Approdato al San Carlo oltre mezzo secolo dopo la prima palermitana del 1955, “Il cappello di paglia di Firenze” di Nino Rota è pagina gradevole e divertente. Intrisa di reminiscenze dal repertorio operistico ottocentesco nonché di autocitazioni, l’opera ammicca all’operetta e non esita ad attingere alla copiosa letteratura filmica dell’Autore.
L’opera di Rota è stata apprezzata dal pubblico del massimo napoletano  nell’allestimento della Fondazione Lirico Sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari, a firma della regista veneziana Elena Barbalich, con scene e i costumi di Tommaso Lagattolla, coreografie di Danilo Rubeca, luci di Marco Giusti, pattinatori, mimi e danzatori della Compagnia Körper, con l’efficace direzione musicale di Valerio Galli, tornato dopo La bohème del 2016 alla guida del coro e dell’Orchestra del Lirico di Napoli.
La folle giornata delle nozze del giovane Fadinard, intento a correre da un luogo all’altro, trascorre fra equivoci e colpi di scena, scambi di persona e di luoghi: obiettivo dell’azione è il tentativo di salvare l’onorabilità della signora Anaide, alla quale il cavallo del proprio calesse ha divorato il cappello di paglia di manifattura fiorentina, che le era stato donato dal marito, mentre lei si intratteneva con il tenente e amante Emilio. Dal lato femminile, occorre citare l’eccellente vocalità di Daniela Mazzuccato e la duttilità straordinaria del mezzosoprano Anna Malavasi.
“Leggera” e semplice la visione della partitura di Valerio Galli, interprete attento della musicalità di Nino Rota, che a dispetto dello sperimentalismo in voga ai suoi tempi, sapeva disarmare tutti con la folgorante innocenza delle sue musiche.
Nella foto di Francesco Squeglia, una scena dell’opera di Rota

PROSSIMO APPUNTAMENTO: torna la Traviata

Torna a grande richiesta il nuovo allestimento del Teatro di San Carlo della Traviata per la regia di Lorenzo Amato, diretta da Jordi Bernàcer e Maurizio Agostini e in scena per un mese, ovvero da domenica 20 maggio a mercoledì 20 giugno.
Una Traviata
che ha fatto parlare molto di sé, perché, oltre all’originalità della chiave di lettura adottata dal regista, ha una messa in scena che richiama direttamente la più alta tradizione pittorica ottocentesca.
Le scene di Ezio Frigerio sono interamente dipinte a mano, realizzate dai Laboratori artistici del Teatro San Carlo. Nessuna costruzione o derivazione da fonti digitali, solo altissimo artigianato dove il confine con l’arte è assai labile.

Per saperne di più
www.teatrosancarlo.it

 

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