Quattro anime spuntano dalle macerie dell’ennesima catastrofe; nulla è rimasto in piedi, tantomeno le certezze che regolavano il mondo che tutti conoscevamo. Cosa accade allora a chi prova ad abitare il vuoto lasciato da questa apocalisse? Come si può trovare pur solo un germe di felicit  intorno attorno alle macerie di una civilt  che forse non è mai esistita e che forse un giorno, liberati dal bisogno di certezza e con la collaborazione tra tutti gli uomini, si potr  edificare?

Questo è lo scenario su cui si muove “Studio perimetrale intorno all’incertezza”, ultima creatura di Massimo Maraviglia, presentato da Cantieristupore, gioved 7 aprile (ma in cartello fino a domenica 17) in prima nazionale assoluta, al Teatro Elicantropo, in vico Gerolomini 3, Napoli. Un viaggio in un mondo paradossale, in cui tutto è crollato e non c’è più alcuna certezza a reggere le nostre illusioni. Allora cosa fare, nel vuoto che ci circonda? L’abbiamo chiesto allo stesso regista in un’intervista che, a tratti, ha avuto l’aspetto di una piacevole lezione filosofica.

Come nasce “Studio perimetrale intorno all’incertezza”?
“Allora, l’incertezza è il tema dominante di questo allestimento. Incertezza che non consideriamo un disvalore, ma un valore. Il ragionamento che ci ha guidato in questo lavoro è che normalmente la gran parte delle difficolt  umane e dell’infelicit , parte probabilmente proprio da questa ricerca quasi estenuata di certezza, di sicurezza. Ora, siccome non è nella natura delle cose acquisire una reale certezza, allora l’infelicit  nasce proprio da questa ricerca che non può avere un esito positivo. Allora proviamo a ribaltare, proviamo ad immaginare l’incertezza come un valore, prendiamo atto del fatto che nulla può salvarci, in un certo senso. Perch probabilmente è proprio nell’incertezza, nel disarmo, che si può trovare un germe di felicit . Quando non vuoi controllare e abbracci le cose della vita, allora cominci a percepire una possibilit  di felicit  che nasce proprio dal fatto che tu non senti più il bisogno di doverti salvare. Questa è un po’ l’idea chiave. Per quanto riguarda invece il plot dell’allestimento, è in realt  molto semplice. Diciamo che sono quattro anime sopravvissute a loro stesse, che escono fuori da un’infinita pletora di catastrofi in cui si presume sia accaduto tutto quello che era possibile accadere. Allora la domanda è cosa accade quanto tutto è ormai accaduto, quando non c’è più possibilit  di guadagnarsi alcuna certezza? Accade che puoi abitare il vuoto. E cosa trovi nel vuoto? E allora l’idea chiave di questo lavoro è proprio quella di abitare, di attraversare questo vuoto all’interno del quale si perde completamente il senso della finalizzazione delle cose ed acquisisci un’adesione alla vita per quello che è nella sua immediatezza. La certezza come valore, poi, è legata ad un altro tipo di problema, quello del potere. Ci la ricerca di certezza crea un sistema ricattatorio nelle relazioni tra gli uomini tra chi chiede certezza e chi dice di averne. In definitiva il bisogno di certezza è correlato ad uno strumento di potere che si traduce nella somministrazione di paura. In particolare stiamo vivendo in un periodo in cui tutto quello che c’è venduto è un antidoto contro la paura.”

“Merci”, come rimedi alla paura? Quali merci?
“Il lifting, quando abbiamo paura di invecchiare, gli antifurti, quando abbiamo paura dei ladri, le medicine, quando abbiamo paura delle malattie, gli insetticidi, quando abbiamo paura degli insetti, le guardie del corpo, quando abbiamo paura che qualcuno ci faccia male. La gran parte delle cose che ci vendono servono a garantirci qualche tipo di sicurezza e quindi incrementano la paura per vendere di più. Ci si somministrano antidoti contro la paura dell’incertezza. Ora, dal momento in cui tu non hai più paura dell’incertezza, ma la accetti come dato ontologico, insito nella natura stessa delle cose, allora acquisisci un altro modo di affrontare le cose. Un modo più naturale, senza più protesi devo morire? Muoio. E non vuol dire rinunciare, non è rinuncia, non vuol dire rassegnazione, vuol dire io ci sono e faccio tutto quello che è nelle mie possibilit  fare, alle condizioni date, nella piena consapevolezza che tutto quello che faccio potrebbe anche non raggiungere alcun obiettivo.”

una sorta di sfida al moderno modo di vedere la vita quindi?
“Assolutamente s. Anche perch abbiamo perso troppe cose, abbiamo perso il tempo delle cose, abbiamo venduto tutto. Tutta la lunga pletora di catastrofi cui oggi siamo soggetti nasce proprio da questo, da questo bisogno di certezza che non può essere soddisfatto, dai ricatti che vengono costruiti su questi bisogni, dal voler tutto ridurre a merce, acqua compresa. In un certo senso questa è una struttura di un tempo in cui non c’è più tragedia, nel senso che abbiamo perso il senso del tragico.come se fossimo anestetizzati, non siamo più capaci di piangere, di commuoverci, non abbiamo più il tempo. E tutto ciò è di una gravit  estrema, perch è un po’ su tutto questo             6                 è« «    oè  á«sptBLlibrineBlinkBBd dBd d«BpGBB«7Be«BEBBèMODEBHlèNOèBB» OJBe
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Non c’è modo, quindi, per fuggire dall’incertezza?
“Ma non si deve assolutamente fuggire dall’incertezza. Finch continuerai a fuggire sarai per sempre uno schiavo infelice. L’incertezza la devi prendere come nota indispensabile dell’esistenza. Non c’è altra possibilit  che abitare l’incertezza, che significa abitare la possibilit , non rassegnarsi, ma disarmarsi, porre fine ad ogni conflittualit  ed iniziare la cooperativit  tra te e gli altri, tra te e la vita, tra te e la sfera stessa del metafisico, se vogliamo.”

Ma allora, tecnicamente ed alla luce di tutto questo, in cosa consiste il “teatro dell’incertezza”?
“Allora, non esiste un modo per codificarlo. Consiste nel lavorare in una condizione di indefinizione e, da un altro punto di vista, consiste nell’evadere dal sistema secondo il quale, quando si va a teatro, si viene messi in condizione di dire questo mi piace, questo non mi piace. un teatro che non ti mette in condizione di fare queste operazioni, che invece di solito fai e che manda i sistemi cognitivi, diciamo, in cortocircuito, aprendoti un varco per un altro modo di comprendere le cose. In questo momento è importante che il teatro si prenda delle responsabilit , che vada a scuotere la componente emozionale, cognitiva delle persone. Io credo che il teatro abbia una grande responsabilit  nei riguardi del sociale. Il teatro è forse l’unica modalit  comunicativa che è chiamata, in un certo senso, a contribuire a rigenerare il mondo. Sembra un po’ utopistica come cosa, ma io penso che il compito del teatro debba essere quello di ricostruire l’immaginario. E diciamo che questo allestimento ha un po’ questo obiettivo, quello di aiutare ad immaginare che le cose possano anche andare in un altro modo. un teatro in un certo senso molto politico, nella misura in cui propone una visione delle cose che, forse, non va molto per la maggiore in questo momento. L’incertezza poi è anche un terreno di ricerca per l’attore. Noi per mettere su quest’allestimento abbiamo fatto sei mesi di studio, dove l’idea chiave che ci ha guidato è stata quella di far lavorare gli attori in una situazione di incertezza appunto loro non hanno mai esattamente la cognizione di come per esempio gli oggetti saranno disposti in scena, lavorano con un margine di aleatoriet  molto alto e devono trovare all’interno di questo margine, attimo per attimo, la soluzione gestuale più appropriata al momento. E non si tratta di improvvisazione, attenzione, è una preparazione all’imprevisto, alla possibilit  che l’accidente, che in quel momento si crea in scena, può darti. Perch il pericolo, la crisi, è un’opportunit  ti trovi di fronte ad una situazione che non conosci, che ti chiede di trovare soluzioni che fino a quel momento non avevi considerato. Lo spazio scenico riflette esattamente quest’idea, si trasforma continuamente e la disposizione degli oggetti al suo interno è controllata fino a un certo punto … infatti ogni sera è un po’ un patema!”

possibile, in definitiva, in questo mondo di incertezza, la felicit ? Come si può raggiungere?
“Abbracciando l’infelicit . Entrando nella profonda convinzione che l’incertezza non è un disvalore, ma un valore, una grande opportunit , grazie alla quale tu smetti di cercare espedienti, strumenti per salvaguardarti, per salvarti. Che poi che vuol dire salvezza? Se ci pensi non vuol dire granchè. Se tu perdi la speranza della salvezza, resta la disperanza della salvezza, che è accettare le cose per come sono, accettare suggerimenti, ciò che accade, come se ci fossero dei venti che ti orientano in una direzione o in un’altra, conducendoti nel posto per te più appropriato. Quando tu hai accettato le cose come sono, hai ascoltato le voci del mondo e le accogli, questo ti porta nel posto più giusto per te, e probabilmente ti porta alla felicit .”

Abbandonare ogni certezza per abbandonare ogni sovrastruttura, abbracciare l’incertezza per apprezzarne le possibilit  ed accettare la casualit  e la causalit . Questi gli ingredienti di uno spettacolo che indaga tra le crepe di un mondo in rovina, che ipotizza un modo diverso di interpretare la realt , che vuole far riflettere sulla possibilit  di vivere senza lasciarsi comandare dalle paure, dalle necessit  e dalle illusioni di chi ci vende una panacea miracolosa per ogni situazione; uno spettacolo che, fossi in voi, non mi perderei.

In alto, la locandina. In basso, due momenti dello spettacolo

LA NOTIZIA – LA BAMBOLA SULLA SEDIA

Oggi, marted 12 aprile (ore 18) alla libreria Loffredo al Vomero, Napoli, si presenter  il romanzo di Mariacarla Rubinacci "La bambola sulla sedia" (Statale 11). Il libro, una delicata storia di amicizia fra donne, tocca lo scottante tema dell’anoressia.

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