Il romanzo Le 12 civette di Juliette Evola (Alessandro Polidoro editore, pagine 608, 20 euro) si presenta come un’opera di ampio respiro – oltre seicento pagine – che intreccia la dimensione del thriller con suggestioni esoteriche, riflessioni filosofiche e riferimenti al contesto storico e sociale più recente.
L’autrice ambienta la vicenda principalmente a Ferrara e ad Agordo, nel bellunese, luoghi concreti e riconoscibili che si contrappongono all’atmosfera allucinata e incerta vissuta dal protagonista.
Il volume si apre con una prefazione di Diego Fusaro, filosofo che coglie nel romanzo un’occasione per interrogarsi sul concetto di verità nell’epoca contemporanea. Fusaro sottolinea come la società odierna, segnata da eventi globali quali la pandemia da Covid-19, il conflitto russo-ucraino, la tragedia di Gaza o le tensioni geopolitiche intorno a Taiwan, sia caratterizzata da un’informazione polarizzata e da un crescente conformismo culturale. In questo quadro, la verità non appare più come un fondamento saldo, ma come una costruzione fragile e contestata, continuamente manipolata da narrazioni contrapposte.
Il protagonista, Samuele, incarna in maniera estrema tale condizione di spaesamento. Figura paranoica e incline al complottismo, vive il 2020 tra l’angoscia del lockdown e la sensazione di un progressivo isolamento. La sua unica valvola di sfogo diventa il rapporto virtuale con Lorena, una ragazza conosciuta online e residente ad Agordo.
La scomparsa improvvisa di quest’ultima, accompagnata dalla cancellazione delle sue tracce digitali, innesca l’ossessione che muove l’intera trama. Deciso a scoprire la verità, Samuele si reca ad Agordo, dove incontra Elena e, attraverso di lei, i membri di una misteriosa associazione: la Confraternita della Civetta. Da quel momento la narrazione assume toni sempre più cupi, in bilico tra indagine razionale e discesa nell’allucinazione, fino a far dubitare al lettore della stessa attendibilità degli eventi raccontati.
Evola costruisce un intreccio complesso, ricco di riferimenti culturali e rimandi al folklore, in cui la linea di confine tra realtà e immaginazione si fa volutamente sfocata. Lo stile, a tratti visionario, non rinuncia a un impianto narrativo solido, capace di mantenere alta l’attenzione del lettore lungo un percorso denso di colpi di scena e atmosfere perturbanti.
La dimensione esoterica, lungi dall’essere un semplice elemento ornamentale, si intreccia alle questioni filosofiche e politiche sottese, offrendo una riflessione sulla fragilità delle certezze contemporanee e sull’inquietudine dell’individuo di fronte a una società percepita come opaca e manipolata.
Le 12 civette è un romanzo che non si limita all’intrattenimento, ma invita a una lettura critica del presente. L’opera di Juliette Evola unisce tensione narrativa e riflessione teorica, offrendo al lettore un’esperienza immersiva e, al contempo, stimolante sul piano intellettuale. (Maria Ricciardi)

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