Le disobbedienti/ Medioevo: Margherita da Arco, la ribelle di dio che fu condannata al rogo. Una donna appassionata e sanguigna

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Donne e fede, donne e potere sono i temi affrontati da Livio Gambarini in “La ribelle di dio. Le cronache dei Visconti” secondo romanzo, dopo “La papessa di Milano”, dedicato alla nobile dinastia viscontea che dominò Milano e buona parte del Nord Italia durante il Medioevo.
Da poco in libreria per Piemme il libro riprende la storia di Maifreda Pirovano, cugina di Matteo Visconti, riconosciuta nel 1300 Papessa dai seguaci di una chiesa in cui le donne rivestivano ruoli apicali. L’autore descrive il dolore e il rimorso del cugino, di lei innamorato fin da ragazzo, per non esser riuscito a salvarla dal rogo, un dolore che macera e inibisce popolando i giorni e le notti.
Sullo sfondo delle alleanze e delle battaglie tra Guelfi e Ghibellini, delle tessiture politiche e delle campagne militari, si distende la storia dei protagonisti intrecciata con il racconto della parabola del movimento di Dolcino da Novara (Davide Tornielli 1250 circa – Vercelli, 1º giugno 1307) discepolo di Gherardo Segarelli da Parma fondatore di una regola, quella degli Apostoli di Cristo, basata su una radicalizzazione di quella dei francescani: povertà assoluta e rifiuto della proprietà di qualsiasi bene.
La storia di quel periodo è fatta di condanne per eresia comminate dall’Inquisizione e celebrate con il puzzo di carne bruciata: Maifreda Pirovano, Gherardo Segarelli, Dolcino da Novara, Margherita di Oddorico da Arco – anche nota come Margherita Boninsegna da Trento – e altri furono bruciati perché colpevoli di aver denunciato la dilagante corruzione del clero cattolico.
Margherita di Oddorico da Arco, animata da sincera fede, scappa dal convento in cui aveva scelto di dedicarsi a dio ribellandosi agli abusi del priore. Sulla sua strada incontra Dolcino cui si unisce nella guida del gruppo degli Apostoli convertendo, grazie all’appassionata e dotta predicazione, nuovi adepti.
Tra i due nasce un sentimento profondo che Dolcino tenta di reprimere perché convinto che cedergli significherebbe non udire più la voce divina e perdere la capacità di essere una guida illuminata. Margherita unisce alla fede il pragmatismo di chi deve organizzare i molteplici aspetti che concorrono a garantire la sopravvivenza quotidiana e un buon governo di una comunità.
Sono gli anni in cui si diffondono le comunità delle beghine, in cui Margherita Porete e il movimento delle Inquiete e le Valdesi scelgono un modello di vita religioso nel quale si rifiuta la mediazione dell’apparato clericale e si opera per alleviare le pene dei poveri e degli ultimi. Ma come osano le donne condursi in tal modo? Hanno forse dimenticato quanto scritto da San Paolo in una delle lettere ai Corinti “Le donne tacciano in assemblea” (1 Cor 14,34) in cui si ribadisce la condotta umile e sottomessa che a loro si confà?
Il priore cui Margherita si ribella le dice: «˂”Le beghine girovaghe…” Si interruppe come se stesse scegliendo le parole con cura. “Sai cosa dicono di loro nei concili? Che leggono le Scritture senza guida, interpretandole a loro piacimento. Che si credono illuminate direttamente da Dio”. Fece una pausa, gli occhi fissi nei suoi. “È una strada pericolosa, figlia mia. L’anima femminile è per natura più fragile, più esposta alle tentazioni del Maligno. Margherita sentì il sangue scaldarsi. “Eppure fu una donna a portare Cristo nel ventre”. “Proprio così”. Un sorriso sottile increspò le labbra del priore. ”E fu attraverso l’obbedienza che Maria divenne la porta della salvezza. “Ecco la serva del Signore” disse. Non “Ecco colei che interpreta da sola la volontà divina”».
In queste poche righe è condensata l’intera impalcatura del pensiero cattolico alla base della millenaria azione di sottomissione di oltre metà del genere umano: la donna è inferiore, ella è una peccatrice che induce l’uomo al male, secondo Aristotele: «La femmina è femmina in virtù di una certa assenza di qualità. Dobbiamo considerare il carattere delle donne come naturalmente difettoso e manchevole» il francescano Àlvaro Pelagio nel “De statu et planctu Ecclesiae”, pubblicato nel 1474, elenca centodue motivazioni per argomentare la tesi per la quale il demonio si impossessa delle creature femminili.
Tale archetipo è perfettamente impersonato da uno dei personaggi, Belengeria della Torre, madre superiora di un monastero che trama nell’ombra asseverando l’idea di una donna naturalmente nata malvagia e volta all’inganno per prevalere sull’uomo: «Non vi insegnerò nulla, Guido, poiché scrive Paolo a Timoteo: “La donna impari in silenzio, con tutta sottomissione. Non permetto alla donna di insegnare né di dominare sull’uomo. Rimanga piuttosto in atteggiamento tranquillo”».
E ancora, verso la fine del libro in un dialogo tra Margherita e uno dei personaggi, che solo nell’epilogo svelerà il suo vero volto, si legge: «Ascoltami. Io li conosco da sempre, so come ragionano: (gli inquisitori ndr) credono che le donne non posseggano un pensiero indipendente».
E se qualcuno  – erroneamente – pensasse che tal modo di pensare sia da riportare al Medioevo dovrebbe ricredersi ascoltando le parole pronunciate pochi giorni fa, e non qualche secolo addietro, dal nunzio apostolico in Repubblica Centrafricana e Ciad che nella cattedrale di Conversano ha ribadito il concetto dell’obbedienza a cui le donne sono tenute: «Maria è veramente libera. Libera perché sa obbedire. Maria è la donna veramente più libera del mondo, dovremmo dirlo a qualche femminista. Maria è la donna più libera del mondo perché ha saputo obbedire».
Ma non tutte le donne erano – e sono – disposte a tale obbedienza, ce ne sono sempre state alcune che hanno lottato per conquistare una minima indipendenza di pensiero nella vita religiosa o in quella secolare. Nel romanzo l’ordine sociale viene ben illustrato anche rispetto allo stile di vita previsto per mogli e madri: «Le donne sono fatte così. Fragili, piene di paure. Bisogna portare pazienza, tua moglie non ha colpe, dalle un po’ di dolcezza e di tempo, e poi riempile il grembo, di nuovo».
Margherita Boninsegna, come altre donne di fede, rigettò questa visione distorta dei modelli ascrittivi imposti alle donne, le paure le esorcizzò affrontando il prezzo delle sue scelte: la tortura e la morte sul rogo.
Come altre religiose uscite dal seminato di santa romana chiesa affermò un’idea di fratellanza/sorellanza in cui uomini e donne sono uniti dall’impegno a favore del prossimo seguendo – su un piano paritario – il messaggio di Cristo.
La protagonista di Gambarini è una donna appassionata e sanguigna, una leader consapevole della responsabilità che tale ruolo comporta, desiderosa di apprendere e animata dalla curiosità di conoscere nuove cose come la lettura dei possibili futuri legata ai Tarocchi cui Taria Pontari, amica di Maifreda che ispirò la figura de la Papessa, la introdurrà. Quei tarocchi che i Visconti, anni dopo, commissioneranno in mazzi riccamente dipinti e rifiniti ancora oggi usati.
L’autore disegna un affresco corale in cui storia e vicende dei personaggi dialogano in maniera fluida e coinvolgente, un bel romanzo storico sul Medioevo italiano, sull’arte militare, i rapporti tra padri e figli, tra fratelli e sull’importanza di costruire solide alleanze per far prosperare la famiglia. L’autore dà voce ai moti dell’animo dei personaggi conferendo loro quei tratti che trascendono il tempo: le umane passioni.
Uomini e donne che vivono tra le pagine si nutrono di speranze, sogni, aspettative, principi e ideali insidiati da dubbi, cadute, difficoltà, paure, disillusione e sconfitte. Patiscono il freddo, la fame, il rammarico o vivono al caldo e ben nutriti secondo il ruolo ma tutte/i, nessuno escluso, paga il prezzo delle proprie scelte.
Un bel romanzo che induce a riflettere sul personale rapporto che ognuna/o di noi ha verso la fede, la religione e il libero arbitrio.
©Riproduzione riservata
IL LIBRO
Livio Gambarini
La ribelle di dio. Le cronache dei Visconti
Piemme
Pagine 572
euro 19,90

L’AUTORE
Bergamasco classe 1986, è scrittore e divulgatore di Medioevo italiano. Da anni insegna narratologia e tecniche di scrittura in corsi, seminari e sessioni di mentorship; fondatore della realtà per aspiranti scrittori di “Rotte Narrative”, è docente al corso di Alta Formazione “Il piacere della scrittura” dell’Università Cattolica di Milano. Già noto per Eternal War, la sua saga fantasy-storica su Dante e Guido Cavalcanti, tra i suoi altri interessi figurano la narrazione di GDR e videogiochi.

Sul tema donne e fede tra #ledisobbedienti:

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