Incontri editrice/ “Numero Undici. I giocatori non smettono mai di giocare” Barbara Fontanesi riprcorre la sua esperienza nella pallavolo

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Nel memoir “Numero Undici. I giocatori non smettono mai di giocare” (Incontri editrice)si ricostruisce la carriera agonistica nella pallavolo di Barbara Fontanesi, e si utilizza inoltre questa intensa esperienza sportiva per approfondire dei temi importanti, come il senso di identità e il coraggio di cambiare.
Come afferma infatti Giovanni Guidetti – allenatore di pallavolo e CT della nazionale canadese femminile – nella prefazione all’opera: «Barbara non ha mai scelto la strada più semplice. Ha scelto di restare, di reinventarsi, di affrontare lo sguardo di chi vedeva in lei solo il riflesso di ciò che era stata. Ha avuto il coraggio di cambiare, quando tutti si aspettavano che uscisse di scena in silenzio».
La struttura del libro è articolata e scandita in sezioni che alternano racconto autobiografico e riflessione teorica; questo impianto ibrido consente all’autrice di tenere insieme due livelli: da un lato la cronaca di una formazione atletica e umana, e dall’altro una meditazione più ampia sul significato dello sport come pratica culturale, educativa ed esistenziale, capace di produrre una profonda trasformazione.
Nel contesto sportivo il ruolo che si assume in campo definisce funzioni, responsabilità e aspettative; nel libro diventa una categoria simbolica che riguarda l’identità stessa dell’individuo: l’autrice parla infatti del passaggio da schiacciatrice a palleggiatrice, il quale ha rappresentato per lei un punto di rottura che avrebbe potuto mettere in crisi non solo la sua carriera, ma l’immagine stessa dell’atleta e della donna.
Con un linguaggio accessibile ed empatico, Barbara Fontanesi restituisce l’esperienza sportiva in chiave filosofica: il corpo come luogo di conoscenza, l’errore come strumento di apprendimento, il gioco come spazio di libertà regolata. Particolarmente rilevante è la critica implicita ai modelli dominanti dello sport contemporaneo, in cui si è spesso ossessionati dalla performance, dal risultato e dalla specializzazione precoce. L’autrice propone invece una visione olistica dell’atleta, in cui corpo, mente ed emozioni costituiscono un sistema integrato.
L’opera assume inoltre una dimensione meta-narrativa quando riflette sul racconto sportivo stesso: sul modo in cui media e pubblico tendono a semplificare, etichettare e fissare le identità degli atleti. La scelta di raccontarsi in prima persona diventa allora un atto di riappropriazione del proprio percorso, sottraendolo a letture riduttive e a volte fuorvianti.
“Numero Undici. I giocatori non smettono mai di giocare” non è solo un’appassionante autobiografia e un interessante saggio esperienziale sullo sport; è anche un racconto di formazione e una sentita riflessione sul cambiamento identitario. È un libro che contribuisce in modo significativo alla letteratura sportiva italiana, ampliandone i confini e restituendole una complessità spesso trascurata. (Antonella Miceli)
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