Il libro di Giulio Baffi/”Effetto Eduardo” celebra De Filippo a 121 anni dalla nascita. Un’eredità di amore e disciplina

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Nel febbraio del 2020, il presidente francese Macron incontrava Mattarella a Napoli. Il covid era una malattia asiatica che cominciava appena a spaventare e la mascherina un obbligo che ancora non esisteva. Le persone si accalcavano urlando in un francese approssimativo: Emmanuell, Emmanuell.
Il giovane presidente aveva scelto di cominciare la sua visita istituzionale dal Teatro San Ferdinando, a due passi da via Foria nel petto pulsante della più magmatica vita napoletana.
La scelta non fu casuale.
Tutti, siamo onesti, conosciamo qualche dettaglio della vita sentimentale di Macron. Fa parte del suo personaggio. Non tutti però sanno che il presidente francese si innamorò della moglie durante una rassegna teatrale dedicata a De Filippo (foto).
Questa è una storiella che solo una cosa strana come la realtà poteva scrivere, e resta solo una storia di vita. Però spiega perché un presidente europeo scelga il più rappresentativo di teatro di Napoli per l’inizio di una visita istituzionale.
De Filippo, che a oggi resta il più grande drammaturgo partenopeo, aveva preso in mano le sorti di un teatro fatiscente e ne aveva fatto una porta aperta verso il mondo, terminale e amplificatore al contempo, con una chiara visione su come fare cultura.
Un personaggio che si rinnova continuamente. Si legge i suoi testi e si incontra un nuovo Eduardo. A ogni lettura. Ogni volta diverso. Per questo Repubblica dedica a Effetto Eduardo, libro in due volumi di Giulio Baffi, due giorni per celebrare i 121 anni dalla nascita del grande drammaturgo.
I due volumi saranno in edicola con il quotidiano La Repubblica il 24 e il 25 maggio 2021, editi da Guida e curati da Conchita Sannino e Ottavio Ragone, della redazione napoletana del giornale.
Ed è proprio sul palco di De Filippo che si sono riuniti i tanti testimoni di una vita straordinaria, dedicata interamente alla costruzione di un’eredità culturale di forte impegno civico.
Un teatro ispirato dalla stessa apertura che De Filippo aveva verso il prossimo, con un lavoro pieno di sacrifici quanto di soddisfazioni e che resta crocevia fondamentale per chiunque voglia approssimarsi all’arte del narrare.
Un uomo che rilesse se stesso e la sua opera con la trasparenza di una città inclusiva, dice Maurizio Molinari, direttore di Repubblica, per la prima volta al San Ferdinando.
Napoli è la città più mediterranea delle città italiane. Anzi, si candida a essere la città mediterranea per eccellenza. La spinta a rimanere aperta fu la stessa che accompagnò per tutta la vita Eduardo, che portò ad una Napoli distrutta dalla furia della guerra, la magia di un teatro formativo, completo.
D’altro canto egli stesso diceva con sottile e precisa ironia, per favore non miglioratemi.
De Filippo parlava dell’umano, e l’umano è uguale in ogni epoca. Il suo modo di dare al popolo e attingere da esso, cambiò più di una vita.
Questa la testimonianza dei molti che con De Filippo condivisero anni di vita e di lavoro. Per una casualità, per una battuta al momento giusto, come raccontano loro stessi in Effetto Eduardo: Isa Danieli, Angela Pagano, Angela Luce, Annamaria Ackermann, Gianfelice Imparato.
L’universo defilippiano è un’inesauribile distesa di punti di vista, spunti di riflessione cui più di una persona ha legato il proprio destino, restando magari in ombra per contribuire a conservare un lascito pesantissimo. Il primo fu proprio Luca De Filippo, professionista straordinario, che tramandò con grande senso di responsabilità e rinuncia, l’opera del padre.
Una eredità che era amore e per questo era fatica, disciplina, impegno, bellezza. Amore per le persone a cui il lavoro di una vita fu destinato.
De Filippo fu un civilizzatore, come lo furono pochi, dice Roberto Andò.
Il San Ferdinando fu pensato per essere napoletano ed europeo. Non avrebbe potuto essere in nessun altro luogo. L’opera eduardiana è al centro di un quartiere bellissimo, dice Lina Sastri, un quartiere che non si è appesantito nelle mille sfaccettature del napoletano moderno, che ancora oggi comunica libertà. Proprio da quel luogo ci si aspetta di ripartire.
Il direttore Andò lo ha detto così tante volte, in queste settimane, che non ci si potrebbe aspettare niente di diverso, appena si tornerà alla normalità dello spettacolo dei corpi.
Occorre riportare la cultura al centro perché vi sia rinascita. E per rinascere non c’è miglior luogo se non la casa di Eduardo.
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