Poesia/ “Il segreto dei cani” : Riccardo Stellini indaga il bisogno di autenticità

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“Il segreto dei cani” è la nuova silloge poetica di Riccardo Stellini, dopo la raccolta “Pensieri” (Abcbook99, 2020). L’autore non è solo un poeta ma è anche un attore e modello; questo aspetto crea un cortocircuito interessante tra la sua professione, in cui l’immagine esteriore e l’estetica in generale sono in primo piano, e la sua passione per la poesia che invece trae la sua linfa da ciò che non si vede, dalle nostre emozioni più profonde. L’apparenza e la sostanza, l’affermazione dell’ego e l’emersione dell’inconscio: le liriche di Stellini si spostano su questi due terreni antitetici mostrandoci le tante facce dell’essere umano.
Ne parla anche lo psicologo Matteo Sinatti, autore della prefazione all’opera: «Esiste un coraggio raro in chi sceglie di mostrarsi per intero. Non levigato, non perfetto, ma autentico. A volte spettinato, a volte vulnerabile, ma sempre vero. Non l’immagine curata e appetibile che il mondo si aspetta, ma ciò che si agita sotto la superficie, ciò che trema, brilla e quasi sempre si nasconde. Questo libro nasce da questo tipo di coraggio: da un modello che ha scelto di non fermarsi all’estetica del corpo e di spingersi oltre, sino a svelare l’estetica della sua anima».
Un altro argomento che emerge da questi versi intensi e taglienti è la crisi dell’umanità di fronte all’ossessione per l’artificio, per la tecnica, per le intelligenze artificiali che ci privano della nostra sostanza primordiale, delle nostre prerogative più umane.
Ne dà conto il filosofo Diego Fusaro nella presentazione all’opera: «È l’evo in cui l’automatismo irriflesso del fare tecnicizzato genera a propria immagine e somiglianza il più greve fatalismo, in forza del quale gli uomini stessi sono dispensati dalla fatica e dalla dignità del pensare e vengono ridotti ad appendici dell’Apparato tecno-scientifico».
Stellini contrappone il bisogno di autenticità a questo cancro che ci sta divorando lentamente; un’autenticità non solo legata al mostrarsi in ciò che si è davvero al di là delle apparenze, ma anche nel raccontare le parti più in ombra di noi – le nostre meschinità, le nostre paure: esporsi nella propria essenza per stabilire un contatto sincero con gli altri, che saranno spinti a riconoscersi in quelle fragilità e saranno quindi predisposti a instaurare un dialogo, a mantenere il contatto.
L’autore presenta quarantasette poesie che creano connessioni profonde, in cui si parla di solitudine, di amore ed erotismo, di nostalgia, di rimpianto e della bellezza del creato e delle parole, sì, di quelle poetiche: le più delicate e oneste, in quanto specchio dell’anima. (Alberto Mogni)
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