L’arte concorre a definire l’identità di un popolo, preserva memoria collettiva, produce tradizione, crea cittadinanza attraverso le sue forme comunicative. E come tale è qualcosa che deve inevitabilmente interagire, deve essere riconosciuta. Se in Italia risiede il 70% dei beni culturali dell’intero pianeta, ci si rende conto dell’importanza delle istituzioni culturali e quanta idea di cittadinanza esse producano: archeologia, architettura, pittura, scultura, musica, letteratura.
Musei, accademie, scuole, sono i maggiori interpreti e i migliori custodi per caratterizzare la cittadinanza.    
Parte così il libro intitolato “Costruire valori di cittadinanza. Arte e patrimonio come elementi di partecipazione”, di Marco Dallari e Luigi Filadoro, Edizioni Centro Studi Erickson, pagg. 184, Euro 19,95.


Secondo gli autori, sul punto, la diffusione di messaggi universali attraverso le forme d’arte si declina l’impegno per una cittadinanza critica e consapevole.
Sin dall’antichità con l’utilizzo delle mani, mezzo principale e creatore d’arte, si cominciò a soddisfare bisogni non strettamente legati alla propria sopravvivenza. Attraverso le mani si entra, infatti, in relazione con gli altri, con il mondo, e si sviluppa una intelligenza artistica. Si creano scenari, manifestazioni comunicative, prendono forma cose che in natura non esistono. Questo corollario ha scompaginato un equilibrio sociale, ha creato memoria, informazioni. Insomma, ha forgiato la vita interiore. L’arte è stata creata dal nulla principalmente attraverso l’uso delle mani.
Nell’era di internet si posiziona forte l’art activism, qualcosa che unisce arte e attivismo politico. La street art, ad esempio, è una maniera per rigenerare lo spazio pubblico ed allo stesso tempo contiene una carica sociale che vuole esprimere una contestazione sociale, un input che vuole preludere ad un cambiamento. I giovani risultano il centro di gravità di programmi pubblici per favorire la cittadinanza attiva, precise politiche europee indirizzano scelte di coinvolgimento della gioventù al fine di accrescere la consapevolezza nel campo dei diritti umani.
Anche la letteratura, e segnatamente la poesia, risulta essere un agente per accrescere socialmente il territorio, la “parola ordinata” disegna un mondo possibile, ispira ad uno scenario interiore, racconta l’estetica, immagina ciò che non è immediatamente visibile. Oggi si assiste a quello che viene definito “turismo letterario”, ovvero all’uso della letteratura come strumento divulgatore del territorio.
Che la letteratura desse valore ai luoghi lo aveva intuito già Leonardo Sciascia, raccontare un luogo, una porzione di paesaggio, un determinato ambiente, è sintomo di “certificazione di esistenza in vita”. E può essere anche questa una lettura di storia.
Il cittadino del XXI° secolo vive come consumatore e produttore di immagini visive, sa riconoscere e interpretare tutto ciò che appare sullo schermo. Ogni e qualsiasi luogo, pubblico e/o privato, è diventato un display che proietta immagini, vita, grande o piccolo che sia.
L’arte e la tv, ad esempio, dialogano attraverso una reciproca collaborazione. Almeno fino all’avvento della tv commerciale, dove la pubblicità detta tempi, modi e ragioni dell’intrattenimento. Ma prima la tv proponeva, come prima finalità, l’impegno educativo, didattico, era frequentato da artisti, intellettuali, scrittori. Poi tutto è degenerato, si è passati dalla produzione di saperi ad una pesantezza di massa. Non si ritrovano più opere liriche, mostre, rappresentazioni teatrali. Insomma, l’arte e la tv si dividono consensualmente.
Anche i romanzi, il cinema e gli sceneggiati televisivi, hanno contribuito a descrivere e caratterizzare luoghi e persone. Il problema di oggi, a detta degli autori, è la mancanza di chi racconta processi virtuosi in grado di strutturare la cittadinanza.
Raccontare l’oggi è complicato, non si riconoscono autorità politiche in grado di misurarsi con i fenomeni sociali, al netto di pandemia e guerra russo-ucraina, il mondo sembra essersi fermato, lo scenario mediatico quotidiano non fa altro che raccontare la cronaca mattutina degli accadimenti, non è in grado di guardare oltre l’arco temporale della stessa giornata.
Nel riprendere le fila della storia il libro intravede una via d’uscita, ovvero il ritorno al confronto tra progressisti e conservatori. Si sostiene, chiaramente, che la tradizione liberale “resta l’unica a garantire il rispetto minimo dei diritti fondamentali”, nonostante le crisi periodiche che la caratterizzano.
Un libro interessante questo diretto da Marco Dallari e Luigi Filadoro, che stimola conoscenze e riflessioni, scandagliando tutti i processi creatori di cittadinanza. Una lettura che lascia sicuramente arricchiti nel sapere.
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Nella foto in alto, bambini al Museo Filangieri durante il progetto Bambini e Musei guidato da Filadoro che ha coinvolge alunne e alunni nella partecipazione a un progetto di rilettura artistica delle strutture museali

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