La scena si apre con un ragazzo davanti a un microfono che sembra non trovare le parole. Lo sguardo volge altrove, al ponte della Sanit  e a 13 anni prima, quando una bottiglia poteva rendere un vicolo il Maracan . Tredici anni di vita raccontati da Adele, Silvana, Fabio ed Enzo guidati da Agostino Ferrente e Giovanni Piperno, che dopo il documentario “Intervista a mia madre” realizzato per la RAI, tornano sulla strada de “Le cose belle” per chiudere il cerchio, presentato al cinema Modernissimo di Napoli.
Fabio ha perso il fratello, è senza lavoro e vive ancora a casa con la madre. Destino inverso per Enzo, ormai lontano dai tempi della “posteggia” e dal sogno di partecipare a “bravo bravissimo”, costretto in una vita da piazzista a Teledue. Silvana nutre il rapporto conflittuale con la madre convivendo con un fratello diverso, in una citt  che non perdona chi cerca il proprio destino, e Adele – ormai adulta – con il solo ricordo di una vita sognata da ballerina tradotta in qualche notte nei night napoletani. Da queste premesse prende il largo uno dei progetti più ambiziosi e puliti che Napoli ha avuto l’onore e l’onere di nutrire, trasformando la vita di quattro ragazzi apparentemente disperati, in una declinazione di speranza.

«Tante cose belle racconta la voce fuori campo del film – va pronunciato in italiano, non in dialetto perch le cose belle portano lontano e la bellezza deve essere capita da tutti».
Ogni regola però ha la sua dovuta eccezione, e questo film documentario punta a diventarne l’esempio più potente non è necessario parlare di riprese schiettamente documentaristiche, non è compito del regista presentare una realt  edulcorata. Le cose belle che questo film vuole raccontare, non sono le vite apparentemente prive di appeal cinematografico dei quattro protagonisti, ma della magia della collaborazione e della grazia del potersi raccontare. Fabio, oggi padre è riuscito a vedersi e a uscire da una depressione apparentemente imbattibile, Adele ha lasciato Napoli e legami distruttivi riuscendo a ricostruirsi altrove, come Silvana.
Ma la vera potenza del film è affidata a Enzo, e all’ultimo momento di bellezza del documentario una voce troppo a lungo silenziosa torna improvvisamente con coraggio a farsi sentire, in napoletano. Perch questa di cosa bella, vuole provare a essere vicina e comprensibile a chi in quel dialetto – che non ha futuro neanche nella sua grammatica – non vede speranza. Un film coraggioso, crudo senza essere crudele, che restituisce dignit  non soltanto ai protagonisti, ma anche e soprattutto agli spettatori.
«Questo è un film racconta Antonella Di Nocera, responsabile dell’organizzazione che è nelle sale senza alcuna pubblicit , ma solo grazie alla fitta rete del passaparola e di chi crede in progetti come questo». Resister  solo in citt  che presteranno ascolto con attenzione e senza pregiudizi. La cosa più bella potrebbe essere proprio questa.

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Per saperne di più
ww.lecosebelle.eu
www.facebook.com/events/769469066426380/?fref=ts

In foto, la locandina del film

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