Cartoline d’autore. Soggetto raffigurato, Napoli. Nella sua altalenante identit . Bugiarda, accogliente, suggestiva, magica, sporca, arretrata, povera, stupefacente, chiassosamente sopralerighe. C’è un po’ di tutto in quelle proposte da Antonella Stefanucci ieri, nell’angolo/salotto, allestito all’aperto sull’immensa terrazza di Castel Sant’Elmo, location sovrana del Teatro Festival Italia. Stasera (venerd 26 giugno, ore 19) tornano le cartoline napoletane, ambientate nel progetto del Teatro Festival di dediche alla citt  ideato da Marco Balsamo e curato da Patrizia Bologna, per accarezzare altri spettatori che ne resteranno certamente affascinati come il pubblico (numeroso) della prima.
La voce di Antonella è suadente e olimpica come quella di una figura maestosa della cultura tedesca e non solo, Johann Wolfgang Goethe, leggendo pagine del suo viaggio in Italia che per il consigliere e ministro del granduca Augusto significò una boccata d’ossigeno lontano dalla corte di Weimar. E Napoli, insospettabile patria della filosofia che innalza Vico su Montesquieu, si staglia fulgida non solo nella sorpresa crepuscolare del Vesuvio rosso di lava, cornice naturale dalla veduta di una finestra per il volto di una bella donna, ma anche nelle strade dove tutti sciamano al sole.
Poi arriva proprio Montesquieu con l’intonazione francese un po’ sprezzante e scettica nei confronti del miracolo di san Gennaro l’ampolla per lui non fa altro che replicare l’effetto termometro. Al posto del mercurio, il sangue. Però un piccolo dubbio sul prodigio resta. Mentre ancora dalla Germania arriva la descrizione di Walter Benjamin di un madonnaro che disegna la figura del Cristo e di sua madre sul selciato, cancellati poi dai passi della gente.

E la voce scivola, accompagnata dall’esibizione musicale di Mimmo Napolitano, nelle espressioni inglesi di un meravigliato Dickens che assiste all’estrazione del lotto a Castel Capuano There is no deception (non c’è inganno) quando il ragazzo dal braccio nudo prende i numeri e delude il capo lazzarone l presente che non vince nulla.
La citt  qui è ancora umana, diventa un po’ bestia, invece, negli abusi edilizi descritti da Antonella Cilento e minacciosa nella fuga da scuola raccontata nell’ “Amica geniale” di Elena Ferrante. Snob, spietata e altezzosa in quei “Pregiudizi convergenti” firmati da Domenico Ciruzzi dove la lingua napoletana esprime tutta la (tragicomica) amarezza di una donna che al marito in carcere racconta come il preside della scuola con il sorteggio (manipolato) faccia finire i figli dei disgraziati tutti in una classe-recinto, isolata dagli altri. La voce chiude una raffica di brevi citazioni eccellenti, tra tutte anche quella del celebre “Fuitevenne” di Eduardo. Resta nel cuore l’immagine di una citt /enigma, predatrice dei sentimenti. Incancellabile.

Per saperne di più
www.napoliteatrofestival.it

Nella immagine scatta da Nando Calabrese, Antonella Stefanucci

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