Nelle immagini, la copertina del libro e l’autore

Il circolo vizioso che ci ha imposto il sistema capitalistico, ovvero il movimento che parta dal consumo e arriva alla produzione (per poi riprendere daccapo), crea uno specifico rapporto spaziale tra il punto A, che rappresenta l’io, la casa, il luogo del consumo, e il punto B, ovvero il lavoro, la produzione, o meglio riproduzione di un oggetto, un bene o un servizio che permette al sistema capitalistico di muoversi senza incepparsi.
A e B e ancora A e ancora B (fino all’infinito), sono una catena di segmenti spaziali sempre uguali, sempre identici, in cui l’io non produce ed è assorto in uno stato di costante fretta che quasi gli vieta di rendersi conto dei dettagli, delle piccole cose, della relazione tra le diverse sezioni degli edifici e delle strade. Il miglior modo per vivere un territorio è attraversarlo non solo con i piedi, ma con lo sguardo e con l’udito.
Silvio Perrella in Petraio, edito da La Nave di Teseo, ci sprona a fare esattamente questo. Ma prima, facciamo un passo indietro. Il Petraio è un quartiere di Napoli, un quartiere verticale scolpito dal vento, un quartiere molto caro al nostro scrittore; ma il petraio da cui attinge Silvio Perrella è un luogo dell’Anti Purgatorio.
Questo passaggio è molto interessante; mentre nel Paradiso e nell’Inferno il tempo resta cristallizzato nella contemplazione di Dio o nella sofferenza della pena, nel Purgatorio il tempo scorre regolarmente, conservando l’ultimo legame con il mondo dei vivi. Quindi il Purgatorio, anzi, l’Anti Purgatorio, è il luogo dell’incontro, il luogo dove si cammina in attesa dell’espiazione dei propri peccati. Ed è questa dimensione dell’incontro la premessa per comprendere il messaggio di Silvio Perrella.
Petraio è una raccolta di prose poetiche, un'”utopia dello sguardo”, come la definisce l’autore che cammina per le strade come fosse Kublai Khan intento a cercare e capire i segreti della città.
Questa ricerca, questa dimensione dello sguardo, manifesta l’animo baudelariano di Silvio Perrella; la città diventa il luogo dove si incontrano cupole pachidermiche, finestre e balconi che sembrano dei volti, sculture e bassorilievi pronti a liberarsi dalle impalcature che le imprigionano. La fitta rete di corrispondenze ci mostrano un diverso modo di guardare la nostra circostanza, un modo diverso di vivere lo spazio della città demolendo quella catena di segmenti che alimenta il sistema capitalistico.
Questa vibrante sensibilità fa venire in mente il mito di Deucalione e Pirra, figli rispettivamente dei titani Prometeo ed Epimeteo che, risparmiati dal diluvio universale da Zeus, ripopolano la terra lanciando alle proprie spalle proprio delle pietre. Forse il petraio di cui parla Silvio Perrella è proprio questo, la volontà di ricostruire un’umanità devastata e martoriata dalla fase storica che stiamo vivendo, la fondazione di una nuova umanità più sensibile e attenta a ciò che la circonda.
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