Sold out a Galleria Toledo per “Mi chiamo Omar” (dal 27 al 30 gennaio, con repliche dall’1 al 6 febbriao), tratto da un racconto di Omar Suleiman, per la regia di Luisa Guarro. Mentre si chiude il sipario su “Flatlandia”.
Volume. Volumi. Flatlandia della Societas Raffaello Sanzio andato in scena alla Galleria Toledo dal 21 al 23 gennaio, tratto dall’omonimo racconto fantastico di Edwin A. Abbot per la lettura drammatica e musicale di Chiara Guidi. Cosa resta del testo, cosa del piano, cosa della visione una, nessuna, centomila dimensioni possibili che danno spazio alla voce su un piano. Meglio una scrivania, non-luogo definitivo della estromissione dalla societ . L’ inferno solitario dei fantasmi che affollano la pagina bianca della memoria ripopola i ricordi “quando anche questo solido muro che mi preclude la libert , queste stesse tavolette su cui sto scrivendo, e tutte le concrete realt  della stessa Flatlandia, mi appaiono soltanto come il parto di una fantasia malata, o come l’edificio senza fondamenta di un sogno”,
Nella scrittura la mente trova le sue forme e i suoi confini si immagina e si disegna e, riscoprendosi, si ri-conosce. Flatlandia è il mito della liberazione dell’immaginazione dalla schiavitù delle sue stesse consuetudini abitative.
“Chiamo il nostro mondo Flatlandia, non perchè sia cos che lo chiamiamo noi, ma per renderne più chiara la natura a voi, o Lettori Beati, che avete la fortuna di abitare lo spazio.”
In questo mondo a due dimensioni fatto di piane figure geometriche non c’è spazio che non segua i contorni delle linee rette, che non si conosca attraverso angoli, suoni, rumori, singolari modalit  percettive possibili solo all’interno di un mondo in bianco e nero.
Sulla scena tutto è essenziale e allusivo, in maniera semplice ed immediata, ad una narrazione che, animata solo da una voce amplificata, rumori ed oggetti, dalle forme e luci diverse, si rivela l’unico viatico per una messa in scena di un immaginario senza forme.
La parola si offre come territorio assoluto alla rappresentazione che cerca negli effetti fonici della voce di animare l’assolutezza logica della pagina abbottiana. Dai microfoni ai corpi, il volume non restituisce i volumi. O l’assenza di essi. Una vocalit  che si dissolve, si rincorre, si dice, ed allo stesso tempo racconta, mostrando una possibilit  favolistica della narrazione ma sottraendo ad essa ogni catarsi. Nella cella popolata di figure geometriche piane e solide scompare l’attraversamento della soglia che, dalla parola, crea il mondo. E se la phonè, continua a mostrare le sue possibilit  d’evocazione macchinica, fusa con rumori e musiche, allo stesso tempo essa chiede una scrittura di scena più articolata che possa contenerla.
“Abbi pazienza, che il mondo è vasto e largo.”
In Flatlandia alla bidimensionalit  volumetrica corrisponde una assoluta possibilit  bicromatica che si esprime nella contrastiva realt  del bianco e nero.
La carta e l’inchiostro. Cos nasce questo universo logico e cristallino, il linguaggio offre la genesi di un “come se, una legislazione ipotetica che in primo luogo inventa i propri sudditi i luoghi , gli eventi(…)”. Come un “pipistrello pendulo dai propri piedi, universo che si impedisce di precipitare nel nulla reggendosi alle proprie mani allacciate, assoluta contraddizione che è tuttavia l’unica sede abitabile”, cos Manganelli scrive ne Il luogo è un linguaggio, a proposito del volume di Abbot indicando la sospensione ad una ipotesi assoluta e surreale che diviene la cifra di una gentile e argomentativa follia che anima il viaggio della conoscenza attraverso le (im-)possibilit  della visione.
L’opera si presenta come un dittico che si muove attraverso diversi e molteplici piani di realt  il condannato, un quadrato figlio del mondo a due dimensioni, nella prima parte descrive ed analizza da perfetto cicerone della geometria euclidea il mondo ordinato e armonico delle due dimensioni in cui ognuno è attento custode della sua precisa conformazione, in cui ciò che è irregolare rappresenta sempre un deragliamento causa di confusione, caos, sovvertimento di una norma pura, da preservare. Eppure, in questo quadro preciso e sicuro il germe dell’irrazionale esplode nella realt  del sogno, primo viatico dell’uscita della figura piana dal mondo da essa conosciuto. E come Gulliver a Lilliput, il Nostro si ritrova catapultato a Linealandia, regno in cui nulla esula da un unico e assoluto punto prospettico la retta. Dal piano alla linea passa lo stesso sconvolgimento di senso che offre lo specchio carrolliano di Alice.
L’universo conosciuto non sar  più lo stesso. Il risveglio è deflagrante. Da Colombo a Copernico il mondo ig-noto diventa s-confinato.
“Al problema dello stare dentro un unico universo, si contrappone l’eroico problema del passaggio da uno ad altro universo. (…)” Tale passaggio “può avvenire solo con un atto di violenza. Questa violenza, irruzione di un universo all’interno di un altro universo, questo trapasso incoerente e mortale è la visione. (…). Non v’è più posto per la “storia”. I mondi si giustappongono, o piuttosto si sovrappongono, estranei e inconciliabili, e vengono sperimentati grazie al salto dell’estasi.”
Cos il quadrato, risvegliatosi dal sogno, potr  conoscere il mondo senza dimensioni, il Punto, il punto pensante che chiama se stesso esso, in cui si configura l’assoluto, l’identificazione di tale It con l’universo, per cui nulla differisce da se stesso, non esiste l’altro che non sia nuovamente e originariamente esso, al di fuori del quale nulla esiste.
“Esso riempie ogni spazio (…) e quello che Esso riempie, Esso è. Quello che Esso pensa, Esso lo dice; e quello che Esso dice, Esso lo ode; ed Esso è Pensatore, Parlatore, Ascoltatore, Pensiero, Parola, Audizione; è l’uno e tuttavia il Tutto nel Tutto. Ah, la felicit , ah la felicit  di Essere!”(Flatlandia)
Sulla scena, nello spazio senza spazio, lo scarto metafisico della provocazione dell’immaginazione si produce come giochi fonici, rumoristico musicali di una Phonè che vuole dare voce al cortocircuito irrappresentabile del testo stesso.
Ma la possibilit  della visione straborda pronta ad afferrare la meta, provvisoria, di questo viaggio, la conoscenza di una verit  ulteriore.
“O nuovi nuovi e arditi mondi, Patria di tali genti!”
Finita un’era, un’altra è pronta per essere fondata. Conosciuta la stolida felicit  che fu un tempo di del beato asino di beniana memoria, l’eroe del mondo a due dimensioni ha ben altro destino da affrontare. La scoperta dello spazio.
“Straniero Vedete voi che non sapete cosa sia, lo Spazio! Credete che consista di due dimensioni io invece sono venuto ad annunciarvene una terza- altezza , larghezza e lunghezza.” la deflagrazione è totale. La Sfera, precipitata in un mondo a due dimensioni dispiega i confini di un mondo ignoto anche al linguaggio stesso quello di un qualcosa-che-voi-ancora non -sapete-come-si-chiama-che-noi-chiamiamo-Cubo.
La porta di un mondo che conduce in un altrove linguistico che isegna i confini di un nuovo pensiero
“Questa è follia o l’Inferno!” “Nessuno dei due rispose calma la voce della Sfera. “Questo è il sapere sono tra le dimensioni riapri l’occhio e guarda e cerca di guardare per un pò” Guardai e, oh meraviglia!! un mondo nuovo!”.
L’estasi della visione.
Luce abbagliante del senso che riconosce la verit .
Ma non se ne appaga. Svelato l’inganno della realt  conosciuta, dalla conoscenza e dal terrore provocati dalla visione, il Quadrato “è in grado di accogliere infiniti altri linguaggi. Diventa, da discente, maestro della stessa sfera, la induce ad ammettere una possibile quarta dimensione le rammenta le oscure, misteriose visioni, forse indizio di circostanti altrove, in cui vigono diverse, più ampie leggi conoscitive.”
Ma tale approdo non rappresenta per la Sfera che una trasgressione ad un mondo dato esattamente come Flatlandia non accetter  il Vangelo della Terza dimensione che egli cercher  di diffondere una volta ritornato in patria raccontando il suo viaggio. Estromesso da ogni visione, chiuso in una cella, il nostro profeta non trover  altro spazio che quello del ri-cominciamento del suo viaggio, nel punto da cui esso era partito inchiostro nero su un foglio bianco.

Nella foto, un momento dello spettacolo

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