Roberto Di Stefano( 20/11/1926 14/6/2005), in “Monumenti e valori”, scritto più di dieci anni fa, nella collana “Restauro” da lui fondata e diretta (Edizioni Scientifiche Italiane), mostrava che la scarsezza di risorse finanziarie obbliga i governi a sollecitare investimenti di capitale privato e, ci, a promuovere la privatizzazione. Questo comporta la creazione, nei diversi settori, di condizioni favorevoli ad operazioni capaci di produrre accrescimento del capitale privato investito, attraverso l’impiego di tecnologie avanzate e di personale qualificato.
Nel settore di beni culturali, quindi, conservazione e fruizione dipendono dal potere economico, laddove quest’ultimo esercita iniziatine e attivit  di valorizzazione. Di conseguenza, il potere politico ha l’obbligo del controllo del potere economico al fine di assicurare a tutti gli individui il godimento del patrimonio di civilt  che va individuato e conservato.
Evidentemente, il problema è di carattere politico e impone precise scelte politiche alla domanda dei beni culturali sempre più crescente corrisponda un’offerta di beni culturali appropriata che sia ben indicata dalle istituzioni pubbliche della tutela attraverso precise scelte politiche che consentono di rinnovare i metodi di gestione del patrimonio senza tradirne i principi. Esiste, quindi, secondo Di Stefano la possibilit  di affermarsi di una vera cultura della conservazione che definisce nuove politiche capaci di integrare esigenze culturali, sociali, economiche.
Oggi, i beni culturali vanno tutelati perch sono un valore assoluto e non perch tirano il turismo.
Anche Salvatore Settis, direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, sottolinea il danno arrecato ai beni culturali dall’ ultimo governo con il taglio dei fondi. Spera, perciò, nel governo dei prossimi cinque anni la sinistra deve restituire centralit  al patrimonio dei beni culturali in Italia. Come? Accorpando soprintendenza e ministero all’Universit  e alla ricerca.
Una riflessione sull’attuale situazione dei beni culturali ricompone il quadro di una realt  sbilanciata per l’impossibilit  di lettura tramite leggi lineare meramente logiche di stampo tradizionale e la complessit  delle evoluzioni che intersecano e costruiscono realt  diverse.
Indispensabile appare il ruolo dei governi regionali nella valorizzazione del patrimonio artistico e culturale e ci va di riflettere sul passato, presente e futuro del Pan e del Madre, a Napoli.
La questione della gestione di cultura e di arte in citt  che presentano una realt  complessa, come Napoli, diventa soprattutto di questi tempi una questione urgente. Una citt , Napoli, che sente molto forte una profonda tradizione e che cerca sempre di più nuovi canali di espressione e di innovazione, deve imparare a riscoprire se stessa a partire dai propri dislivelli e dalle proprie contraddizioni, che sono sempre più un fattore di arricchimento e non di appiattimento della cultura.
Forte è il disagio degli artisti napoletani per un “atteggiamento provinciale”, che non avendo un’autentica consapevolezza delle proprie potenziali risorse creative e artistiche tende a lasciarsi passare dal confine qualsiasi cosa abbia una paternit  dal nome esotico. Senza capire che denunciano non è la strategia che riporter  Napoli nel circuito internazionale di produzione artistica d’autore, perch soltanto attraverso una autentica conoscenza del proprio patrimonio artistico, da quello classico al postmoderno, è possibile compiere il salto di qualit  verso il futuro.

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