Homo Scrivens/ Giovanni Attademo racconta l’ultimo calderaio. Quel lavoro di un tempo, fatto di fatica vera

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Il recupero della memoria, il mestiere che ha caratterizzato un ceppo familiare, le mille migrazioni di necessità lunghe almeno due secoli, fatti, circostanze e luoghi. Comunità di donne e di uomini che ruotano attorno ad un rispettabile quanto amabile nucleo sociale, gli Attademo.
Sono questi i maggiori ingredienti del secondo libro di Giovanni Attademo, dal titolo: Kalderash. L’ultimo calderaio. Storie e avvenimenti di due secoli tra Calabria e Campania – edito da Homo Scrivens – pagg. 182 – euro 15,00 (in distribuzione dal 25 aprile 2025).
Un libro che fa respirare un tempo passato avvolto negli affetti familiari, negli antichi mestieri e in quel “troppo” lavoro manuale d’un tempo, fatto di fatica vera. Non è un quadro argomentativo che produce tristezza e privazioni, anzi, pur nella durezza di vita di qualche secolo fa accompagna in una grande spinta emotiva capace di trattenere il lettore in ogni passaggio di scrittura.
La ricostruzione certosina, come l’autore è stato abituato a istruire anche nella professione pubblica, dell’albero genealogico della famiglia Attademo, regala piccole oasi di meraviglia.
Una famiglia d’amore, con le sue perdite, con la sua dignità, con il proprio fare comunità. Non era facile ricostruire, argomentare ed esternare al mondo un passato lungo, impegnativo e foriero di carica positiva.
La freschezza del libro risiede innanzitutto nella perfetta connessione tra luoghi e persone, tra famiglia e fatica, tra donne e uomini. Non si nota una sola stonatura nel racconto che porta alla luce affetti, credenze, mestieri, percorsi di vita.
Certo, analizzando le storie di questa famiglia allargata emerge la durezza del tempo che fu, costellato da perdite, difficoltà, mancanze. Ma tutto analizzato con il rispetto delle persone, dei territori e del vicinato. Insomma, il racconto di una comunità familiare avvolto in un contesto storico dalla patina gentile.
Uno dei punti più significativi riguarda il racconto sul brigantaggio. Sì, la rivolta contadina nei confronti dei latifondisti e piccoli proprietari terrieri, dediti a mantenere in uno stato di quasi schiavitù i cosiddetti lavoratori della terra. Ebbene, anche qui un esponente degli “Attademo”, Giovanni, ebbe un ruolo di rilievo nella organizzazione della rivolta, facendo breccia tra contadini, braccianti e mezzadri. Una buona pratica di emancipazione si direbbe con un linguaggio moderno.
E poi i kalderash”, i calderai che ispirano il titolo di questo secondo lavoro editoriale. Il capostipite, se così si può dire, è stato Luigi che, per una serie di circostanze fortuite, tra cui un innamoramento, si imbatté in questo mestiere. Sveglio e intelligente imparò presto l’arte dei ramai e dei calderai, divenendone protagonista.
Il libro non si ferma mai, scorre in maniera piacevole e accattivante, muovendosi in più direzioni narranti. Attraversa l’eruzione del 1906, le due guerre, l’epidemia (“la spagnola”), il fascismo, la liberazione. Per poi finire con i profili personali di ognuno degli Attademo “raccontati”, con i relativi innesti familiari, mestieri e personalità di ogni donna e uomo interpreti del racconto.
Un lavoro di ricerca e di elaborazione con metodo pressoché scientifico, quello di Giovanni Attademo, uno spaccato dell’autore che non si ferma a raccontare “sé stesso”, ma ne fa una operazione di cuore, di sostanza e di sostegno ad un intero periodo. Lo fa nella natura e rispetto della sua essenza, in punta di piedi e con garbo argomentativo, mai specioso. Come solo un uomo veramente di cuore può farlo, e come ancora una volta dimostra di essere anche in scrittura.
In sintesi, l’entroterra, un luogo periferico di città metropolitana, la pesantezza di un’epoca storica, una famiglia d’amore. Questo il largo concentrato portato in chiaro dall’autore, senza lasciare ombre di alcun tipo. Linguaggio che “parla” e arriva. Per questo meritevole di essere parte arricchente di una biblioteca.
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