"Sicuramente sono un torniante, perch dalla tazzina al portaombrelli, qualsiasi disegno mi porti, lo riesco a rifare", si presenta cos Antimo De Santis, torniatore con studio/laboratorio nel cortile (d’artisti) di palazzo Real Manso di Scala, in via Nilo 34 (Napoli). Il tornio fu una folgorazione "mi iscrissi all’istituto d’arte, indirizzo ceramica, ma scelto casualmente. L vidi un professore che lavorava al tornio e dissi voglio imparare quello". Ma la parentesi scolastica è breve, la voglia di studiare poca e sovrastata da quella di lavorare. L’amicizia con un ragazzino con madre Svizzera, Lisa Webber, trapiantata a Napoli, ormai da 30 anni, è il punto di svolta. "Andammo a lavorare con la madre che, da buona nordica disse mio figlio no, l’amico si. E mi trovai per caso, sui 15 anni, ad andare in questa bottega. Cos sono cresciuto tra questi nordici trapiantati a Napoli, una cosa un po’ strana, specie in un rione come quello della Sanit , ma da sempre, tutto ciò che è diverso mi incuriosisce".

A 21 anni, una svolta "buona nordica mi disse l è la porta, te ne puoi andare. Cos aprii il mio primo laboratorio a piazzetta Nilo, con un certo Giampiero. Dopo 3, 4 anni, cambiai luogo e socio. E ora saranno 10 anni abbondanti che lavoro qui nel cortile. Faccio sia l’esecutore che il torniante per altre botteghe. Mentre di queste siamo pieni, la figura del torniante è rara, ci sono tanti decoratori e il lavoro non mi manca".

Compagno fedele, il primo tornio, elettrico. "Avevo 18 anni e la patente appena conseguita, partii da solo per la Toscana e andai a comprarlo. Ci lavoro tutti i giorni, ma non ho solo quello. Ho imparato sul tornio a pedale, con il volano in legno. Lo chiesi in eredit  a Lisa e lei me lo regalò da viva. Poi ne ho comprato un altro che ho regalato alla mia fidanzata, Marina Pascali, un tempo mia allieva, anche lei innamorata della ceramica". Dall’unione dei due, il nome del laboratorio, MAC Marina, Antimo, Ceramica ( www.mac-ceramica.com/).

"Gli oggetti li progettiamo e li realizziamo insieme. Poi io ho le mie collaborazioni che eseguo da solo. Capendo il loro gusto, mi so adeguare alle esigenze dei clienti. Poi ho l’esperienza del ceramista, quella della seconda cottura. C’è uno spartiacque tra chi lavora e si ferma a 900 gradi, che si chiama tecnicamente biscotto, e chi quel biscotto lo riveste, e poi lo puoi chiamare porcellana o maiolica. E’ la seconda cottura, che ha a che fare con la chimica. E’ il bello e il brutto della ceramica, perch è una cosa difficilissima, non sei mai sicuro di nulla. Io sono tanti anni che faccio le stesse cose e devo costantemente fare le mie prove perch non so mai se il giorno dopo la cosa riesce come dico io".

Nel suo percorso, una costante rimane fissa "cerco di non abbandonare mai la ricerca, la ceramica è la mia passione ed è un mondo che inzi oggi e non finisci mai di apprendere. Da quando sono qui ho comprato il forno da porcellane e mi divido tra ricerca e oggetti particolari, mi piacerebbe poter fare solo questo. Adoro le lampade, giocare con la luce, e le forme iper pulite come le ciotole grandi o le piastrelle da muro. Sono minimalista, amo molto la ceramica giapponese, l’alta temperatura, i gres e le porcellane. Il vasellame non mi interessa".

Dopo i fratelli Scuotto (La Scarabattola), Riccardo Dalisi, gli artisti di mezzo centro storico, le collaborazioni con un laboratorio a San Giorgio e molti architetti, Antimo ha un sogno nel cassetto "realizzare qualcosa per Kapoor, il mio preferito. A me piacciono le cose giganti. Se potessi, il mio forno arriverebbe a 60 metri d’altezza". E un progetto "gigante" era in programma anche per la galleria "Nea" (in via Costantinopoli), "ma non ho avuto tempo, un po’ per colpa mia un po’ per lo spazio che non lo consentiva. Cos ho preso questa porcellana spaccata apposta, messa su una pietra di ardesia a simboleggiare la difficolt  della lavorazione, accompagnata da una ciotola perfetta, lavorata al tornio, con dentro tutti dei frammenti. E l’opera si chiama, infatti, “Frammenti”".

Lontanto dai riflettori "faccio piccole sculture che tengo per me e, preso dal tran tran quotidiano, tralascio un po’ le pubbliche relazioni, le mostre, potrei fare di più" ha gi  realizzato, con Ulderico (altro storico artista di via Nilo 34), un sogno un cortile di soli artigiani di qualit . Dove si organizza anche l’evento "Artestesa".

In 20 anni di carriera i ricordi più vivi sono quelli delle persone che l’osservano al tornio. "C’era un bambino che restò a fisarmi per ore, dicendomi che ero un mago e che dovevo svelargli il trucco". Ma i migliori complimenti arrivano con un corso per tossicodipendenti alla Sanit  "feci provare il tornio a uno dei ragazzi che mi disse “Chisto è meglio ‘e ‘na pera!”.

In foto, Antimo De Santis al lavoro e un’opera dell’artista

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