“Quel filo sottile” di Rosita D’Esposito è un’opera (Atile edizioni, pagine 274, euro 15) che procede con un respiro lento e calibrato, capace di toccare le corde più intime attraverso la narrazione di una vicenda ambientata a Napoli negli anni più tormentati del Novecento, quelli che hanno preceduto il secondo conflitto mondiale.
La protagonista, Rachele, è una bambina che viene strappata troppo presto all’infanzia, per essere catapultata in una vita adulta fatta di pesanti responsabilità. La sua figura è circondata da donne fragili e contraddittorie, che l’autrice ritrae con autenticità e tenerezza lasciando emergere contrasti e ferite, desideri e sconfitte.
Rachele cresce in una famiglia complicata e indigente, osservando il mondo da una posizione sempre in bilico tra il coraggio e la paura, tra la speranza e la durezza della realtà; questo equilibrio instabile le permette di forgiare un carattere forte e indomito, con il quale impara a resistere alle difficoltà dell’esistenza. L’autrice riesce a rendere viva ogni emozione, immergendo il lettore in un racconto che oscilla tra delicate parentesi poetiche e il realismo più crudo.
Napoli emerge più come una presenza viva che come il semplice sfondo della vicenda: una città dominata dalla dimensione femminile – materna e spietata allo stesso tempo – capace di accogliere e insieme di ferire. Le strade, i conventi, le case diventano parte integrante della narrazione, e specchio dell’animo tormentato dei personaggi: è una Napoli che porta sulle spalle il peso della sua storia, e che ospita i destini di chi la abita a volte proteggendoli, altre tradendoli.
La scrittura di Rosita D’Esposito è fluida, misurata e intrisa di sensibilità; ogni scena è impostata ponendo grande attenzione ai dettagli – a quei dettagli che spesso contengono significati profondi ma non immediatamente riconoscibili. L’autrice invita il lettore a entrare in punta di piedi nelle vite dei suoi personaggi, lasciandosi catturare dalle loro storie di dolore ma anche dalla loro capacità di resilienza.
C’è inoltre un forte richiamo alla memoria storica, come se il romanzo fosse una lunga lettera indirizzata a chi è venuto prima: c’è un filo sottile che lega le vite di tutti noi, indipendentemente dal periodo in cui viviamo; un filo composto d’amore, di traumi, di scelte sbagliate e di tentativi di ricominciare. È una linea invisibile che attraversa intere generazioni e che, nonostante gli strappi, non si spezza mai davvero.
“Quel filo sottile” lascia un segno emotivo profondo, raccontando una storia che parla della forza delle donne ma soprattutto di quel misterioso legame che ci tiene uniti, anche quando tutto sembra andare in frantumi e il silenzio pare soffocarci, impedendoci di far sentire la nostra voce e di esercitare la nostra libertà. (Gianna Ambrosio)







