La delimitazione di una zona franca, di un ambito sciolto dalle logiche funzionali al consolidamento dei poteri forti appare, in un contesto in cui le ragioni del mercato vengono spesso e volentieri anteposte anche a quelle della vita umana, impresa a dir poco ardua. Tale situazione implica particolari ricadute sulla creazione artistica, costantemente sospesa tra pulsione verso una libert  che non accetta condizionamenti, se non quelli propri all’arte stessa, e pressioni di natura esogena, che costituiscono una perpetua minaccia per l’autonomia della ricerca. Ricadute la cui valenza negativa si acutizza nel nostro paese e a Napoli in particolare, citt  che in questi ultimi anni ha visto sorgere ben due musei dedicati alle arti visive contemporanee e raddoppiare le gallerie di rilevanza internazionale, ma che sembra incapace di accogliere proposte al di fuori delle istituzioni o del mercato.
A fronte di tale scenario la mia attivit  di curatore si definisce come pratica d’alternativa che, più che collocarsi semplicemente contro il sistema costituito, intende rappresentare una proposta di ampliamento delle modalit  normalmente vigenti in esso, pur non rinunciando a discuterne i presupposti. Si pensi a pratiche quali il decentramento degli eventi espositivi, che mi ha condotto ad operare in zone come Scampia, Casalnuovo di Napoli o Castel Volturno; la loro sostenibilit , perseguita tramite la messa in opera di una vera e propria rete di economia informale, e l’ampliamento della cerchia dei fruitori, condotta attraverso il dialogo con il territorio ospitante, come è avvenuto al Centro Hurtado di Scampia in occasione di Corrispondenze di frontiera (2007-2008) ed Incontri di frontiera (2009), eventi da me curati insieme a Pina Capobianco; con altre forme d’arte, come è avvenuto al Teatro Instabile di Napoli in occasione di Teatro Minimo (2008-2009), evento da me curato insieme a Stefania Russo, o con i movimenti altermondisti, come è avvenuto allo spazio Ventre, sempre a Napoli, in occasione di Comincia adesso! (2009). Decentramento territoriale, sostenibilit  economica, estensione del bacino di utenza, in quanto tratti ormai profondamente caratterizzanti il mio lavoro, sono dunque leggibili come altrettanti paradigmi prospettati in primis alla comunit  dell’arte, ma implicitamente all’ intera comunit  umana.
Tali attitudini, abbinate ad una precipua attenzione per un’arte che si fa apertamente denuncia dello stato di cose presente e proiezione verso un rinnovato universo di discorso, animato dalla «speranza che, nonostante questa ingiustizia che caratterizza il mondo, non possa avvenire che l’ingiustizia possa essere l’ultima parola» (Max Horkheimer), concorrono cos a delineare una prassi curatoriale che, bench inevitabilmente non del tutto immune dai condizionamenti del suo habitat, tenta di resistere alla coercizione dell’unidimensionalismo in una battaglia in cui difesa della libert  dell’arte e difesa della libert  dell’uomo coincidono.

*curatore

Nelle foto, in alto: Rosaria Iazzetta, L’amore non uccide ciò che ama P.N.P. (Progresso Non Pubblicit ), 2009; in basso, Katia Alicante, GiOCAndo, 2009 e Salvatore Manzi, lecito ad un artista passeggiare di sabato?, 2008.

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