«I miei mondi erano altri, erano quelli descritti da Mann o Tolstoj, da Conrad o Camus, da Moravia o Hemingway, da Marquez o Kundera, da Roth o Larsson, da Mishima o Kafka. Non vedevo l’ora di alzarmi e ritirarmi con essi, lasciare i miei vecchi alle loro misere esistenze, tristi Mugik che rifiutavano di capire».
Con “Il peso della nebbia”, la scrittrice e giornalista Daniela Molina ci fa compiere un affascinante viaggio nei territori più torbidi della mente umana, costruendo un romanzo che si muove tra l’ossessione del successo e il naufragio morale, tra l’ironia tagliente della commedia nera e la cupezza di un thriller psicologico.
Il protagonista dell’opera, Giovanni Guarneri, proviene da una famiglia di onesti lavoratori della terra ma non ha mai amato le sue origini contadine, cercando di “elevarsi” prendendo una laurea e provando a diventare un apprezzato scrittore; è un uomo divorato da un’idea di perfezione artistica che però non riesce mai a concretizzare.
La sua ricerca della gloria letteraria, ostinata e cieca, finisce quasi per annientarlo; tutto ha inizio quando, dopo aver inviato il suo manoscritto a numerose case editrici e agenzie letterarie, scopre che il suo romanzo – costato anni e anni di sacrifici – è stato pubblicato con successo con il nome di un autore più noto: un giornalista televisivo che si prende tutti gli onori, diventando uno scrittore bestseller e provocando in Giovanni ancora più rabbia e frustrazione.
Il protagonista si perde in un vortice di vendetta, paranoia e autocommiserazione, ossessionandosi sul suo desiderio di rivalsa a tal punto che, una volta compreso che legalmente non avrebbe speranza di veder riconosciuto il suo lavoro, decide di ricorrere a vie più estreme.
L’autrice indaga con attenzione quel momento in cui l’ambizione supera la soglia della lucidità e la ragione scivola nel delirio, facendo di Giovanni al tempo stesso una vittima di ingiustizia ma anche un carnefice, e ricalcando così il destino di molti dei personaggi nati dalla penna dei suoi amati autori russi ottocenteschi.
In controluce, Daniela Molina ci consegna anche una satira sottile sul mondo editoriale italiano: sui suoi inganni, sulla corsa alla visibilità, sull’illusione di poter misurare il talento con il marketing e sulle difficoltà ad emergere degli scrittori puri, se non hanno nomi altisonanti o raccomandazioni illustri. Mentre il lettore segue l’assurda vicenda del protagonista, considerato uno di quegli anonimi, non può fare a meno di chiedersi quanto della sua ambizione e del suo narcisismo quotidiano lo renda simile a lui. (Marcella Teti)
©Riproduzione riservata
Per saperne di più
Facebook
Amazon
youtube