Narcisista al punto giusto, come dev’essere un artista. Ma non troppo, per non rischiare che il  protagonismo lo divori. Mario Lanzione, meridionale, sempre aperto, però, al dialogo “geografico” riesce a trasmettere, già solo parlando, la sua inclinazione all’equilibrio. Che è poi diventata ragione creativa: cercare un punto d’incontro tra materia e geometria, istinto e razionalità. Il suo sentimento non è mai travolto dall’impeto, ma saldamente ancorato alla terra. Un romantico realista.
Ci incontriamo in un posto baciato dalla storia dell’architettura e dal miracolo dei secoli: la Basilica di San Giovanni Maggiore, in pieno centro storico, accanto alla Cappella Pappacoda e di fronte a Palazzo Giusso, restituito ai cittadini dal 2012 grazie a un impeccabile restauro e affidato in gestione dalla Curia alla Fondazione Ingegneri Napoli che  l’ha reso luogo di rinascita culturale.
In questi giorni, la chiesa, che risale all’epoca della dominazione bizantina, accoglie la mostra “Sos Partenope. 100 artisti per il libro della città”, progetto di crowdfunding promosso dalla casa editrice ilmondodisuk per finanziare la traduzione in italiano del libro “Dictionnaire amoureux de Naples” (Dizionario appassionato di Napoli) di Jean-Noël Schifano, trasformando  i lettori in editori di un testo che, in quasi 600 pagine, attraverso  80 storie, rende giustizia a una città troppo spesso maltrattata dagli stereotipi. Tanti gli artisti che hanno donato un’opera affinché, attraverso la vendita, con una quota simbolica di 200 euro, si possa realizzare il piano editoriale. Tra questi, Lanzione, che ha offerto il dipinto “Verso la luce” del  2014, paesaggio dell’anima in cerca di armonia.
Tanti sono i cataloghi che Mario ha portato con sé in regalo a chi scrive, testimonianza  del lungo cammino artistico di un ragazzo (classe 1951) che già quando frequenta  le scuole medie ad Angri, decide d’iscriversi al liceo artistico di Salerno. Il preside è  Domenico Spinosa, direttore pure dell’Accademia di Belle Arti di Napoli.
Il Maestro lo ritroverà nel palazzo di via Costantinopoli, da allievo della sua cattedra. Intimidito dalla sua irruenza, a tratti contagiato, tanto da mitigare, con misura, la sua abituale mansuetudine.
Sembrano agli antipodi. Spinosa, avvolto dalla spinta  verso l’informale che asseconda l’urgenza della passione. Lanzione, piuttosto riflessivo, affascinato dalla lacerazione dei manifesti del calabrese Mimmo Rotella, ma anche dall’umbro Alberto Burri per l’originalità con cui affronta la materia. Tuttavia, la vera folgorazione arriva alla Galleria d’arte moderna e  contemporanea di Roma davanti a un quadro di Massimo Campigli che  gli  suggerisce  il traguardo di una “quiete interiore”.


Mario attraversa la metà degli anni settanta quando conclude  gli studi accademici, non la sua amicizia con Spinosa che diventa un secondo padre per lui. Amabile compagno di gite, per esempio a Laviano, dove risiedono alcuni parenti di Lanzione. Un  piccolo centro della valle del Sele, aggredito dal terremoto dell’ ’80. A questa terra, cui è fortemente legato per le radici materne, Mario ha dedicato un anno prima  di quel tragico 23 novembre, profetici versi. Lenti rintocchi di campana/anche il tempo denincia stanchezza/Brusio di voci/ giovanili;/passi che si allontanano:/è già silenzio.
Dal 1975, gli strappi. Dipinge i fogli, li incolla  uno sopra l’altro, comincia a strapparli. E, su questi, inserisce le carte veline (abbandonate  negli anni ottanta e poi riprese negli ultimi tempi). E’ il periodo in cui avvia anche la sua collaborazione con la Galleria napoletana San Carlo, in via Chiatamone, diretta da Raffaele Formisano. Qui incontra il Signore dell’astrattismo, Renato Barisani (nato nella stessa epoca di Spinosa) e  sarà  proprio Mario a unire i due, successivamente,  in una serie di esposizioni.
Intanto, grazie a Spinosa, incontra la sua promessa sposa, Pina De Cicco. Complice, una mostra di mail art (dedicata al sisma) che è piaciuta molto al Maestro. Mario ha invitato molti  artisti inviando loro una cartolina, un quadrato diviso in tre segmenti: l’intervento pittorico, l’indirizzo del destinatario con il francobollo e la risposta artistica affidata a ciascun autore coinvolto nell’iniziativa. «Devi assolutamente portarla in Accademia», sentenzia Spinosa.
Un verdetto importante. Arriva in Accademia e si organizza per allestire l’ esposizione che conta centinaia di piccole opere. Mentre è impegnato nell’operazione, gli viene in mente di chiedere un consiglio al Maestro e va a cercarlo nell’aula dove  lui  dipingeva da studente. Nella postazione dove abitualmente piazzava il suo cavalletto, c’è una ragazza di spalle. Curiosa di vederla in viso, le si avvicina e, chiacchierando, scopre che è stata sua allieva al liceo d’arte di Benevento. Dopo il matrimonio, lei, preferirà insegnare  storia dell’arte piuttosto che praticarla.


Una storia d’amore che dura da trent’anni, completata dalla nascita delle figlie e dal colloquio. Che è anche il segreto della sua crescita artistica, spinta costante a lavorare in gruppo. Da questa necessità, è nato il ciclo di mostre a sei: con lui, oltre i già collaudati Spinosa e Barisani, De Tora, Di Ruggiero e Manfredi, protagonisti di Generazioni (alla fine degli anni novanta) a confronto che generano poi azioni dove la lucidità geometrica abbraccia il ritmo della libertà.
Non ha mai smesso di  rapportarsi agli altri, Mario. Fino a costituire, passando per uno struggente lirismo, con Giuseppe Cotroneo e Antonio Salzano, il sodalizio “Astrattismo totale”, nel 2012 e a creare ‘Arte/studio – Gallery di Benevento dove artisti da tutta Italia hanno possibilità di esporre e vendere, senza lasciare percentuale.
La sua è una rinuncia all’iconografia. Non un rifiuto. Una scelta che rende l’immersione pittorica ancora più difficile, sollecitandolo a cercare nell’infinito della geometria il senso della vita e la poesia che ne deriva. Sintetizzata,  ma non limitata, nel triangolo della sue città del cuore: Napoli, Salerno, Benevento. Finestre d’emozioni sull’anima del mondo, illuminate dai colori. Che a dicembre porterà in Spagna, alla Fondazione Paurides di Alicante.

Nella foto in alto, Mario Lanzione è a Grosseto (al centro). Alla sua sinistra, altri due artisti, il Maestro Amrnado De Stefano e la scultrice Marisa Ciardiello

Mario Lanzione
Mario Lanzione, a destra, con Domenico Spinosa (al centro) a Laviano, nel salernitano, negli anni settanta

 

 

 

 

 L’ ARTISTA IN PILLOLE
Nasce nel 1951
a Sant’Egidio del Monte Albino in provincia di Salerno. Dal 1975 è impegnato a coniugare  la pittura informale  con l’astrattismo geometrico. Molte le mostre internazionali, da Instanbul a Tokyo.
Di lui hanno scritto: Crispolti, Finizio, Crescentini, Venturoli, Agnisola, Pinto, Corbi, Calabrese, Scontrino, Segato, Battarra, Romano, Caroli, Meneguzzo, Maiorino, Manganelli, Vitiello, Civita, Carnemolla, De Felice, Gasbarrini, Izzo, Notte, Montano, Iovino, Giannì, Tafuri, Pratesi, e Alfano.
Fondatore del gruppo astrattismo totale ( nel 2012) che gravita  ruota intorno all’l’Arte/studio – Gallery di Benevento.  Nell’ ottobre (il 21) di quest’anno, il gruppo esporrà a Busto Arsizio (palazzo Cicogna). Lanzione ne cura tutti i testi critici.
Nel  2016 il Frac di Baronissi gli dedica una mostra antologica “Carte, trasparenti scenari” curata da Massimo Bignardi che ha proposto il tema in una recente esposizione romana (maggio 2017) dedicata a Lanzione, allo Studio Arte Fuori Centro, via Ercole Bombelli 22. Mentre  Guido Buffoni è stato curatore dell’evento di Perugia “Mario Lanzione… astrazione … e tangibiltà” , organizzato nell’aprile 2017 allo spazio 121.
Per saperne di più
http://www.artestudiogallery.it

 

 

 

 

 

 

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