L’artista scozzese Philip Colbert porta al Museo archeologico nazionale di Napoli il suo progetto “House of the lobster”, in programma dal 26 gennaio fino al 1° aprile 2024. Dopo le grandi installazioni posizionate al Largo San Martino, Colbert occupa l’atrio del Mann e i giardini con sculture e grandi tele che hanno come protagonista la sua ormai caratteristica aragosta ma anche svariati riferimenti alla pittura e alle forme classiche.


Colbert è definito uno degli artisti contemporanei più innovatori, “il figlioccio di Andy Warhol” che si è creato un alter-ego animalesco con i caratteri di un cartone animato.
L’ ispirazione di “House of the lobster” è arrivata dai temi degli affreschi pompeiani che, come quelli più in generale della pittura romana, ritraggono spesso la fauna marina e le nature morte negli ambienti termali o negli angoli di accoglienza delle ricche domus.
I dipinti a olio di grandi dimensioni sono influenzati dalla sua prima visita al Museo napoletano e alla collezione dei mosaici. Il filo conduttore è il significato dell’aragosta attraverso la storia dell’arte ma contempla anche in senso più ampio i concetti di vita e morte in natura, come espresso nell’opera musiva della lotta tra polpo, anguilla e aragosta proveniente appunto da Pompei. Molte altre sono le citazioni tra i miti e i significati simbolici tutti rielaborati in chiave “pop” (il Minotauro o il taglio della testa di Medusa solo per citarne un paio). L’allestimento merita un plauso perché dosa il giusto contrasto con il contesto più classico del Mann.

L’ eccentrico artista ha un approccio multidisciplinare spaziando dal metaverso al design fino ai capi di abbigliamento e le sue opere sono presenti nei principali musei internazionali.
Nel 2022 ha lanciato l’idea di più di 7.700 NFT di aragoste tutte diverse tra loro, per creare una collezione nel metaverso, il cui ricavato è servito a sostenere la ricerca per il benessere degli animali marini del territorio britannico. Questo gli ha creato un nutrito seguito di fan e collezionisti, tenendo conto che le sue opere hanno stime accessibili anche a un pubblico più ampio.
Ma l’annosa questione del “che cosa è arte” e chi è che ne decide il valore, in base a cosa e perché, si pone ogni qualvolta si discute del contemporaneo e/o del concettuale. Se si professa sempre che “l’arte deve essere per tutti”, con la scusa di Colbert ne accenniamo senza entrare troppo nel tecnico ma i fattori sono molteplici. La prima cosa che viene in mente è se l’artista sia o meno un investimento sicuro, perché la prospettiva finanziaria gioca un ruolo ormai fondamentale. Se lo è, vuol dire che ha fatto una certa carriera, si è costruito una certa reputazione, ha avuto una buona strategia…o fortuna negli incontri. I rapporti con le gallerie, i curatori. Le aste e quindi il mercato.
Questo “solo” per il valore economico. Per quello “emozionale” da artista si dovrebbe avere un ruolo nel proprio contesto storico, dare possibilmente una traccia innovativa, sperimentare, incontrare la critica e il pubblico.
Praticamente un mondo dietro le quinte, con dinamiche facilmente manipolabili e di certo opinabili. Quello che ci impone il mercato è quello che vedremo esposto.

In pagina, l’artista e le sue opere all’inaugurazione della mostra ospitata dal Mann

Non abbiamo la presunzione di giudicare cosa sia o non sia valido. Ma potendo esprimerci sulla percezione, con molta probabilità oggi mancano quelle spinte e quelle motivazioni che c’erano solo all’interno di movimenti collettivi e che portavano il singolo creativo ad avere una visione maggiormente proiettata alla società e quindi al pubblico tutto.
La varietà dei punti di vista è ricchezza se va oltre l’estetica e oltre il valore economico. Andy Warhol insegna.
 ©Riproduzione riservata 

RISPONDI

This site is protected by reCAPTCHA and the Google Privacy Policy and Terms of Service apply.