Mariacarla Rubinacci in “Napoli 3.0 sguardi sulla citt ” edito da Biblioteca dei Leoni pp.63 euro 10 descrive tre giovani donne Assuntina, Anya e Sharin che vivono in citt . Come Giotto, Simone Martini e loro contemporanei, Mariacarla dipinge su suggestivi affreschi la vita delle tre protagoniste a Napoli. Le parole sono pennellate di fiamminghi del’600 o di pittori naif densi di minuziosi particolari nel descrivere personaggi, emozioni, sogni, oggetti, luoghi.
La vera protagonista è Napoli con la sua antica cultura artistica e di accoglienza di ogni etnia, monumenti, mare, vicoli, mercatini, botteghe, capacit  di attirare e sedurre ogni turista.
“Vedi Napoli e poi muori”, antico detto, ha diversi significati come tante parole partenopee. Per i detrattori, insensibili all’arte o coloro che definiscono i meridionali “terroni”, termine dispregiativo, che in realt  era usato dai siciliani per indicare chi abitava sulla terra ferma ossia sul continente, chi veniva a Napoli moriva per il colera, eruzione, epidemie, miseria.

Mark Twain, giornalista americano dotato di umorismo e sottile ironia, giunto in citt  nel 1868
«vedere Napoli come noi la vedemmo nella prima alba dal Vesuvio, significa vedere un quadro di straordinaria bellezza. Bene, non ritengo che si debba necessariamente morire dopo aver visto questa citt , ma forse a tentare di viverci il risultato può essere diverso ».
Per la Rubinacci, «vedere Napoli e poi torni ». Anya saluta Napoli appoggiata al balconcino della sua cabina sul transatlantico «Sulle labbra le tremula una parola …ritornerò…».«Vista dal mare, la citt  le appare come un libro illustrato per bambini».
«Anya è irlandese dai lunghi capelli ramati che le incorniciano il viso e l’incarnato candido come la porcellana. Gli occhi grandi richiamano il colore del cielo terso d’Irlanda». Studia architettura e vuole visitare Napoli, «citt  misteriosa e affascinante». Una sola giornata in citt . Con Roberta, gira per i quartieri e sui tre decumani spinta dal fremito di vedere nelle chiese il barocco napoletano e una delle 200 chiese abbandonate. In San Lorenzo, ricordando l’incontro tra Boccaccio e Maria d’Aquino, scopre che a Napoli è facile amare ed essere amati. Fantastica. Immagina di essere Fiammetta e di essere baciata dietro una colonna, in un furtivo incontro tanto atteso sognato desiderato, da Giovanni mentre le sussurra «Cara Fiamma, per cui l core ò caldo».
Anche Assuntina, appena diciassettenne, figlia di un pescivendolo, sposa di Peppino cameriere in un bar del quartiere, sogna di diventare mamma a giorni in un basso privo di aria mai baciato da una vrenzòla e sole immerso nel perenne olezzo. I bassi, antiche stalle o depositi, raccontano la storia della citt , fanno parte del folklore che, come i mercatini rionali con le bancarelle colorate di frutta verdure pesci, attirano l’attenzione dei turisti e diventano oggetti ricordo in foto.
Il basso, in cui nella prima stanza si vive, si mangia, si lavora, e in una altra si dorme genitori e figli insieme, fa diventare adulti gi  nella pubert . Le femminucce si atteggiano donne e i maschietti emulano gli adulti violenti. La strada è la loro scuola e il palco per esibirsi. Sherin, alta bella pelle ambrata e capelli corvini, fuggita con il marito Roshan dalla guerra civile dallo Sri Lanka, isola detta la lacrima dell’India per la sua forma, ha trovato casa e lavoro nel rione Sanit .

«Il vicolo è la loro casa, la citt  è la nuova patria». I napoletani li hanno accolti come figli. Al battesimo della piccola Shenaly, la gente del vicolo è ospite nella loro casa. «Il vicolo protegge e condivide con semplicit  l’arrivo di una nuova vita». Sulla tavola pietanze e dolci della loro isola con sfogliatelle donate dagli ospiti. «Un semplice esempio di integrazione». Nelle tre storie, Mariacarla, milanese di origine, dotata di cultura napoletana, scrive l’ode a Partenope con riflessioni sul sociale in un linguaggio sobrio poetico.

Nelle foto, Mariacarla Rubinacci e la copertina del suo nuovo libro

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