Specialista in chirurgia oncologica e proctologia, da oltre 15 anni il napoletano Bendetto Neola, all’ospedale Cardarelli porta avanti una missione: curare con delicatezza, innovazione e consapevolezza, offrendo una chirurgia mini-invasiva, umana e senza lunghe degenze. Quando si parla di proctologia, molti si irrigidiscono, ma per Neola (foto) è prima di tutto una branca di ascolto, comprensione e cura.
«Proctologia deriva dal greco proctos, che significa retto – spiega – e racchiude tutte le patologie, benigne e maligne, che interessano il tratto rettale e, per estensione, il colon e l’apparato gastrointestinale». Un campo delicato, spesso temuto, ma che oggi può essere affrontato con strumenti e approcci molto diversi dal passato. Da oltre quindici anni, il dottor Neola — specialista in Chirurgia generale, Oncologica e Proctologia — si impegna per offrire una chirurgia «senza dolore e senza lunghe degenze», unendo competenza tecnica e attenzione profonda al benessere del paziente.
«Credo che le persone abbiano due grandi esigenze: essere ben informate e sentirsi accompagnate. Il paziente deve sapere esattamente cosa ha, cosa comportano i diversi trattamenti e deve poter scegliere con consapevolezza». È un rapporto di fiducia, un’alleanza terapeutica che comincia con il dialogo e si rafforza lungo tutto il percorso di cura, fino al recupero. Nella sua esperienza, non sempre la chirurgia è la scelta giusta.
«Oggi sappiamo che, in alcuni casi, il cancro del retto può regredire grazie a radio e chemioterapia, evitando l’intervento. È una grande conquista, perché significa ridurre rischi importanti come l’impotenza o la necessità di una stomia. Ma la decisione deve essere condivisa: un paziente anziano, ad esempio, può preferire accettare un piccolo rischio di recidiva piuttosto che affrontare un’operazione complessa. Questo è un passo di civiltà nella medicina».
Quando la chirurgia è necessaria, però, il dottor Neola punta sulle tecniche mini-invasive e robotiche, che permettono incisioni di pochi millimetri e un recupero sorprendentemente rapido. «Non è sempre possibile, ma quando ci sono le condizioni e una struttura adeguata, i risultati sono straordinari».
L’obiettivo è chiaro: ridurre il dolore, i tempi di degenza e persino l’impatto estetico.«Le cicatrici sono quasi invisibili, di un centimetro o meno, e i pazienti spesso faticano a credere di essere stati operati pochi giorni prima».
La stessa filosofia vale anche per le patologie benigne come emorroidi e ragadi, che un tempo richiedevano interventi dolorosi e oggi, grazie a trattamenti ambulatoriali come legature, scleromus o fotocoagulazione, possono essere risolte senza bisturi e senza dolore. «Negli ultimi anni avrò eseguito due o tre emorroidectomie tradizionali: ormai sono casi eccezionali».
Alla base del suo lavoro c’è una convinzione profonda: la chirurgia non è solo tecnica, è relazione, accompagnamento, empatia. «Il paziente non va mai abbandonato, neppure davanti a una complicanza. Chirurgo e paziente devono camminare insieme, dalla diagnosi alla guarigione».

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