Le disobbedienti/ Alison Goodman racconta “Il circolo delle dame ribelli”. Gussie e Julia, due donne dell’Ottocento che sfidano regole e pregiudizi

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«Questo libro è dedicato a tutte le donne del mondo che non hanno più né la pazienza né il desiderio di tollerare stupidaggini» con un esergo di tale tenore leggere il seguito è un imperativo e il romanzo scritto da Alison Goodman, “Il circolo delle dame ribelli” da poco pubblicato da Astoria, mantiene la promessa.
Due sorelle gemelle sfidano le regole sociali dell’epoca Regency (1811-1820) in una Londra che riporta alla mente i personaggi di Jane Austen e Georgette Heyer: una vera delizia! Lady Augusta Colebrook, Gussie, e la sorella Julia hanno passato, da un pezzo, l’età da marito ritrovandosi nella detestabile posizione di zitelle: «Né mogli, né madri o nonne. L’unico nostro scopo inadempiuto. Possiamo essere messe da parte».
Ma a farsi da parte Gussie non ci pensa proprio, economicamente indipendente e dotata di avventurose inclinazioni trascina la più tranquilla e mite sorella in situazioni che richiedono coraggio, sangue freddo e audacia: «Volevo ancora essere di più di quello che il mondo mi concedeva di essere: solo una zitella appassita».  
Ma oltre lo zitellaggio Lady Augusta deve affrontare altri ostacoli, la sua vivacità intellettuale e intelligenza sono biasimate, quali atteggiamenti poco femminili, da uomini come il fratello: «Del fatto che ho sopportato così a lungo la tua presunzione; la tua ridicola convinzione, instillata da nostro padre, che le tue opinioni valgano quanto quelle di un uomo. Nessuno vuole starti a sentire, Augusta. Nessuno vuole vedere una vecchia zitella mettersi in mostra…è uno spettacolo imbarazzante. […] Controlla il tuo comportamento, Augusta, o sarò costretto a controllarlo io per te. E non illuderti; lo farò, se sarò costretto».
Il recupero della salma, in un sordido bordello, del padre cui si fa riferimento è il motivo dello scandalo che ha rischiato di travolgere Augusta, una tragedia scongiurata grazie all’intercessione di un’amica a cui non può rifiutare di prestare soccorso.
Le circostanze in cui tale soccorso si svolge determinano un flusso di coscienza che porta la protagonista a interrogarsi sulla solidità della sua fede, la profondità del legame con la sorella, la malattia, l’insofferenza ai vincoli posti all’agire di una donna e la ricerca dello scopo che vuole perseguire nella vita: aiutare le persone in difficoltà, persone che risultano essere, nella maggior parte dei casi, donne.
«Le donne sono il ricettacolo della pietà cristiana. Le custodi della moralità. Quando una donna manca di religiosità, tradisce l’essenza della sua femminilità, sentenziò Duffy», è l’opinione del fratello che ad Augusta sta decisamente stretta, soprattutto, dopo aver scorto una insuperabile incoerenza nel rapporto con dio: «Stando alle leggi inglesi – anzi, alle leggi di Dio- la moglie è un bene del marito e, come tale, il marito può fare della moglie ciò che vuole fino al punto di ucciderla. C’era da meravigliarsi che non riuscissi a riconciliare questo Dio con la legge morale dentro di me? O, per meglio dire, con la mia consapevolezza di esistere come essere umano nel suo pieno diritto, e di non essere solo una semplice appendice di un padre, un fratello o un marito?».
Un dubbio che ritorna tra le pagine perché vede la protagonista interrogarsi sui motivi che l’hanno condotta a una visione atea del mondo: «Gli uomini importunano le donne senza pensarci due volte: un altro diritto maschile in un mondo di diritti maschili. I più avrebbero detto che si tratta di diritti divini, ma ora che Dio non era la mia inevitabile risposta capii che avevo molte altre domande».
L’autrice tratteggia due figure femminili dotate di sferzante umorismo e spirito di intraprendenza che mal si concilia con il modello di riferimento dell’epoca: «Di fatto, molti uomini di nostra conoscenza non ritenevano le donne capaci di possedere alcun senso dell’umorismo, o se la signora in questione faceva mostra di qualcosa di simile, allora la classificavano come caratteristica strana e poco femminile».
Gussie e Julia sono ultra quarantenni, aristocratiche e autonome con una forte tendenza democratica al riconoscimento dei diritti umani. Donne piene di brio che, grazie alla felice penna dell’autrice, ci regalano pagine frizzanti di quella leggerezza capace di affrontare temi profondi senza risultare pedante.
Avventura, amore, legami familiari e amicali, giustizia sociale, progressi medici sono mescolati a temi come il crimine perpetrato fino a un recente passato: l’internamento delle donne disobbedienti, quelle appunto ribelli.
La minaccia che il fratello rivolge ad Augusta allude a questo: ridurre al silenzio imprigionando in manicomio fino alla morte. La realtà descritta da Goodman non è frutto della fantasia, come non lo è il racconto dell’intervento chirurgico di mastectomia, in entrambi i casi vi è un lavoro di ricerca condotto con l’esame di documenti che descrivono fatti realmente avvenuti.
Una lettura gradevolissima che, provvista di un finale aperto, ci si auspica possa avere un seguito: lady Augusta è un personaggio a cui ci si affeziona dopo poche righe…provare per credere.
IL LIBRO
Alison Goodman
Il circolo delle dame ribelli
Astoria
Pagine 424
euro 20

L’AUTRICE
Alison Goodman è autrice di otto romanzi. Da sempre appassionata di epoca Regency, con Il circolo delle dame ribelli ha finalmente potuto mettere a frutto tutte le sue approfondite conoscenze in materia. Vive a Melbourne.

Sul tema delle donne disobbedienti ridotte al silenzio tramite l’internamento:

e sulle zitelle:

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