Il pane della violenza. Perch no…

“Why not…”, il ritornello di una canzone riecheggia nei vicoli della Sanit . Daniele, 13 anni, ne ricava un’esortazione a rischiare e cogliere le occasioni. “Perch no” (Editore Perpisa, pagg. 115, euro 9) è l’ultimo libro di Cristina Zagaria, cronista della redazione napoletana del quotidiano “La Repubblica” e gi  vincitrice dei premi “San Valentino 2007-citt  di Terni” per il romanzo “Miserere” e “Zocca Giovani 2008” per “L’osso di Dio”.
L’autrice ambienta il romanzo a Napoli in una fredda giornata di gennaio e racconta le vicissitudini di alcuni personaggi, in una storia dal sapore quasi cinematografico, con una tecnica di “montaggio” narrativo che alterna i protagonisti e ne unisce i destini in un abile crescendo drammaturgico. Appunto, i personaggi. Descritti con poche e rapide notazioni, ma immediatamente riconoscibili e familiari perch facilmente identificabili con persone della vita reale, quelle che si incontrano tutti i giorni per strada.
Daniele, voce narrante della storia, è un ragazzino che la sera va a dormire presto e la mattina si rif  il letto prima di andare a scuola. Si direbbe il classico bravo ragazzo, se non fosse che il desiderio di dimostrare agli altri il suo coraggio e la lusinga del denaro facile lo spingeranno su strade pericolose. Eppure da tempo la madre lo aveva avvisato: “Noi quel pane non l’abbiamo mai mangiato. Non ti fare ingannare dal profumo”.
Il profumo della trasgressione e della violenza, quello incarnato da Francesco, il migliore amico di Daniele, che lo istiga a partecipare a una rapina per poter entrare nel sistema e “fare carriera” insieme a Mario “la iena”, 12 anni e gi  l’atteggiamento del piccolo boss che ha le idee chiare, perch “un soprannome ci vuole, se vuoi essere rispettato”.
Ma non tutto è perduto, non c’è solo amoralit  e violenza. Nel libro altri personaggi con storie diverse ci raccontano una Napoli lontana dalle cronache quotidiane.
C’è Lucia, amica di Daniele e parrucchiera nel negozio della madre: lei sogna un futuro onesto e tranquillo. E soprattutto c’è Adriana, una donna che non si fa abbattere dalle avversit : il lettore lo scoprir  anche nelle ultime pagine del libro. La morte recente della madre, il padre vecchio e gravemente malato, il marito cassaintegrato alla Fiat di Pomigliano. Ma Adriana lotta, non si arrende. Continua il lavoro di insegnante con la passione di sempre, sorregge con il suo stipendio la famiglia, trova anche la forza di coltivare la passione per il ballo e scacciare cos i ricordi più tristi.
Cristina Zagaria costruisce un racconto che è un inno alla forza delle donne, al loro coraggio silenzioso e testardo. Anche quando il passato le segna, come è il caso dell’ex prostituta Rosita, c’è sempre una reazione, una voglia di riscatto.
Che gli uomini, invece, paiono non riuscire a esprimere pienamente. Uomini sconfitti dalla malattia e dall’et  avanzata, come Marcello, padre di Adriana. Uomini umiliati dalla perdita del lavoro, che scatenano la loro rabbia nelle dimostrazioni di protesta e negli scontri con la polizia, come Salvo, marito di Adriana. Giovani uomini desiderosi di dimostrare di essere “ommene” e quindi pronti a compiere il gesto clamoroso, che li far  entrare di diritto nella cerchia delle persone “rispettabili”, con un curriculum e una carriera. E con macchine di lusso, moto di grossa cilindrata e abiti di marca costosi.
Alla fine della lettura, chiuso il libro dove spicca la bellissima copertina con l’immagine di un Vesuvio che osserva tenebroso lo skine partenopeo notturno, una domanda insistente si insinua nella testa. Adriana a porla, nel corso della narrazione.
“Questi ragazzi per cosa lottano?”.

Napoli, Cristina e la forza delle donne

Cristina Zagaria è nata a Carpi, la sua famiglia è originaria di Taranto. Dopo essere tornata nella terra pugliese, è stata assunta dal quotidiano “La Repubblica” e ha lavorato nelle redazioni di Bologna, Bari, Roma, Milano. Dal 2007 a Napoli, dove vive. “Perch no” è il suo quarto libro, dopo “Miserere” (Dario Flaccovio, 2006), “Processo all’Universit ” (Dedalo, 2007) e “L’osso di Dio” (Dario Flaccovio, 2007).
“Perch no” esce in libreria il 23 settembre e sar  presentato alla Feltrinelli di piazza dei martiri il 22 ottobre. Con l’autrice, (il magistrato) Raffaele Cantone.
Perch hai scelto come scenario la Sanit ?.
“Non è stata una scelta razionale, anzi è stato molto difficile confrontarmi con un quartiere cos raccontato dal cinema e dalla letteratura. E’ stata la storia a chiamarmi: l’episodio raccontato in Perch no è realmente accaduto. Comunque, ho fatto un lungo lavoro di preparazione, cercando di vivere il quartiere, di passeggiare per le strade per non raccontare una Napoli astratta, ma quotidiana”.
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“Ho confrontato ogni termine usato con libri e di narrativa e poesia. E ho chiesto la revisione a una mia collega e napoletana doc, Patrizia Rinaldi. Un lavoro diciamo scientifico. Anche se mi sono data una regola: ho cercato di ricreare il suono del napoletano. Ho grande rispetto per il dialetto e so di non padroneggiarlo, n volevo…Insomma il vero cultore trover  tantissimi errori. Ma mi piace anche questo, perch chi parla il napoletano spesso deforma o sporca le parole, non è cos preciso come un libro stampato. E mi piace che nel napoletano di Perch no ci sia traccia di queste imprecisioni. Per il resto il dialetto (mai esasperato) fa parte della vita di Daniele, Francesco, Lucia…non potevo tradire la loro natura”.
Adriana, forse il personaggio più bello di queste pagine…
“Mi piace scrivere di donne. E anche io amo molto Adriana e il suo piccolo mondo di via La Stella 124. Lei ha un lavoro che adora e fa con passione (è insegnante elementare), ma la sua vita ruota attorno a due uomini, suo padre e suo marito. In lei ho cercato di raccontare la rassegnazione e la forza che ho visto in tante donne napoletane”.
Impressionante, la metamorfosi di Daniele…
Impressionante, la metamorfosi di Daniele …
“Una giornata e una metamorfosi. quello che mi ha colpito in molte storie di cronaca, spesso, soprattutto i ragazzi, arrivano a compiere un’azione estrema senza pensare troppo alle conseguenze, alla loro vita che si ribalta. Daniele comincia la giornata e sembra un bimbo (parla con l’amichetta di una coperta che sembra una nuvola) e, a fine giornata, sfida la polizia e ha uno sguardo da adulto. Per costruire il suo personaggio ho chiesto aiuto a un’assistente sociale specializzata in disagio minorile e un mio caro amico psicologo. Anche se Daniele esiste davvero”.
un ragazzino della Sanit ?
” un ragazzino che ho incontrato non alla Sanit , ma a Scampia. Erano i giorni di Carnevale e lui passava le giornate appostato dietro un muretto, da dove lanciava uova e pietre contro le auto che passavano. Sono quegli episodi che non trovano mai spazio in un giornale, ma quel ragazzino (di cui non conosco il nome vero e che poi è diventato Daniele) era un miscuglio di gesti infantili e di sguardi adulti. Mi ha affascinato”.
Nella tua storia emerge una citt  stanca…
“Una Napoli più che altro che si fa trascinare dagli eventi. Questo mi ha colpito subito. Ma ho imparato che Napoli non è solo la citt  che senza volere s’ “entallea” , ma è anche la citt  delle grandi sfide: ecco un personaggio come Lucia, l’amica di Daniele, che lavora come parrucchiera, ma vuole andare a studiare in una grande citt . Insomma, ho voluto lasciare uno spiraglio aperto anche su una Napoli in grado di sognare”.

Descrivi la realt  da napoletana… Merito del lavoro di cronista?
“Mi ha aiutato tantissimo. Per lavoro sono sempre in giro. E soprattutto sono in giro nelle periferie della citt . Il mio impatto con Napoli è stato, due anni fa, con un’inchiesta a bordo dei bus cittadini: ho girato tutti i quartieri in lungo e in largo, guardando la citt  dal finestrino. stata una scoperta lenta. Insomma, conoscendo i miei limiti di non napoletana -, cerco di prestare ancora più attenzione. Cos mi capita che, parlando con amici napoletani, anche semplicemente per scegliere in che pizzeria andare, io conosco la strada più breve o la pizzeria meno nota…e mi piace moltissimo, perch comincio a sentirmi parte della citt “.

Mai avuto paura di non saperla raccontare come “i veri partenopei”?
“S. E ce l’ho ancora. Ma non esattamente paura di non essere credibile la mia….perch non scrivo di Napoli da Milano, ma lo faccio vivendo la citt . La mia paura è quella di filtrare la vita della citt  attraverso occhi esterni… il mio sguardo non ha la profondit  della tradizione. Però questo può essere anche un vantaggio, perch i miei occhi, proprio perch ancora stranieri, sono attenti, curiosi e liberi da tanti luoghi comuni, che a volte limitano la visione di sguardi, come dire, troppo napoletani”.
Tu e Napoli…
“Napoli non l’ho scelta, mi è capitata in sorte. Prima di trasferirmi a vivere e lavorare qui, c’ero stata solo una volta. Non avevo un’idea definita della citt , però avevo un bisogno carnale di tornare al Sud e qui mi ci sono immersa. Sono arrivata nel pieno della crisi dei rifiuti, ma la citt  non mi ha mai tradito o deluso. stato amore a prima vista”.

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