Con “Summis desiderantes affectibus. Desiderando, con supremo ardore…” (Scatole parlanti, pagine 232, euro 18), Emanuela Di Matteo offre ai lettori una raccolta di trentaquattro racconti che si muove lungo il sottile confine tra reale e fantastico. Si tratta di un’opera che non va letta come semplice esercizio immaginativo, bensì come un attraversamento critico della Roma contemporanea e, insieme, delle nostre fragilità, paure e anche oscurità.
La città, con i suoi quartieri antichi e i suoi non-luoghi moderni, diventa un palcoscenico in cui la quotidianità si tinge di bagliori inquietanti: casalinghe, studenti, impiegati e figure marginali, apparentemente comuni, si ritrovano a incrociare il loro cammino con creature leggendarie, fantasmi e divinità, che emergono come proiezioni delle loro ossessioni e dei loro desideri repressi. In questo senso, l’elemento magico non assume una funzione evasiva bensì un valore rivelatore, e spesso non di aspetti positivi: amplifica infatti le contraddizioni dell’essere umano, mostrando come l’ordinario nasconda sempre una dimensione più oscura, spesso ignorata o rimossa.
L’autrice riesce a coniugare due piani narrativi: da un lato la cronaca del vissuto urbano, con il suo carico di alienazione, dolore e precarietà; dall’altro una componente visionaria che non redime, ma sottolinea con maggior forza le crepe dell’esistenza. La scrittura, scorrevole ma al tempo stesso cesellata, accompagna il lettore in un flusso in cui sogno e realtà finiscono per confondersi, e in cui le figure mostruose si rivelano meno inquietanti degli esseri umani stessi.
Il riferimento alla bolla papale del 1484 (Summis desiderantes affectibus di Innocenzo VIII), appare tutt’altro che ornamentale: il richiamo all’ossessione storica per la stregoneria e per la soppressione del “diverso” diventa una chiave di lettura per comprendere l’opera. Nei racconti, infatti, il “mostro” non è quasi mai esterno: spesso coincide con l’indifferenza sociale e con la banale crudeltà quotidiana che si consuma indisturbata alla luce del sole.
L’acuta prefazione di Roberto Lasagna sottolinea la capacità dell’autrice di dar voce a un’«umanità che patisce e arranca»: i racconti di Emanuela Di Matteo sono, in fondo, variazioni di un unico tema, ovvero la fatica di essere umani di fronte a un mondo che sembra non concedere né consolazione né redenzione. Eppure, nonostante la durezza delle storie, si avverte un sottofondo di empatia e di speranza, che impedisce al lettore di abbandonarsi al triste disincanto.
“Summis desiderantes affectibus. Desiderando, con supremo ardore…” è una raccolta che si colloca in un territorio ibrido, tra allegoria e realismo magico, tra critica sociale e racconto fantastico. È un libro che invita a interrogarsi, e che chiede al lettore non solo di osservare la realtà con occhi nuovi, ma anche di riconoscere i propri mostri interiori. (Paola Di MIchele)
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