La mia non vuole essere una recensione ma semplicemente, appassionatamente, un ricordo, un omaggio a uno dei più grandi drammaturghi europei. Enzo Moscato.
Inizio da come l’ho conosciuto. Era il periodo che io definisco ‘o teatro d’ ‘e cascettelle messe in scena con pochi elementi scenici, candele, nastri, non si andava oltre ma… testi importanti di grande bellezza, scritture innovative, che scavavano nel ventre di Napoli riportando in essere le nostre radici partenopee, la nostra grande storicità…
Questo era “Scannasurice” di Enzo Moscato e mi innamorai subito di questo autore. Poi arrivò “Festa al celeste e nubile santuario”. Una delle perle più belle che Moscato abbia scritto, con un indimenticabile cast, Enzo Moscato, Gino Curcione e Tata Barbalato.
Giovani attori che calcavano il palcoscenico dello storico reatro Sancarluccio, regalando al pubblico forti emozioni. Dopo averlo conosciuto, iniziai a “inseguirlo” per tutta l’Italia per assistere alle sue messe in scena (maleducatamente andavo a salutarlo anche prima dello spettacolo, ma lui sempre gentile mi accoglieva come un “amico”).
Ricordo il suo rammarico per aver letto una brutta critica per “Ragazze sole con qualche esperienza”, con gli occhi lucidi mi confidò il suo dissenso, mentre Annibale Ruccello, un altro grande che faceva parte del cast, alleggeriva l’episodio scherzosamente giocando con me, così anche Enzo si rasserenò.
La mia vittima era Claudio Affinito, una volta a Milano mi presentai e al foyer del teatro dell’Elfo Claudio mi disse “Staje pure ccà?” e sorridente mi regalò degli “omaggi”: ero diventato la sua “pittima veneziana” ma per assistere alle messe in scena di Moscato avrei fatto anche “qualche debito fresco”…
Chi fa parte della mia generazione mi può capire, chi ha avuto la fortuna di vivere quei periodi sarà felice di leggere queste mie rievocazioni, Enzo era invidiato, criticato, osannato, era complesso nella sua semplice studiata complessità… ma era oro, argento, emozioni , poesia errante, un arricchimento culturale continuo per i suoi spettatori.
Potrei raccontare tanti aneddoti, ma preferisco passare subito a uno spettacolo che ti prende il cuore. Tratto da “Gli anni piccoli “, una autobiografia di Enzo Moscato: “Non posso narrare la mia vita” è il titolo della messa in scena al Teatro Mercadante di Napoli,” Roberto Andò firma regia e drammaturgia.
Quando la scrittura diventa interpretazione, parola, gestualià, trucco, scene, costumi, luci, dirette da una eccellente regia… diventa tutto magicamente magico, allora la bellezza raggiunge l’anima dello spettatore creando un complesso stato emozionale.
Partiamo dalla sontuosa elegante scenografia. Un’affascinante “rariata” dei vicoli di Toledo fatta di “Saittelle” balconi sospesi, sedie fuori dai bassi, pianino, una bancarella di scarpe usate ‘a ciente lire ‘o pajo, due vetrine che ricordano la Standa dove i manichini prendono vita, diventando silhouette o due Babbi Natale, in fondo allo scalone si erge una statua di Sant’Antonio con il Bambino, una grande vasca contornata da sedie a sdraio che vuole ricordare i Bagni Eldorado, dove coppiette, scugnizzi, anziani prendono vita ballando, bagnandosi nelle acque antiche di Napoli, uno scrittoio che ricorda l’autore impegnato a rincorrere i suoi sogni, le sue gioie e dolori, il suo essere affascinato da racconti di “spiritilli” e anime vaganti… la sua scrittura.
Insomma, tutto quello che la generazione degli anni sessanta può ricordare, raccontando la vita, la morte, il respiro dell’anima, con corpi sdraiati al sole, il tutto semplicemente con il linguaggio del corpo.
Questo è uno dei tanti quadri creati da Roberto Andò: molto attento nei particolari e fedele alla scrittura di Enzo Moscato, porta in scena i lucidi ricordi dell’autore, della città “porosa”.
Magici diventano i quadri dove tutta la compagnia si alterna interpretando enigmatiche figure, che ricordano i fantasmi del passato di Moscato, esoteriche inquietanti presenze spettrali, come flashback scompaiono e ricompaiono, un complicato intreccio tra realtà e stimoli luminosi, evocati da uno struggente fine dicitore, Lino Musella, che con una calma flemmatica recita la parte di Enzo Moscato.
Musella racconta con eleganza e stile “Gli anni piccoli”: lo fa senza nessuna esagerazione, senza imitazione o emulazione, una incisiva e coinvolgente prova attoriale.
Tonino Taiuti, giullare irriverente, a volte malinconico, composto, e contenuto nel suo personaggio. Strappa l’unico applauso a scena aperta al pubblico religiosamente in silenzio.
Giuseppe Affinito, lo ricordiamo adolescente in “Pièce noire”, lo ritroviamo un abile giovane attore dopo anni, con una padronanza scenica, gestualità e recitazione che regala sensazioni intense: interpreta ‘o guaglione d’ ‘o bar e altre perle.
Andò costruisce lo spettacolo avvalendosi di personaggi del calibro di Lello Giulivo, Flo,– eclettiche prezenze sceniche- con una ricercata ricercatezza di collaboratori, partendo da Vincenzo Cucchiara, che crea un trucco misurato in perfetta sintonia con l’atmosfera. Gianni Carluccio firma le luci e le scene ricordando fedelmente il quartiere di Montecalvario.
Il testo è una confessione laica, i ricordi gentili, a volte tristi, gioiosi di un bambino che rammenta la sua infanzia, i suoi affetti, il suo desiderio di scrivere di leggere, la sua curiosità verso il mondo e tutto quello che lo circonda, attratto da figure diverse nella loro diversità.
Nel testo ci sono citazioni e riferimenti di altre opere di Moscato, come “Occhi gettati”, “Rasoi”, ma anche di tanti altri autori e poeti come Genet, Artaud.
Negli anni ottanta, Moscato veniva definito il post Eduardo, insieme a altri tre grandi penne del panorama della nuova drammaturgia. Annibale Ruccello, Manlio Santanelli e Francesco Silvestri.
I tre autori portarono sul palco vita, morte e miracoli, tradizioni, fattarielli sogni e bisogni del popolo napoletano, recuperando un linguaggio antico, terminologie che stavano scomparendo, ognuno con il proprio stile, con il proprio pensiero filosofico, era il momento storico giusto per proporre il tutto, il pubblico aveva bisogno di nuove proposte, di nuove emozioni e questi autori irruppero prepotentemente, proponendo una freschezza antica con messe in scena accolte dalla critica e dal pubblico con entusiasmo e calore sincero.
Ritornando a “Non posso narrare la mia vita”, il finale regala l’ennesima emozione con la voce registrata di Enzo Moscato che canta “Pe’ te tutto è fernuto”.
Roberto Andò ha reso un tributo a Moscato con grazia, concretezza, rispetto, senza forzature o scopiazzamenti registici. Un plauso va a tutta la compagnia rigorosa nello stile scenico. Il pubblico ha offerto un fragoroso applauso …. tutti in piedi. Non possiamo fare altro che ringraziare Andò e tutte le maestranze che hanno lavorato dietro le quinte e sul palcoscenico, regalandoci un altro capolavoro di Enzo Moscato.
©Riproduzione riservata

sul palco del Mercadante (foto di Lia Paqualino)
NON POSSO NARRARE LA MIA VITA
da Gli anni piccoli e altri testi di Enzo Moscato
drammaturgia e regia Roberto Andò
con Lino Musella
Tonino Taiuti, Flo, Lello Giulivo, Giuseppe Affinito
e Vincenzo Pasquariello, Ivano Battiston, Lello Pirone, Eleonora Limongi
voci e corpi della città Nikita Abagnale, Mariarosaria Bozzon, Francesca Cercola, Gabriella Cerino, Nicola Conforto, Mattia Coppola, Vincenzo D’Ambrosio, Matteo Maria D’Antò, Ciro Giacco, Eleonora Fardella, Mariano Nicodemo, Maurizio Oliviero
scene e luci Gianni Carluccio
costumi Daniela Cernigliaro
musiche Pasquale Scialò
suono Hubert Westkemper
coreografie Luna Cenere
foto di scena Lia Pasqualino
trucco Vincenzo Cucchiara
aiuto regia Luca Bargagna
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale
Durata spettacolo 1h e 45’ circa
Per saperne di più
www.teatrodinapoli.it
Calendario rappresentazioni
26/12 ore 21:00 | 27/12 ore 19:00
28/12 ore 18:00 | 29/12 ore 17:00 | 30/12 ore 21:00 | 02/01/2026 ore 21:00
03/01 ore 19:00|04/01 ore 18:00|05/01 ore 17:00|06/01 ore 17:00 | 07/01 ore 21:00
Al Piccolo Teatro di Milano dal 16 al 25 gennaio 2026







