Dopo Roma e New York, approda a Napoli il percorso di Gianmaria Tosatti, protagonista di Sette stagioni dello spirito, progetto a cura di Eugenio Viola, realizzato con il sostegno della Fondazione Morra. Sette tappe, corrispondenti ad altrettanti luoghi della citt , in cui Tosatti interverr  con istallazioni site specific, a cui può avere accesso una sola persona per volta. Le sette fasi avranno luogo nel corso dei prossimi due anni, concludendosi nel 2015.

Sette è il numero delle stanze in cui Santa Teresa d’Avila suddivide l’anima dell’uomo ne Il Castello Interiore (1577). Ciascuna di esse è ispirazione per ogni intervento dell’artista, che pone al centro della sua opera la riflessione sul limite tra il bene e il male nell’uomo. I visitatori, rigorosamente uno alla volta, entrano all’interno degli spazi ricreati dall’artista come se stessero vivendo una vera e propria esperienza.
In questo senso, il loro modo d’agire e reagire diventa un elemento rivelatore di alcuni aspetti della loro stessa identit . Lo spazio, in quest’ottica, diventa un grande macchinario introspettivo, uno schermo quadridimensionale in grado di raccogliere e proiettare le immagini generate dal visitatore, rendendo ogni singola visita, un’esperienza irriducibilmente soggettiva e quindi unica.

La prima istallazione, dal titolo La peste, è visitabile fino al 3 novembre (marted domenica, ore 11-17) nella chiesa seicentesca dei SS. Cosma e Damiano (Largo Banchi Nuovi) l’edificio, chiuso dalla Seconda Guerra Mondiale, è stato riaperto per ospitare l’installazione di Tosatti, che si caratterizza come un’opera dal profilo estremamente mimetico rispetto all’identit  del luogo e del suo contesto di riferimento. L’intervento di Tosatti spiega il curatore – ambisce alla dimensione ambientale e per questo investe anche il quartiere su cui la chiesa insiste e l’antico Largo.
Una colatura di cera abita le placche metalliche che proteggono il portale della chiesa, come elemento di estrema delicatezza esposto alla ferocia di un quartiere difficile, mentre il numero “1” che su di esso si staglia, titola questo primo lavoro e allo stesso tempo preannuncia l’ingresso in una dimensione altra. Gli elementi scelti o utilizzati per la realizzazione del lavoro alludono alla precariet  dello spazio, che a sua volta è analogia di una crisi di coscienza profonda che ha invaso il presente.
Si percepisce un senso di instabilit  diffuso, che per induzione passa dal luogo al visitatore che ad esso approccia, in un rapporto personale e solitario, volto a svelare l’esperienza empatica dell’opera.

In foto, l’autore e il suo lavoro

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