“L’arte per me è la rappresentazione di un sentimento, cercare di cogliere attraverso le forme che si scelgono, ma avendo la capacit  di raccontare, di dire, di rappresentare cose che trovano riscontro negli occhi e nella mente di chi osserva. questa la difficolt  di fare arte”. Parole di Antonio Giannino, scultore.

(Ex) studente all’Accademia di belle arti di Napoli. Maestri, Emilio Greco e Augusto Perez. Lezioni diverse e formative, capaci di influire sul suo modo di operare. “Fermare l’attimo e cercare di dare l’intuizione di quello che accadr  dopo” cos Giannino ricorda gli insegnamenti di Greco. Insegnamenti mischiati con quelli di Perez. “Agiva sul vuoto. La parte che ti fa intuire di esserci, data da quel poco di forma visibile. Mi ha fatto capire che per esprimere una cosa, bisogna sentirla, vederla immersa in una luce. Una luce che ti svela la forma. Ed è l che giocano la fantasia e l’abilit  dell’artista: dare importanza a una cosa piuttosto che a un’altra”.

Lezioni e ricordi. Come quello di Emilio Greco. “Andai a trovarlo nel suo studio a Roma. Erano gli anni Sessanta. Lavorava alle porte del duomo di Orvieto, quelle con gli angeli a mo’ di battenti. Stava male perch, troppo dedito a lavoro, a furia di martellare, il braccio non gli rispondeva più”.

Critico con se stesso. “Parto dal soggetto per poi raccontarlo, senza dimenticare che quello che creo è rivolta a persone che dovranno cogliere il messaggio”. Perch “mi piace quando gli altri si avvicinano all’opera d’arte e la riescono a leggere. Una cosa che mi ha insegnato Raffaele Mormone, mio maestro di storia dell’arte e grande amico”.

E con l'”apparenza”. “Oggi molte persone che si dedicano all’arte creano semplici immagini di comunicazione visiva. Immagini superficiali. Non si pensa che per poter cogliere dei significati bisogna prima imparare tecnicamente come dire certe cose. Oggi si è persa la capacit  di dedicarsi al capire”. Ed è il motivo per cui: “Ci vuole amore nel fare le cose”. Un insegnamento che, da ex docente al Palazzi, ha trasmesso ai suoi allievi, “ragazzi a cui dovevo inculcare l’amore per l’arte”.

Viaggiatore instancabile. In giro per l’Europa. “Londra, Amsterdam, Rotterdam, Parigi o Praga, con i carri armati per strada e il muro di Berlino ancora in piedi”. Un bagaglio di esperienze trasposte su carta, tra schizzi, bozzetti e diari. “In ogni luogo, facevo degli schizzi. Con le immagini fermavo alcuni momenti vissuti in quei posti”. Con una puntata in America. “Sono stato a Chicago. All’universit  organizzammo un’esposizione di grafica. Eravamo cinque artisti, tra cui Nazareno Curzio, anche organizzatore. La mostra doveva essere itinerante, ma qualcosa cambiò e si fermò l”. In ogni caso: “Una bellissima esperienza, che raccontai in un diario i cui stralci sono stati ripresi in un catalogo da Antonio Filippetti. E un luogo per me fondamentale, dove feci tanti disegni e schizzi che poi ho realizzato”.

Sotto gli occhi di tutti.. Con un leone in piazza Plebiscito. “Insegnavo discipline plastiche ed educazione visiva al Boccioni. E mi chiamò il preside perch i Lions volevano regalare alla citt  il leone mancante nella piazza, forse trafugato dagli alleati. Mi chiesero se ero disposto a farlo. Accettai e mi misi al lavoro con i miei allievi. Mi è sempre piaciuto fare le cose con gli altri. Scattammo foto, prendemmo rilievi, studiammo l’altro leone. Poi realizzammo il nostro in cera, scala 1:2. Con un amico portai questo leone a Massa Carrara dove scelsi lo stesso marmo delle alpi Apuane gi  utilizzato per il porticato della piazza, ma con una vena più scura, un grigio bardiglio. Proprio a sancire la differenza di periodo”.

Progetti futuri? “Stanno nel mistero delle cose che accadono”. Ma arriva un’anticipazione. “Mi chiesto una via della luce. Ma ancora non si sa se sar  collocata nella chiesa dei Santi Apostoli di Portici, di cui ho gi  realizzato le porte, o per i salesiani del Vomero”.

Nella foto (di Maria Volpe Prignano), Antonio Giannino

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