell’opera, i suoi occhi azzurri accentuati dalla montatura degli occhiali in tinta, traccia stampata dallo stesso Stefanucci grazie al pc.
QUELLA COLONNA DI LAPILLI
Prestigiatore pirotecnico, il Vulcano lancia la propria colonna di fuoco e lapilli in una sequenza incalzante, dando l’impressione a chi guarda di poter essere bersagliato in ogni istante da quelle lingue di fuoco un’antichissima Torre Eiffel illuminata nella notte dall’effetto natura. Mentre, timida, si affaccia nel cielo la luna e dal torrente fiammeggiante appare il volto del reporter/falsario finch Vesuvio e Monte Somma non si accendono di sole e di morte materializzata da un teschio/gigante, nella luce del giorno. E a quel punto è meglio rifugiarsi nella Chapelle dove colori sgargianti si confrontano con la narrazione mitologica. Per met  umano, il mostro è frutto di una vendetta maturata da Poseidone. Il dio del mare ha regalato a Minosse un toro perch lo sacrifichi in suo onore. Ma il re di Creta, vista la bellezza dell’animale, lo conserva tra le sue mandrie e ne immola un altro, suscitando l’ira di Poseidone che fa innamorare della bestia Pasifae, moglie di Minosse, re di Creta. Colpita dalla maledizione, la donna riesce a consumare l’indomabile passione celandosi in una vacca di legno fabbricata per lei dall’architetto di corte, Dedalo. Dall’unione nasce il Minotauro, che si ciba di ragazze e ragazzi nel labirinto di Cnosso, finch Teseo, una delle vittime destinate a lui, non lo trafigge con la spada.
FINALE A SORPRESA
Per tracciare l’essere mostruoso, Stefanucci prende in prestito da Picasso la testa taurina realizzata con sellino e manubrio di bicicletta (nel 1942), “donandole” qualcosa di s, lo sguardo. E gioca con oggetti del desiderio d’autore, suoi disegni erotici ma anche l’effigie della beata Ludovica Albertoni scolpita da Bernini, conducendo lo spettatore verso il finale a sorpresa morte/resurrezione del Minotauro che si sovrappone al suo omicida Teseo. E dedica finale con versi di Garcia Lorca in spagnolo Cuando yo me muera/enterradme con mi guitarra/bajo la arena./Cuando yo me muera,
entre los naranjos/y la hierbabuena./Cuando yo me muera,/enterradme, si queris,
en una veleta./Cuando yo me muera! (Quando morirò,/seppellitemi con la mia chitarra/sotto l’arena.
Quando morirò,/tra gli aranci/e la menta./Quando morirò,/se volete, seppellitemi/in una banderuola./Quando morirò!).
Mattatore della scena artistica che percorre da oltre sessant’anni, attraversandola con disinvoltura da pittore, scenografo, regista, Stefanucci confeziona una metafora del dolore che profuma di vita.

La mostra “O Mythos" di Tony Stefanucci s’inaugura luned 4 maggio l’artista spegne ottanta candeline al Museo archeologico nazionale (Piazza Museo, 19 Napoli
081 442 2149 e festeggia con la citt  dalle 17 alle 19.30. L’esposizione sar  visibile fino al primo giugno 2015, accompagnata da un catalogo con testi di Massimo Bignardi, Marco De Gemmis, Clorinda Irace e uno scritto degli anni ’60 di Luca (Luigi Castellano)

Coordinamento tecnico-scientifico Marco De Gemmis
Comunicazione istituzionale Lucia Emilio
Attivit  redazionali e ricerche Michele Iacobelli
Assistenza all’allestimento Antonio Aletto
Segreteria Adriana Alifuoco, Antonietta Parente, Maria Vozzella

Ufficio Stampa e P.R. Ornella Falco, Vittorio Melini

Organizzazione Ass. Culturale Tempo libero’
Linda Irace Alexandra Abbate

Allestimento Tecnoscena’ di Antonio             6                 è« «    oè  á«sptBLlibrineBlinkBBd dBd d«BpGBB«7Be«BEBBèMODEBHlèNOèBB» OJBe
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Assistenti all’allestimento Francesca Paola Milione, Francesca Paciello, Eliana Staiano
Fotografo Nando Calabrese
Film-maker Antonio Farina
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L’ARTISTA
Tony Stefanucci, presente sin dagli anni cinquanta sulla scena artistica napoletana, ha ricoperto il ruolo di docente di scenografia all’Accademia di Belle Arti e, tra le sue tante attivit , va ricordata l’ideazione del parco dei divertimenti Edenlandia. stato direttore degli allestimenti scenici, scenografo e costumista del teatro Mercadante e poi del San Carlo negli anni settanta. Ha partecipato a numerosi spettacoli (Macbeth, Annella di Portacapuana, Don Giovanni), tutti improntati sull’innovazione scenica e contenutistica.

Nelle foto di Nando Calabrese, due sequenze dell’eruzione del Vesuvio vista da Stefanucci, un frammento della "Chapelle" e il ritratto dell’artista realizzato dalla moglie, la scultrice Rosa Panaro, come regalo di compleanno

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