Anche la Fondazione Agnelli registra il divario che esiste tra gli studenti del nord e quelli del sud. Una conferma, non certo una novità. Oltre a OCSE-Pisa (di livello internazionale), non certamente i test Invalsi, che pure questo dicono, un’altra voce autorevole mette in risalto le differenze educative per aree geografiche.
Ancora una volta il “territorio” è quel luogo che determina le maggiori o minori chances per i cittadini di questo paese. Innanzitutto, “l’Italia è tra i paesi con i maggiori divari territoriali di apprendimento in Europa”.
La distanza tra le due principali macroaree (nord e sud), in matematica, è di 24 punti. In pratica ogni studente del sud è come se si ritrovasse 2 anni in meno di apprendimento, a parità di confronto, con il suo omologo del nord. Gli studenti della scuola secondaria di II° grado di Campania, Calabria e Sicilia non hanno competenze adeguate, sebbene non dipenda da capacità di acquisizione.
Ma come si stratificano i divari, ovvero quali fattori collaterali amplificano le differenze tra le due Italie? Il contesto territoriale regionale, in termini culturali e socio-economici, i divari di apprendimento dovuti agli indirizzi di studio e finanche la differenza di risultati tra le scuole di una stessa Regione. Ovviamente è facile immaginare che le differenze territoriali sono determinate principalmente dal tasso di occupazione, dal lavoro precario, dal reddito familiare, dal grado di istruzione familiare, da chi legge e frequenta di più i luoghi della cultura (libri, quotidiani, biblioteche, etc.).
E quando gli studenti varcano la soglia di casa e vanno a scuola, quali sono i problemi che creano le differenze? La composizione delle classi, gli indirizzi di studio, la qualità dell’offerta formativa, le caratteristiche della scuola, dalle dirigenze, dai docenti, dall’offerta delle attività extracurriculari.
Insomma, il divario di apprendimento tra aree geografiche è il risultato anche della combinazione produttiva/costruttiva “dentro le scuole”. Lo studio della Fondazione Agnelli suggerisce alcune ipotesi per recuperare questo gap.
Due misure di base potrebbero cominciare a invertire la tendenza, nel medio lungo periodo: affiancare gli studenti nella fase di orientamento per il proseguimento degli studi e verso la scelta dell’istituto superiore, aggiornare le competenze di base nel primo biennio della scuola secondaria di I° grado, uguali per tutti e nel rispetto delle predisposizioni e diritti di ognuno.
Il cammino è lungo, bisogna incominciare dalla scuola, dalle nuove generazioni per invertire la tendenza. Sicuramente la strada non è l’autonomia differenziata, ovvero 20 scuole regionali. In quest’ultima ipotesi il Mezzogiorno sprofonderebbe nei suoi ritardi, rinunciando a sentirsi uguale e paritario al resto di questo paese.
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