Un tiranno via radio. Orlando Cinque (anche interprete) porta il Caligola di Camus alla Galleria Toledo. Con Alessandra D’Elia, Vincenzo Del Prete, Stefano Jotti, Fernando Siciliano e Pietro Tammaro.
Frutto di un adattamento di Paolo Trama, la messa in scena ripropone coraggiosamente un testo complesso e ambiguo, nei suoi significati politici e storici, di Albert Camus. L’opera infatti fu riscritta dal 1937 al 1958, modificata e adattata ai tempi. Negli anni muta il significato attribuito alla prima lettura della vicenda storica, quella del potere tirannico di Caligola, imperatore romano dal 37 al 41 d.c., la cui politica dispotica lo portò a essere ucciso da una congiura per mano di Cherea, ufficiale dei pretoriani dopo solo quattro anni di regno.
Eppure, come nota G.ino Zampieri, nella postfazione dell’edizione dell’opera per i tipi Bompiani, forse Camus, oggi, “non l’avrebbe più modificata, lui che ebbe a scrivere nei suoi Carnets “Andare fino in fondo non significa soltanto resistere, ma anche lasciarsi andare. Ho bisogno di sentire il mio essere nella misura in cui egli esprime il sentimento di ciò che in parte mi sfugge. Ho talvolta bisogno di scrivere cose che in parte mi sfuggono, ma che rappresentano appunto una prova di ciò che in me è più forte di me.”
Ciò che sfugge disdice l’esistente, spesso lo contraddice, lo spiazza, lo costringe a pensare. Questa è la forza, la follia di Caligola. Questo il fascino che egli esercita anche sullo stesso Cherea.

Cherea “Ma non posso odiarti, perch non ti ritengo felice. E non posso disprezzarti perch so che non sei un vile. (…) ti considero dannoso. Amo e desidero sentirmi sicuro. La maggior parte della gente è come me. Non è in grado di vivere in un mondo nel quale la più folle fantasia può introdursi nella vita di un attimo, come una lama in un cuore. Neanch’io posso più vivere in un simile mondo. (….)”
Caligola “… tu sei intelligente. E l’intelligenza si paga cara o la si rifiuta. Perch vuoi rifiutarla?”
Cherea “Perch ho voglia di vivere e di essere felice. E credo che le due cose non siano possibili se si spinge l’assurdo fino alle estreme conseguenze. (…) Credo che delle azioni siano migliori di altre.”
Caligola “Io credo siano tutte uguali.”
Cherea “Lo so, Caligola, ed è per questo che non ti odio. Ti capisco e ti do ragione. Ma sei scomodo e devi sparire. ” (Atto III)

Caligola esercita del potere una forma di libert  assoluta, provocatoria, cos eccentrica e terribile che denuncia dichiaratamente la sua teatralit . Dimensione della messa in scena giocata con arte e destrezza che mette in crisi i più vicini collaboratori, la sua amante, il popolo, mai se stesso. Il principe veste i panni del matto, di chi, del potere, vuole svelare ogni finzione, cavalcarne l’assurdit , condurre il gioco fino alle sue fatali conseguenze. Se in Amleto la maschera della follia manteneva una distanza dal volto muovendosi in una scena che, nel suo epilogo, produce un finale di morte pienamente iscrivibile nel genere tragico, qui è la maschera il volto, segno di un teatro che traccia nella vita i suoi passi e scrive con il sangue la sua storia crudele. Anche nella morte il grido di Caligola viene a ribadire questa sua eccentricit  dal mondo dell’accidente Alla storia Caligola, alla storia! (…e dopo le pugnalate dei congiurati …) Sono ancora vivo!”
Ecco l’aspirazione dell’imperatore ricevere la morte dai congiurati, provocarla, ricercarla, attraverso ogni mostruosit  possibile, per divenire materia di una tragedia che, nella morte, riscatti la vita, l’arte, l’assoluto.
L’eliminazione, forse un po’ arbitraria, nella riduzione di Trama, del finale dell’opera, a favore di un epilogo sospeso si spiega forse cos, nella ricerca di rendere quell’aspirazione a che non l’uomo, ma la maschera di Caligola superasse i vincoli della fattualit  evenemenziale a favore di una Storia in cui permangono i miti.
Nella vicenda letteraria di Camus si stratificano vari livelli di significato nei quali, sempre, è possibile, sullo sfondo, intravedere quel tetro scenario che porter  all’avvento del nazismo e le forme e i lineamenti di un potere che trover  in quegli anni la mostruosa maschera di Hitler.
Se, dramma nel dramma, o meglio si direbbe, dramma del dramma, nel testo di Camus (meno nel riadattamento teatrale) la scaturigine della definitiva follia di Caligola deriva dalla perdita dell’amore della sorella Drusilla, suo doppio positivo, la ferocia lucida dell’imperatore non si appaga delle blandizie di Cesonia, non della sua recita che tenta di portare in vita l’amata defunta, non dell’immagine rappresentata da un sentimento posticcio se non può avere Drusilla, Caligola vuole… la luna.
L’amore e il desiderio possono solo darsi come dtournement della ragione, della logica, della dicibilit . Ecco che il desiderio diviene assoluto. desiderio di una libert  che non nel potere risiede, non nella gabbia trova il suo abitare, ma nel suo al di l .
Se questo fascino terribile del personaggio forse mal si adattava alla cogenza storica (l’identificazione tra il potere dell’imperatore romano e quello di Hitler), il che spinse Camus stesso a modificare il testo, nella prima versione dell’opera la lotta di Caligola è nella sua disperata disdetta del potere che lo investe. Caligola sevizia, tortura, uccide, massacra la vittime del potere, e, in tale orgia di sangue, chiude alla sua stessa libert  ogni via di fuga. Caligola arma coloro che lo uccideranno, elimina coloro che lo potrebbero proteggere, cerca, affannosamente, la sua stessa fine.
L’amore di Drusilla lo lascia solo. Disperato. Senza ricordi che valga la pena ricordare, senza un silenzio in cui si possa abitare. Unico rifugio, la solitudine si d  come un inferno che, sartrianamante, appare popolato dal fantasma dell’altro, dalla propria necessit  storica, da ciò che non è possibile dimenticare…

Caligola (esplodendo di rabbia, si getta su di lui, l’afferra per il collo e lo scuote) La solitudine, s, la solitudine! La conosci tu la solitudine? Quale solitudine? E che dovunque ci portiamo addosso tutto il peso del nostro passato e anche quello del nostro futuro? Tutti quelli che abbiamo ucciso sono sempre con noi. E fossero solo loro, poco male. Ma ci sono anche quelli che abbiamo amato, quelli che non abbiamo amato e ci hanno amato, il rimpianto, il desiderio, il disincanto e la dolcezza e le puttane e la banda degli dei! ( Lo lascia e torna indietro al proprio posto) Solo! Ah, se soltanto potessi godere la vera solitudine, non questa mia solitudine infestata da fantasmi, ma quella vera fatta di silenzio e tremore d’alberi sentire tutta l’ebbrezza del flusso del mio cuore. (Seduto, colto da una stanchezza improvvisa) La solitudine! Ma no, Scipione. La solitudine risuona di denti che stridono, chiasso, lamenti perduti. Accanto alle donne che accarezzo nel cuore della notte, quando credo di poter finalmente afferrare qualcosa di me stesso tra la vita e la morte, ormai distante dalla mia carne stanca, allora la mia solitudine si impregna tutta dell’odore che promana dalle ascelle di quella che ansimando mi si strofina attorno.” (Atto II)

Nello spazio che si apre tra l’uomo e il suo doppio, vive la contraddizione della maschera novecentesca del potere che Caligola riveste. Non è un caso se, nella messa in scena, spesso dettagli e costumi rimandano alla temperie storica del militarismo tedesco di epoca nazista. E anche se talvolta caotici e dispersivi risultano i suggerimenti della regia, essi non ostacolano la comprensione di una parola, quella del testo, che si pone come interrogazione teatrale e metateatrale sulle forme spettrali e spettacolari del potere.
Si configura qui, come nota Franco Cuomo nella succitata edizione, “il teatro come vocabolario l’imperatore è sempre protagonista e regista dell’evento narrato, chi gli sta accanto è comprimario e spettatore, gli altri sono genericamente pubblico e comparse la cui immagine è di volta in volta graduata a seconda della parte affidata. (…) importa che ciascuno sia, teatralmente parlando un carattere.”
Se tra i volti e le maschere non sempre univoca risulta la prospettiva del senso, l’interpretazione resta sospesa ad additare che, tra i tanti comandi di questo potere, uno solo permane in scena fino alla fine la cosa fondamentale è restare nel proprio ruolo. Guai ad andare fuori parte. Si recita….

In foto, alcuni momenti dello spettacolo

“Caligola on air”
Galleria Toledo, salita Tarsia 56, Napoli
Fino al 19 gennaio, tutti i giorni (ore 21, domenica ore 18) esclusi l’8 e il 10 gennaio

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