“Roberto Bracco e Salvatore Di Giacomo: l’incrocio dei percorsi teatrali e giornalistici negli anni Novanta dell’Ottocento”. Se ne parlerà mercoledì 14 marzo alle 14.30, alla Fondazione Premio Napoli (Palazzo Reale). L’incontro sarà introdotto dal presidente  Domenico Ciruzzi. Seguiranno gli interventi di Pasquale Sabbatino, coordinatore del master in drammaturgia e cinematografia, e Vincenzo Caputo, docente di letteratura teatrale italiana dell’Ateneo federiciano. L’attore Carmine Borrino interpreterà alcune scene di Bracco e Di Giacomo.
Negli anni Novanta dell’Ottocento, l’immagine di Partenope come “città disgraziata” costrinse scrittori e commediografi, come Bracco (foto) e Di Giacomo, a interrogarsi su diverse questioni legate ai suoi molteplici e contraddittori aspetti.
Spiega Sabbatino: «L’incrocio dei percorsi teatrali e giornalistici di Roberto Bracco e Salvatore Di Giacomo avvenne sull’onda montante del ritrarre dal vero la città e i suoi mali, come da tempo De Sanctis aveva esortato a fare nelle sue conferenze su Zola. I drammi Don Pietro Caruso di Bracco e l’atto unico A San Francisco di Di Giacomo denunciano la connivenza tra politica e camorra e il potere della malavita organizzata nelle carceri. Inoltre Di Giacomo nell’atto unico ‘O mese mariano e Bracco nell’articolo Psicologia di via Toledo fermano lo sguardo sulle nidiate di bambini poveri e abbandonati, tra i quali la camorra recluta le proprie leve».
Bracco cominciò a scrivere per il teatro  in giovane età e si fermò nel 1922, anno di pubblicazione de I Pazzi. Deputato d’opposizione nel 1923 nelle liste antifasciste di Amendola, Bracco e il suo teatro furono messi da parte a causa dell’ostilità a lui mostrata dal Regime, la quale culminerà nell’episodio del mancato premio Nobel.
«Si è più volte detto – afferma Vincenzo Caputo – che il teatro di Bracco appare oggi non facilmente digeribile. Gli studi devono effettuare un passo in avanti. Sarebbe foriero di risultati un confronto serrato tra la produzione di Bracco e quella di Pirandello, il quale entri nella sostanza degli scritti dell’uno e dell’altro. Bisognerebbe, insomma, fare tali confronti con lo sguardo sgombro dalle marcate vicende politiche che segnarono il primo (l’antifascismo e l’ostracismo) e il secondo (l’adesione e l’ascesa letteraria). Che pur non intaccando il valore assoluto delle due scritture, contribuirono senza ombra di dubbio alla fortuna dell’uno e dell’altro».

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